8 aprile, 2009 | di

La domanda è: possiamo disegnare quanta coscienza abbiamo di ciò che conosciamo (o che crediamo di conoscere)?

Dopo qualche minuto di pausa per capire quale sia esattamente la domanda… vediamo, allora, di iniziare il nostro viaggio partendo da alcune definizioni etimologiche che spesso molti (anche il sottoscritto) danno per scontate.

Conoscenza: ho trovato in questo articolo una bella panoramica sul significato etimologico di conoscenza. In pratica: “comincio ad accorgermi”: “la conoscenza, infatti, non esiste a priori, può essere solo colta nel suo farsi.” In effetti due sono stati gli elementi che hanno catturato la mia attenzione: il “comincio a…” (e non “mi accorgo”) e l’immagine del post sopra indicato: Etimologia di “conoscenza”: una ragazza che segue con le mani una serie di “ghirigori” che legano parole e concetti, ma, forse, anche emozioni, stati d’animo, pulsioni….

Coscienza: a questo termine viene dato, comunemente, un significato etimologico decisamente perentorio: Consapevolezza di ciò che avviene. Non è, tuttavia, estraneo in questo termine l’idea di un percorso, di un cammino, almeno secondo l’insegnamento di Tommaso d’Aquino espresso nella sua reditio (De Ver., 1,9; Sup. Lib. De Causis Exp., 15). Aver coscienza di qualche cosa, pertanto, significa, in primo luogo, aver compiuto un percorso, un viaggio ed essere giunti ad una meta (che inevitabilmente costituirà un nuovo punto di partenza).

Quindi: cominciare ad apprendere ed aver consapevolezza del percorso che si sta intraprendendo. Un binomio che va di pari passo attraverso strade impensabili ed imprevedibili, fatte di casi fortuiti, labirinti, assonanze e dissonanze…

Avere coscienza della propria conoscenza vuol dire fermarsi un attimo, fare il punto della situazione (come su una mappa), decidere quale strada percorrere, mettersi di nuovo in cammino.

La parte più difficile è: fermarsi un attimo, il resto viene da sé.

Nel mio di fermarmi un attimo, mi sono imbattuto nelle, così dette, mappe mentali, mappe concettuali.

Ora, la dottrina più severa tiene ben distinte queste due rappresentazioni grafiche del pensiero. Su Wikipedia, (ma non solo), leggiamo: “Le mappe mentali (mind maps) non vanno confuse con altri tipi di mappe come le mappe concettuali e le solution map, dalle quali si differenziano sia per la strutturazione, sia per il modello realizzativo, sia per gli ambiti di utilizzo“.

Possiamo dire, solo per offrire delle definizioni di massima e per completezza espositiva, senza volerci dilungare troppo, che:

  • le mappe mentali sono rappresentazioni grafiche del pensiero, strumenti di conoscenza;
  • le mappe concettuali sono strumenti grafici per rappresentare la conoscenza.

Tuttavia, vi dirò che le differenze fra le due tipologie sopra evidenziate non interessano, anche perché non raramente le une possono trasformarsi nelle altre (e viceversa), gli strumenti dell’una possono essere gli stessi dell’altra.

Non di rado mi è capitato, prima della stesura di un atto, di rappresentare graficamente il percorso concettuale che intendevo seguire.
Quando, poi, iniziavo a scrivere mi accorgevo che i concetti espressi secondo la mappa concettuale prima schematizzata, assumevano nuova forma, anzi, si evolvevano nella stesura secondo schemi sconosciuti e, paradossalmente, non pensati dal sottoscritto.
Non potendo rinunciare, quindi, alle idee che fluiscono come un fiume in piena, rinunziando ad una stesura ordinata, l’atto diventava una sorta di brain storming creato a partire dalla mappa concettuale.
Preparato in tale maniera il campo di battaglia, solo dopo diverse riletture e schematizzazioni, sono pronto a riordinare in forma compiuta sia il pensiero grafico, che lo stream of conscious.
In pratica, non di rado mi è capitato di partire da mappe concettuali per approdare a mappe mentali, mappe concettuali che favoriscono il fluire dei pensieri.
Fra i due elementi non esiste un prius e un post, ma una intima relazione: il flusso di pensieri rappresentato in una mappa mentale può confluire in una organizzazione degli stessi secondo una mappa concettuale. Ma vero, come detto, è anche il caso opposto. Ecco che, per fare un esempio, mi sono fermato un attimo ed ho deciso di visualizzare la mia coscienza delle mie esperienze conoscitive e partecipative sul web.
Questo è ciò che ne è venuto fuori:

gerlando-sul-web

In sé conosco i vari strumenti ed i vari “luoghi” nei quali opero e mi muovo nel web, ma mi sono chiesto quanta coscienza avessi degli stessi prima della realizzazione di questa mappa. Poca, pochissima.
E me ne sono accorto specialmente visualizzando le interconnessioni e le relazioni fra gli elementi che possono essere molteplici e di varia natura.

