Ieri sono stato al GISDay di Palermo, e noi di TANTO siamo stati tra gli organizzatori. Per l’occasione Franco Farinelli ci ha concesso una bella intervista, che pubblichiamo qui in esclusiva (mi sento Bruno Vespa). Mi piace raccontarvi del “viaggio” che ci ha portato sino a qui.
Poco più di un mese fa ho scritto un post sul mio primo “incontro” con il prof. Farinelli. E’ stato un contributo che mi ha riservato diverse soddisfazioni, la più importante delle quali è stata riscontrare l’effetto di disturbo positivo che ha provocato tra i lettori. Se ne ha un’evidenza tra i commenti al post, ma lo ho avuta anche a voce ed in chat.
Nelle settimane successive sono stato coinvolto nell’organizzazione di questo GISDay, e nella prima riunione si cercava con difficoltà di definire il taglio da dare alla giornata; la cosa era complicata dal fatto che non ci si conosceva bene tra tutti i partecipanti. Poi qualcuno dice: “bello il post su Farinelli”. Ci siamo guardati negli occhi ed abbiamo capito di avere fatto il primo piccolo grande passo. Poco dopo: “Andrea, ma perché non invitiamo Franco Farinelli??” (“argh” ho pensato io). Ma l’effetto domino non è finito.
Racconto infatti di questa proposta via email agli altri autori di TANTO, ed uno di loro (preferisco mantenere la privacy) mi racconta che l’avrebbe incontrato in presenza da lì a pochi giorni, per provare a coinvolgerlo in maniera più diretta su questo blog. Partiva quasi un’operazione di accerchiamento.
Rompo allora gli indugi e mi metto in contatto con Franco Farinelli. Mi dice subito di non poter essere con noi in presenza, ma di essere disponibile per un’intervista a distanza.
L’intervista è stata fatta. Avremmo voluta farla in diretta ieri, ma abbiamo preferito registrala il 17 per evitare qualsiasi inaspettato problema tecnico (“il bello della diretta”).
Ringrazio molto il prof. Farinelli per la sua disponibilità, ma sopratutto ed ancora una volta, per avere stimolato delle sane reazioni chimiche tra i presenti in sala. Spero che vi faccia lo stesso effetto, e mi piacerebbe che lasciaste qui traccia delle vostre sensazioni.
Buona visione
I contenuti potrebbero non essere più adeguati ai tempi!
By Emanuele on nov 19, 2009
> una bella intervista, che pubblichiamo qui in esclusiva (mi sento Bruno Vespa)
No. Sei un ordine di grandezza migliore.
By Andrea Borruso on nov 19, 2009
Solo uno??
Grazie Emanuele
By Pietro Blu Giandonato on nov 20, 2009
Gli stimoli, le visioni che mi ha provocato quest’intervista, ma in generale le parole e i pensieri del prof. Farinelli sono davvero impetuosi.
Proverò a gettarne sul tavolo qualcuno, un contributo piccolo piccolo allo “scompiglio” che ci piace TANTO.
Quello che mi ha colpito molto è come vi siano delle significative similitudini tra l’attuale visione tecnocentrica dei Sistemi di Informazione geografica (la “g” minuscola non è casuale), nei quali proprio la “geografia” ha assunto un ruolo paradossalmente marginale – come giustamente sottolinea Andrea – e la schizofrenica competizione tra il geografo, l’esploratore e il cartografo dell’800 cui il prof. Farinelli faceva cenno. Competizione che proprio il primo finisce per perdere a scapito degli altri due, generando la crisi della geografia in occidente.
Altra questione molto molto suggestiva messa in evidenza dal prof. Farinelli è quella relativa al fatto che i più famosi geografi, non erano tali per formazione. Un archeologo (Paul Vidal de la Blache) getta le basi della geografia umana, un biologo (Friederich Ratzel) quelle dell’antropogeografia. Insomma, molte (se non tutte) le strade portano alla geografia. Ecco, anch’io pur mal sopportando le etichette, penso si possa usare – elevandolo di rango – il termine “neogeografia” come significativo di questo concetto: la geografia come punto d’arrivo e di rappresentazione di ogni sapere e percezione in maniera spaziale, al di là dei CRS e degli shapefile.
E infine il destino dello spazio, e quello del luogo. Questi due significati – afferma il prof. Farinelli – pare si siano persi, diluiti nella globalizzazione: lo spazio perde i suoi confini, il luogo diventa un non-luogo. Condivido pienamente la riflessione che il prof. fa proprio riguardo il modo con il quale è necessario ridare significato a questi due termini: riscoprire che il mondo è una sfera, un globo, e “se il mondo è una sfera, quello che abbiamo alle spalle, fatalmente ci tornerà davanti”. E che lo stesso mondo non è banalmente riducibile a meccanicistici scenari, a semplice successione di eventi – catastrofici o meno – che hanno un inizio e una fine. Proprio il proliferare di scenari, paradossalmente parcellizza e oblitera la conoscenza del mondo, moltiplicando in maniera esponenziale la quantità di informazioni derivate (immagini) disponibili, tendendo a una sorta di caos entropico dal quale diventerebbe difficile districarsi.
