29 giugno, 2012 | di

“Science for a Changing World”, la scienza per un mondo che sta cambiando. E’ con un video di sette minuti e mezzo che il servizio geologico nazionale statunitense (USGS) ha deciso, con una sintesi narrativa eccellente, di raccontare le sue attività e i suoi onorevoli 133 anni di storia. Rimbalzato rapidamente tra i nostri tweet, ha incuriosito noi tutti di TANTO, fino a spingere Andrea Borruso a domandare sulla pagina di Facebook dell’USGS, se fossero disponibili i sottotitoli per poterlo tradurre in italiano, così come avevamo fatto per i quattro episodi di Geospatial Revolution. Poco meno di un giorno (il tempo del fuso orario) ed arriva la risposta col link ai sottotitoli. Con un tempismo da fuga in maglia rosa, Antonio Falciano inizia la traduzione con Amara, il servizio di traduzione sottotitoli online fornito da Universal subtitles, che poi concludo io con qualche ritocco e correzione di refusi qua e là. Et voilà, ecco che nel giro di due giorni il video è a disposizione anche per chi avesse meno dimestichezza con la lingua inglese.
Ma perché abbiamo desiderato tradurlo e pubblicarlo? Al di là dei contenuti del video e del fascino che le attività dell’USGS hanno da sempre esercitato su professionisti e ricercatori dell’ambito naturalistico, personalmente la sua visione mi ha suscitato suggestioni e riflessioni che penso possano essere sintetizzate in tre aspetti.

Anzitutto, mi stupisce l’attenzione che l’USGS, come anche altri istituti ed enti federali statunitensi, dedica alla comunicazione e alla divulgazione delle proprie attività. La volontà di rendere partecipi e consapevoli i cittadini di cosa succede tra i muri di istituti di ricerca pubblici come il servizio geologico, è sicuramente alimentata dall’interesse, da parte delle istituzioni federali, di mostrare l’efficacia ed il ritorno degli ingenti investimenti, sostenuti dalla fiscalità pubblica, che ogni anno vengono riversati in tali enti. Avvicinare i cittadini al mondo della ricerca, raccontare – ed uso specificatamente questo termine – il lavoro dei ricercatori, nelle forme di volta in volta più opportune ed efficaci, ritengo debba essere considerata una delle componenti fondamentali e prioritarie per ogni ente, perché oltre ad essere un esercizio di trasparenza, è un’attività che aiuta ad alimentare nelle persone la consapevolezza dell’importanza della ricerca, pura e applicata, e a sfatare l’immaginario di un mondo astratto, perso tra teorie, libri e formule, poco attinenti alla realtà quotidiana della gente. Questo video mi offre l’occasione di augurare anche ai nostri enti di coltivare sempre di più questa pratica e di curarla particolarmente anche come occasione per riacquisire un po’ del credito che, molte gestioni economiche e scelte politiche disastrose e poco lungimiranti degli ultimi anni, hanno contribuito a logorare. A questo proposito mi complimento con i vari enti dell’area fiorentina per la due giorni di “Scienzaestate”, recentemente realizzata presso il Polo Scientifico dell’Università di Firenze.

Un altro aspetto che mi ha particolarmente colpito è la modalità con cui l’USGS gestisce le sue pubblicazioni. Mi soffermo soltanto su un aspetto specifico, relativo a questo video. Alla nostra richiesta di poter avere le trascrizioni dei testi, hanno potuto rispondere immediatamente grazie al fatto che tutti i video presenti nella loro galleria multimediale, oltre ad essere scaricabili in vari formati, sono corredati anche dai testi trascritti disponibili nel formato standard W3C Timed Text (TT) Authoring Format V1.0, grazie al quale è stato possibile impiegare gli strumenti offerti da Amara per creare i sottotitoli tradotti. Sembrerà poco, ma è anche attraverso queste “raffinatezze” che si coglie una reale volontà di condividere e promuovere un prodotto, così come viene affermato anche dalla mission del gruppo Core Science dello stesso USGS.