Una prima notazione che può essere fatta osservando la mappa è relativa all’utilizzo che fa il nostro Gerlando degli strumenti e dei servizi presenti nel web.
L’utilizzo lo si ricava dai concetti utilizzati per collegare i suddetti strumenti web based .
Questo fatto ci suggerisce l’idea che l’utilizzo di un determinato servizio web non è “univoco” ma è dato dal concetto collegato.

Dire “Gerlando usa Flikr”, oppure “Gerlando ha un account su Flickr” non qualificherebbe il “modo” dell’utilizzo dello strumento.
Nella mappa assume una particolare importanza, prima della relazione, il concetto relazionante.

Ad esempio:

Gerlando condivide attraverso Flickr”: Non è stato utilizzato il termine “pubblica” là dove si sarebbe suggerito l’idea che Gerlando utilizza Flickr come un photoblog, ovvero che la finalità dell’utilizzo di quel particolare servizio web è il relazionarsi con il mondo esterno.
Non è stato usato il termine “aggrega” là dove si sarebbe suggerito l’idea che l’utilizzo di Flickr fatto da parte di Gerlando sia quello di utilizzarlo come contenitore di elementi fotografici provenienti da diverse fonti e riuniti sotto Flick per comodità, ad esempio. E così via.
La mappa vuole suggerire una certa idea di utilizzo dello strumento Flickr, utilizzato, o valorizzato, in una sua particolare valenza (nel caso specifico per condividere le proprie foto con amici o familiari).
L’utilizzo combinato delle relazioni (frecce) e dei concetti (condivide, pubblica, legge, etc…), amplia a dismisura il “modo” dell’utilizzo dello strumento.

Sempre per seguire il medesimo esempio: è vero che Gerlando utilizza Flickr per “condividere” le sue foto con gli amici, ma è altrettanto vero che utilizza Flickr per “pubblicare” articoli sul blog il Grande CoComero.
Possiamo dire, utilizzando gli strumenti linguistici applicati alla mappa, che Flickr è il significante, le relazioni ed i concetti rappresentano il significato.
Il legame tra il “Flickr” e un determinato valore è arbitrario, ovvero non ha una motivazione intrinseca, ma dipende da una scelta.

Sempre di più nel web assistiamo alla progettazione di strumenti il cui valore è dato dai “modi” del loro utilizzo e non da un valore oggettivo.
Ad esempio con gli rss posso seguire gli aggiornamenti di un blog, ma posso utilizzarli, attraverso Pipes, per creare/gestire/monitorare le proprie liste di titoli finanziari visualizzando le ultime quotazioni di borsa (un divertente articolo che illustra ben 35 modi in cui possono essere utilizzati gli RSS , sebbene è del 2006, è questo: 35 Ways You Can Use RSS Today).
L’esempio dell’utilizzo combinato di vari strumenti presenti in rete, considerando anche il fatto che ormai tutti i nuovi programmi installabili nei propri pc sono, per così dire web addicted, costituisce un interessante paradigma a partire dal quale si possono realizzare delle mappe concettuali, utilizzabili anche per illustrare le funzionalità degli strumenti web based (questo è un divertente articolo il cui risultato potrebbe essere ad esempio:

faccio una foto dal cellulare, la invio via email a Flickr – Flickr la pubblica su un blogTwitter recupera il post e lo pubblica sul mio account – il tutto viene recuperato ed aggregato da Storytlr – il feed di Storytlr viene recuperato da Pipes che lo invia a Facebook – quest’ultimo servizio mi rifiuto di utilizzarlo).

Per la realizzazione della mappa sopra rappresenta sono partito da un foglio di carta dove ho elencato i luoghi di internet da me frequentati o gli strumenti utilizzati, li ho messi in relazione fra di loro con una serie di collegamenti che si sovrapponevano fra di loro in modo confuso.
Poi attraverso Cmap Tools ho iniziato ad enucleare e a decidere i concetti che legano i luoghi, per giungere ad una loro rappresentazione grafica.