Continuiamo a lavorare per arrivare a una Geografia “nei” Sistemi Informativi. Con la “G” maiuscola.
Voglio ringraziare dal più profondo del cuore Andrea, generoso nelle idee e sincero negli intenti con i quali è riuscito a dar vita a un GISday autenticamente “provincia di nessuno”.
Ad maiora amico mio, ad maiora.
Blu
By Sergio Farruggia on nov 20, 2009
Così, a caldo, l’emozione oscilla tra la gratitudine verso l’intervistato e l’intervistatore, la gioia sia per aver appreso che tra pochi giorni potrò studiare su un nuovo lavoro di Farinelli, sia per avere sentito che questa iniziativa non sarà isolata (e so anche che altri dardi eran pronti in faretra)e, infine, l’irrequietezza data dalla ricerca di una giustificazione e una risposta a questa domanda: “Perché le cose che dice e scrive Farinelli mi piacciono tanto?”
By giohappy on nov 20, 2009
Ringrazio personalmente il Prof. Farinelli sia per l’intervista che per il suo lavoro di riflessione e di ricerca.
La facilità con cui Farinelli parla ti questi temi accennati nasconde la profondità, la complessità e le sottigliezze della riflessione filosofica e geografica, percui non mi lancio in commenti che ne tradirebbero il valore.
L’unico elemento che vorrei sottolineare è l’ultimo aspetto di cui ci ha parlato, quello della crisi tra realtà e scenari. Trovo importanti paralleli con temi di cui mi sto interessando da un po’ di tempo come il problema della formazione culturale universitaria attuale, della difficoltà di “leggere” il proprio territorio, coi suoi processi sociali e naturalistici, e i suoi dilemmi (sociali, umani, ecc.), ecc.
La mia riflessione è partita da una constatazione: spesso nei corsi di GIS si sottolinea che tra i costi di tali sistemi quello preponderante (c’è chi dice l’80-90 %) è dovuto ai dati. Al mio primo corso universitario sulle basi di dati intervenni facendo notare che, secondo me, i “costi” maggiori sono in realtà da attribuire alla formazione culturale (e umana) delle persone che producono ed utilizzano questi strumenti.
Inutile dire che questo intervento non ha destato alcuno interesse
Credo però che la questione sia davvero, soprattutto, di natura economica. E’ facile percepire come la cultura tecnica e tecnologica sia stata posta un gradino sopra alle altre, per il semplice fatto che ciò che produce ha un effetto immediato, monetizzabile, in termini di riduzione dei costi, vantaggi economici, ecc.
Nessuno mette in discussione, ad es., il valore delle immagini satellitari e delle relative tecniche d’analisi. Ma speso si cade nel tranello che il possedere un’immagine ad altissima risoluzione spaziale e temporale della terra equivalga a conoscerale. Vedere uno scaffale pieno di libri non garantisce che qualcuno li abbia letti e, soprattutto, compresi.
Saper leggere un territorio, comprenderlo profondamente nelle sue dinamiche, naturali, ecologiche, sociali, ecc., costa. Costa tempo, costa la fatica di fermarsi e andare in profondità nelle cose. Costa, spesso, anche una formazione meno spendibile professionalmente. Le tecnologie e le tecniche sono state spesso strumenti per ridurre questi costi, e se da una parte hanno permesso di “acquisire e visualizzare” aspetti del mondo prima inaccessibili, dall’altra sono stati talvolta sostituirsi alla sua lettura e comprensione.
Interessante una lettura di Baricco (in “I barbari”), in cui mette in evidenza come oggi “le cose che funzionano” sono quelle che ti spingano ad altre cose, come i pesci uccello sulla superficie del mare, evitando di farti soffermare troppo… Credo sia proprio così, almeno nell’occidente.
E’ chiaro quindi che in un mondo accelerato, in cui il parametro costi/ricavi è il principale indice di valore, è difficile soffermarsi sull’oggetto delle nostre rappresentazioni e analisi. Percui si arriva al rischio maggiore: usare la realtà soltanto per avvalorare i nostri modelli.
Una battuta per chiudere: condividere scenari è questione di standard, ma condividere la propria comprensione della realtà è questione di capacità analitica e di dialogo.
By Alessio on nov 21, 2009
Da “freddo tecnologo” (:D) vorrei ringraziare anche io Andrea e il prof. Farinelli. Ho apprezzato molto la centralità della “G” dell’acronimo GIS in questa intervista. Su molti degli aspetti messi in luce, concentrato (mio malgrado, alcune volte) sul solo aspetto tecnologico, non mi ero mai soffermato a riflettere. Grazie
By Claudia on nov 22, 2009
Bellissima intervista! Siamo orgogliosi che sia stato un intervento del nostro GISDay palermitano.
Innanzitutto rinnovo qui i miei complimenti già fatti ad Andrea e Antonio direttamente, per i contenuti delle domande: sono tutti argomenti che inducono alla riflessione e alla ricerca di consapevolezza anche per noi tecnici gis.
Farinelli poi, è un grande! Con lui la geografia ritorna ad avere un ruolo centrale e di riferimento. Per me l’ho già detto è stata una scoperta che concilia la freddezza della disciplina informatica dei GIS con la filosofia, proprio nel senso semantico del termine.
La globalizzazione, riappropriandoci di un termine che finora ha avuto più che altro un significato politico, e il ripensare la Terra non più a partire dalla sua rappresentazione piana trovo sia fondamentale e rivoluzionario.
Mi ha fatto sorridere mio figlio Edo. Al GISDay non ho potuto seguire l’intervista perchè mi stavo occupando di accogliere alcuni ospiti e lui mi ha inviato un sms “… si parla di luoghi e non luoghi e mi vien da pensare a piazza Lolli”, facendomi accorgere come Franco Farinelli, Marc Augé e un nuovo ripensare alla geografia sia entrato nel nostro quotidiano e già costituisca la struttura del nostro lessico familiare.
By andrea on nov 30, 2009
Amici del blog, anche grazie al vostro avviso, sono venuto a conoscenza degli European SDI best Practice Awards a Torino e ho deciso di andarci. Purtroppo non ho potuto assistere ad entrambe le giornate, ma solo alla prima di giovedi 26 novembre.
Non abituato ai convegni internazionali, il primo impatto con la sala è stato per l’uso dell’inglese. Ovviamente non era prevista la traduzione, visto che la maggior parte dei partners del progetto, provenienti da mezza Europa, lavora insieme da circa 2 anni comunicando cosi’. Nonostante i forti accenti nazionali che tutti hanno mostrato nella lingua, la comunicazione direi che funziona e questo, secondo me, è anche una piccola metafora della cooperazione riuscita tra i rappresentanti dei diversi paesi europei.
Il progetto eSDI-NET+ ha l’obiettivo di creare un network per la promozione del dialogo e lo scambio di best practice tra i paesi europei nel campo delle infrastrutture di dati territoriali (SDI).
Al lavoro dal maggio 2008, i partners hanno attivato 12 workshops, coinvolto 26 paesi, individuato circa 170 SDI, di cui 135 comparate e valutate.
Non c’ero il venerdi e quindi non so poi come è andata a finire. Ho potuto assistere alla presentazione di cinque casi: la SDI della Regione PACA in Francia (http://www.crige-paca.org/); quella del Lander tedesco Nord Reno Westfalia (http://www.tim-online.nrw.de/tim-online/nutzung/index.html); Regione Lombardia (http://www.cartografia.regione.lombardia.it/geoportale); Cross border GDI, confine Belgio, Netherland, Germania (http://www.x-border-gdi.org/en/index.html); Catalogna (http://www.geoportal-idec.net/geoportal/cat/inici.jsp). Non entro nella descrizione, nè esprimo giudizi sui singoli casi; credo almeno di fare cosa utile lasciando i link ai siti in modo che chi è interessato possa farsi un’idea.
Come è stato sottolineato, ogni situazione è diversa e il valore di questa iniziativa, secondo me, sta soprattutto nell’essere riusciti a trovare indicatori, criteri e un metro di valutazione per comparare situazioni obiettivamente incomparabili. Tuttavia, nella loro diversità, le SDI in mostra hanno in comune la necessità di rispondere ad alcuni bisogni di fondo: condividere (dati, servizi, problemi, soluzioni, ecc.); eliminare i confini tra paesi; creare delle comunità di persone che utilizzano la stessa infrastruttura; comunicare; rispondere con la geografia ai bisogni della società. In questo vedo un legame con quanto messo in evidenza anche all’interno della vostra bella intervista a Farinelli, in cui viene proprio ricordato il valore sociale della geografia. In questa piccola occasione mi è sembrato proprio di vedere l’Europa in costruzione, intesa come persone che abbattono le barriere nazionali e scoprono di avere in comune molto di piu’ di quello che si pensa. Cosi’ come nell’inglese maccheronico, queste genti europee trovano nelle reti, nelle informazioni geografiche, negli strumenti che noi tecnici di queste discipline conosciamo, una piattaforma comune. Nella quale la G di gis è scritta maiuscola.
Ciao e buon lavoro
By carmelo on set 20, 2010
ho conosciuto farinelli leggendo un suo bellissimo saddio su golem
poi ho seguito le sue trasmisioni su radio due e mi sono refistrato tutte le puntate
poi non ho piu’ smesso
By marcella on mar 1, 2011
grazie mille!! io sono una storica dell’arte arrivata a Farinelli da altre vie……strade non lineari e imprevedibile. l’arte e la letteratura fanno parte di quella geografia che non entra nella mappa….ciao grazie marcella
By Andrea Borruso on mar 1, 2011
Marcella,
grazie a te. E’ un vero piacere aver fatto questa intervista, ed è una soddisfazione vedere “in vita” un contributo così vecchio (per il web).
Ciao,
a