Per altro, attraverso Cmap Tools si possono compiere indagini interessanti, quali ad esempio le analisi dei concetti utilizzati nella mappa (collegamenti in entrata ed in uscita), le frasi e/o le proposizioni che collegano i concetti, esportare i dati come testo.

cmap_relazioni

In sé il fascino delle mappe concettuali è grandissimo, là dove assumono un valore particolarmente penetrante non solo gli “oggetti” messi relazione, ovvero le “relazioni” stesse, ma ancora di più il “modo” e il “metodo” del relazionare.
Quello delle mappe concettuali è il mondo della filosofia inteso come metodo conoscitivo.

Le mappe mentali, è evidente, rappresentano, nella loro “folle” e colorata realizzazione, il mondo della scoperta. L’insondabile processo dell’intuizione e dell’intelligenza, là dove vengono composti gli opposti scoprendo che il cammino umano nella conoscenza è davvero tortuoso.

Pertanto ordine e caos, rispettivamente coscienza e conoscenza (un parallelismo forse stravagante e provocatorio, ma devo dire piuttosto stimolante), mappe concettuali e mappe mentali entrambe tese e volte a misurare e a rappresentare il disordine.

Ed è per questo che al sottoscritto non piace parlare di mappe mentali differenziandole dalle mappe concettuali. Quando si inizia non si sa cosa ne verrà fuori (“È pericoloso, Frodo, uscire dalla porta. Ti metti in strada, e se non dirigi bene i piedi, non si sa dove puoi finire spazzato via“).

Più interessante, mi sembra, l’idea di pensare visivamente: il Think visual di Dave Gray.

Concludo rilanciando, invece, l’idea di scoprire i luoghi e le modalità con cui le mappe mentali e mappe concettuali si mescolano e si confondono fra di loro, esplorando quelle zone di confine: là dove, per dirla con Italo Calvino, non è più possibile distinguere il rombo del tuono dall’ululato del lupo (Italo Calvino: Le città Invisibili).

Una serie di link non inseriti nel post (purtroppo), aggiungete i vostri:

Un paio di libri:

  • Mappe Mentali: Tony e Barry Buzan (lo potete acquistare qui se volete);
  • L’Intelligenza Verbale: Tony Buzan (qui se volete acquistarlo).
13 gennaio, 2009 | di

Tempo fa avevo buttato GeoCommons nel mucchio delle belle cose da approfondire, e come spesso mi accade presto l’avevo dimenticato. Ma ecco che Andrea e Gerlando in due loro precedenti articoli [1,2] si son messi a giocarci, e mi hanno dato l’impulso per sporcarmici le mani pure io.

GeoCommons è un formidabile mashup messo su da FortiusOne, che si pone due obiettivi principali. Il primo è quello di mettere a disposizione degli utenti – con conoscenza anche nulla o quasi di GIS e cartografia – uno strumento di costruzione di mappe semplice ed efficace. Il secondo è quello di realizzare un grande repository di dati geografici generati dagli utenti stessi e liberamente utilizzabili con licenza Creative Commons.

GC_eventi_sismici

Ma cosa permette davvero di fare GC? Certamente non si tratta di un ambiente GIS propriamente detto, con il quale sia possibile creare mappe complesse e articolate, con la possibilità di usare layer raster e uno styiling avanzato di quelli vettoriali. Lo scopo di GeoCommons è infatti quello di “realizzare analisi visuali mediante mappe; consentendo a utenti privi di conoscenze tecniche di visualizzare dataset multipli, raggiungere conclusioni, prendere decisioni e risolvere problemi senza far ricorso ai GIS”.

GC_point_styleCon Maker! – il map builder di GC – è possibile, previa registrazione, creare mappe partendo sia da dati presenti sul repository GC – messi a disposizione da altri utenti – che propri, importabili nel proprio account come shapefile, come foglio di calcolo CSV oppure KML. Buona norma sarà taggare i dati con termini che ne descrivano contenuto e zona geografica, in maniera tale da renderli facilmente rintracciabili da altri utenti. I dati caricati dovranno essere rigorosamente in WGS84, poichè GC non supporta la riproiezione al volo. Finder! è invece semplicemente il motore di ricerca del data repository di GC.

Come detto, GeoCommons non è un GIS ma fa bene il suo lavoro. La semplicità di utilizzo e dello styling dei dati vettoriali ne fanno strumento efficace per rappresentare essenzialmente dati di tipo quantitativo (statistici, grandezze fisiche, eventi), ma non certo di tipo qualitativo (litologia, uso del suolo, vegetazione). Lo styling dei dati è infatti basato su simboli o colori graduati, con in più la sola possibilità di scegliere cerchi o quadrati per i punti, 5 stili per le linee e 5 palette di colori per i poligoni. Oltre naturalmente a poter impostare la trasparenza per tutti i layer.

I dati di base – con i quali poter dare senso ai nostri – derivano tutti da Google e si può scegliere tra strade, satellite, ibridi, terrain oppure un bello sfondo monocolore.

Insomma, costruire mappe con GeoCommons è davvero semplice, e sebbene lo styling dei dati possa apparire limitato a un primo approccio, in realtà viene messo a disposizione lo stretto indispensabile per ottenere mappe di chiara ed efficace lettura.

Inutile dire quanto GC sia perfetto per avvicinare un gran numero di persone alle mappe e alla rappresentazione spaziale dei dati tipicamente descrittivi. E allora perchè non lanciare da qui un bel GeoCommons contest per chiamare alle arti cartografiche i frequentatori di TANTO?

L’esempio l’abbiamo dato Andrea e io stesso, lui con l’articolo “La Geografia Giudiziaria: la realizzazione di una mappa… per iniziare” del novembre scorso, mentre io mi sono cimentato in una semplice mappa nella quale viene mostrata l’attività sismica a livello nazionale, così come gli eventi registrati a livello mondiale dalla rete sismica italiana. I dati li ho recuperati dall’INGV, per i dettagli date un’occhiata al post nella quale l’ho pubblicata in precedenza, sul mio tumblelog loscioccoinBlu. Il webgis dell’INGV è ben fatto, ma riporta solo gli eventi degli ultimi 90 giorni. Io ho intenzione di tenere aggiornata la mia mappa su GC mensilmente, in modo tale da costruire un repository dei terremoti nel tempo, con tanto di dati pronti per essere scaricati e utilizzati in qualunque maniera e contesto da chiunque.

E allora sotto con le vostre mappe! Pubblicatele come commento a questo post, e tirate fuori il Piri Reis che è in voi al grido di “Yes We Map”!

Qui di seguito un elenco – ovviamente non esaustivo – di alcuni link dai quali è possibile scaricare dati per costruire le vostre opere. Invito chiunque a segnalarne di nuovi.

[1] Fare sorridere una tabella, o di quanto siano belli i grafici
[2] La Geografia Giudiziaria: la realizzazione di una mappa… per iniziare

22 dicembre, 2008 | di

L’articolo sulla Geografia Giudiziaria è stato – per me – molto di più di uno “sfogo” da blogger. E’ scritto a quattro mani, ma il il grosso del lavoro è di Gerlando Gibilaro. E’ stato per me molto stimolante ascoltarlo raccontare, di quanto per la sua professione sarebbe utile spazializzare alcuni dati. Questa esperienza mi ha confermato l’importanza dei sistemi informativi geografici per il supporto alle decisioni e mi ha suggerito un nuovo possibile obiettivo di mercato; questo ultimo punto dovrebbe essere di interesse per tutta la comunità.

Gerlando mi ha fatto soprattutto giocare con le “sue” tabelle, e mi ha portato verso i servizi di geocommons che ho sfruttato per creare le due mappe descritte (e illustrate) nella prima parte del nostro post (e di cui forse parlerò un’altra volta). Una buona mappa vale più di mille parole, ma a me il mio pezzo non sembrava ”completo”. Un po’ perché mi sono fermato ad elaborazioni semplici, un po’ perché accanto ad una tabella ci dovrebbe essere un grafico.

I  giorni seguenti sono passati con questo piccolo senso di “vuoto”,  finché non ho ricevuto un invito ad una tempesta di cervelli a tre, da parte di miei vecchi studenti di “Tecnologie per il lavoro collaborativo”. Si cercava un’idea per una tesi di Laurea sul web 2.0 e – correvo correvo correvo … (sintetizzo, sto un po’ divagando) – abbiamo finito per parlare di Flare una libreria ActionScript per creare grafici (e non solo) da visualizzare con il player Flash. Librerie come queste consentono di esprimere visualmente relazioni tra variabili, e ne descrivono gli andamenti, con una chiarezza e – alle volte – una bellezza disarmante. Anche i grafici possono valere più di mille parole, e possono fare “sorridere” una triste ed alle volte oscura tabella.

Una che ho avuto sotto gli occhi durante la redazione del post sulla geografia giudiziaria, è quella che mostra la spesa pubblica pro capite in Europa nel settore giustizia nell’anno 2002. A dispetto di ogni (mia) previsione, l’Italia spende molto e di più di diversi paesi di cui leggiamo una migliore efficacia. Se volessi dirlo con un grafico, potrei farlo anche con la nuvola di parole di sotto, in cui è “illustrato” come ad esempio Spagna, Francia e Regno Unito abbiano speso meno del nostro paese (la dimensione del font è proporzionale alla spesa).

Il grafico di sopra è impostato sugli stessi criteri con cui si producono le tag cloud. Ma non voglio parlarvi di questo, trovate centinaia di risorse in merito. Voglio parlarvi dello strumento/servizio con cui è stato generato e delle sue caratteristiche; divagherò ancora un po’. Il grafico di sopra è attivo, non è una semplice immagine inserita nel testo. Se cliccherete sul tasto al centro, “click to interact”, si attiverà una barra dei menu con cui potrete cambiarne la formattazione. Ai lettori più attenti ricorderà Wordle; è difatti proprio questa la libreria che c’è alle spalle (e siamo alla seconda). Uso Wordle molto spesso per analizzare i testi su cui lavoro. Wordle fa sorridere i testi, perché riesce (spesso) a tirare fuori a sorpresa dei significati non evidenti subito.  Qui ad esempio l’analisi del testo di questo post. Che vi dice? ;-)

C’è pero “qualche” differenza con Wordle, che si riassume in ”Many Eyes, for shared visualization and discover”. Many Eyes è il servizio gratuito di IBM che mi ha consentito di generare questi grafici, ma è molto di più. Dicevo delle differenze con Wordle, ed eccone alcune che mi aiutano a raccontarvi di Many Eyes:

  • posso inserire un grafico interattivo nel mio sito web (vedremo fra poco altri esempi)
  • posso risalire alla sorgente dei dati del grafico, cliccando con il tasto “view data” in basso a destra sul grafico, e da questa pagina
    • posso aggiungere un commento ai dati
    • posso visualizzarli come testo semplice ed importarli comodamente nella mia banca dati
    • posso tenere sotto controllo la pagina, ed essere avvisato quando ci saranno modifiche/aggiornamenti (devo però registrarmi sul sito)
    • posso visualizzare diversamente lo stesso set di dati (o usando una visualizzazione già esistente, o creandone una nuova)
    • posso aggiungere questo set di dati ad un “topic hub”, ovvero un gruppo di interesse ad un dato argomento
  • posso commentare il grafico, ed aprire una (speriamo fruttuosa) discussione, cliccando sul tasto “comment” accanto al precedente, e da questa pagina
    • posso aggiungere un commento al grafico
    • posso tenere sotto controllo la pagina, ed essere avvisato quando ci saranno modifiche/aggiornamenti (devo però registrarmi sul sito)
    • posso aggiungere anche il grafico ad un “topic hub”, ovvero un gruppo di interesse ad un dato argomento
    • posso condividere con altri il grafico, inviando un’email o generando il codice html utile per inserire il grafico in una pagina web (o come immagine, o come grafico dinamico)

E’ una riscoperta, l’avevo tra i miei preferiti su delicious dal Gennaio del 2007. L’avevo perso per strada, e l’ho ritrovato grazie al brainstorming di cui sopra; uno dei motori per la creazione dei grafici di Many Eyes è infatti proprio Flare. Many Eyes si prensenta in questo modo:

Many Eyes is a bet on the power of human visual intelligence to find patterns. Our goal is to “democratize” visualization and to enable a new social kind of data analysis.

Due frasi che mi piacciono molto nella loro ambizione e forse ingenuità. Ma che descrivono molto bene cosa questo servizio mi abbia “solleticato” (sarò anche io un ingenuo) da utente finale. E’ uno di quei servizi che ti fa “buttare” ore che dovevano originariamente essere dedicate al lavoro; specie se si inizia a “giocare” con i propri dati. Con la solita tabella di sopra ho giocato a creare una mappa, ed ho prodotta quella di sotto. Per farlo è stato necessario aggiungere al set di dati originale, una colonna in cui inserire i codici ISO dei paesi europei. Fatto questo è stato possibile scegliere come output grafico una mappa. Anche stavolta ho ottenuto facilmente qualcosa di più. Se cliccherete infatti sul tasto “click to interact” del grafico di sotto, otterrete due mappe che descrivono l’andamento di due variabili: di nuova la spesa dei vari paesi europei, ed il legal aid per paese. Ancora una volta abbiamo “acceso” una tabella, e nuovamente siamo davanti ad un oggetto interattivo:

  • se passo con il mouse sopra una delle nazioni della mappa, verrà visualizzato il valore della variabile in esame per quella nazione
  • se clicco su una nazione nella mappa di sinistra, verranno evidenziati i poligono omologhi delle due mappe
  • potrò cambiare la variabile da mappare utilizzando i menu a tendina presenti nelle mappe (in questo caso il divertimento è poco, perché non sono presenti molte variabili)
  • potrò muovere la mappa facendo click su questa e trascinandola
  • e potrò zoommarci – avanti e indietro – usando la rotellina del mouse

I tipi di grafici/visualizzazioni a disposizione sono tanti, ed ognuno ha delle caratteristiche diverse. Per ognuno esiste una pagina che ne illustra le caratteristiche: quando usarlo, come usarlo e con che tipo di dati. Qui ad esempio quella per gli scatterplot.

Visualization Options Available in Many Eyes

Visualization Options Available in Many Eyes

Molto leggibile e didattico ad esempio il grafico a matrice che illustra le spese dei candidati alle ultime elezioni statunitensi (dentro la colonna di questo blog non rende, meglio guardarlo qui).

Mi fermo qui perché, come vi dicevo, diventa quasi una droga.

Chiudo con alcune segnalazioni interessanti per chi si appassiona di queste cose:

  • swivel, un youtube per i dati ed i grafici
  • le api di google per la generazione di grafici
    • da vedere ad esempio questa motion chart che mostra la variazione di alcune variabili nel tempo
  • il Visualization Lab del New York Times che sfrutta proprio Many Eyes per dare la possibilità ai propri lettori di creare e visualizzare grafici e (forse) capire un po’ meglio come vada il mondo

Molti occhi, molte visioni, molte soluzioni.

28 novembre, 2008 | di

Ormai il termine crowdsourcing è di moda. Ma a noi di TANTO le mode ci fanno un baffo, e ci piace parlare delle cose interessanti. Dei concetti interessanti. Il crowdsourcing lo è.

E iBegin Places è una iniziativa di crowdsourcing estremamente interessante. Dando un’occhiata alle mappe prodotte dagli utenti in maniera collettiva, molti storceranno il naso: poligoni digitalizzati alla meglio, che si sovrappongono, topologia imprecisa… ma chi è sta gente? Chi gli ha dato la patente?

Ma qui bisogna mettere da parte ogni velleità di precisione cartografica, che è di secondaria importanza. Con iBegin Places la gente può segnalare e classificare gli spazi delle proprie città: giardini pubblici, strutture sportive, luoghi di aggregazione, zone industriali abbandonate, quartieri… qualunque area rappresentabile con un poligono (ma anche punti e polilinee), che abbia un qualche senso per un gruppo di persone.

Da queste accozzaglie di poligoni colorati – apparentemente fini a se stesse – possono nascere idee per il riuso degli spazi cittadini o coadiuvare iniziative di urbanistica partecipata. Se ne fa un gran parlare qui in Italia, ma è davvero difficile coinvolgere attivamente i cittadini nei processi di analisi e descrizione del territorio. Con iBegin Places si potrebbero mettere su laboratori collettivi in pochissimo tempo, con ridotte conoscenze tecniche e tecnologiche richieste ai partecipanti.

iBeginPlaces

Vengono usate le API di Google Maps, tutte le creazioni rimangono assolutamente libere di essere riutilizzate da chiunque. E’ possibile esportarle come JSON, JS, RSS o KML e farne ciò che si vuole.

Lunga vita al crowdsourcing, quando è libero e bello.

6 novembre, 2008 | di

Qui sotto trovate l’intervento integrale che Andrew Turner ha fatto al FOWA 2008, del quale avevo parlato nel mio precedente post.
Il tizio non ha una parlata proprio facile da seguire, impastandosi un pò troppo, ma comunque vale qualche sforzo di comprensione.
Buona visione.




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