Concludendo, vorrei sottolineare un aspetto che ritengo importante, e spesso sottovalutato, per l’efficacia della comunicazione istituzionale. Sottolineo nuovamente il verbo “Raccontare”. Comunicare l’attività di un ente significa riuscire a trasmettere, parallelamente ad un contenuto puramente informativo, sensazioni, suggestioni ed emozioni, che permettono di condividere non soltanto il lato tecnico e funzionale dell’attività ma anche- e forse, soprattutto – il “cuore” che anima e muove tanti operatori e ricercatori. Conoscere è sì un’attività analitica, ma alla base è alimentata dalla capacità di lasciarsi affascinare, di fermarsi ad ammirare, di alimentarsi di stupore, ma anche di affrontare il fallimento, di attendere il momento giusto, di superare fatiche e attese… E’ insomma un’esperienza profondamente umana, e come tale dovrebbe essere raccontata.

(Qui sotto il video sottotitolato in italiano, a questo link il video originale)

11 agosto, 2011 | di

Era il maggio 2009 quando TANTO cominciava a raccontare di Geospatial Revolution Project, definendolo come un “ambizioso progetto con il quale diffondere la consapevolezza della coscienza geografica in un mondo nel quale ormai (quasi) tutti sanno cosa siano Google Earth e Streetview”, di come queste tecnologie siano usate non solo negli smartphone e nei ricevitori GPS delle automobili, ma anche in molte branche della scienza, nell’allocazione ottimale delle risorse, nel governo del territorio, nella gestione delle crisi internazionali …e molto altro ancora, sempre di più davanti ai nostri occhi. E provando a fare un bilancio, GRP si è effettivamente dimostrato al di là di ogni nostra più rosea aspettativa.

Abbiamo preso a cuore questo progetto poiché rappresenta, a nostro modesto avviso, una sintesi non tecnica particolarmente efficace a livello divulgativo che descrive ottimamente quello che è il mondo delle tecnologie geospaziali che ci piace tanto …e non solo! Ci ha offerto infatti innumerevoli spunti di riflessione, ponendoci davanti diversi interrogativi. Dove saremmo ora se John Snow non avesse disegnato la sua mappa leggendaria, ponendo così le basi per l’analisi spaziale in senso moderno? A quale destino ancor più amaro sarebbe andato incontro Haiti dopo l’immane catastrofe del terremoto del 2010, se non fossero esistiti il progetto OpenStreetMap e i suoi contributori provenienti da ogni angolo del mondo? Gli abitanti di Kibera avrebbero oggi a disposizione fondamentali servizi laddove prima non c’erano, se non fosse stata messa in campo l’iniziativa meravigliosa di Map Kibera? E ce ne sarebbero tanti altri…

Un viaggio durato un paio d’anni, ma che certamente non si esaurisce qui. L’epilogo del quarto ed ultimo episodio (di cui finalmente abbiamo terminato la traduzione dei sottotitoli e che vi riproponiamo in questo post) condensa tutto il senso di quanto ci siamo detti finora e quanto ancora deve venire:

Questa tecnologia sta cambiando il modo in cui guardiamo il mondo. Stiamo acquisendo la comprensione basata sulla localizzazione di qualsiasi cosa sul pianeta rendendola ora quasi tangibile. [...] La geografia e la scienza stanno per fare la differenza. Aiuteranno i governi a prendere decisioni migliori, aiuteranno le persone a imparare cose in modi nuovi, aiuteranno i cittadini a comprendere il loro governo e mettersi in gioco, contribuiranno a salvare il mondo.

Non ci resta che attuarla questa rivoluzione giorno dopo giorno, cercando di disseminare in maniera capillare questa nuova forma di consapevolezza, a partire dai banchi di scuola per finire a quelli di chi ci governa, e immaginando nuovi possibili utilizzi di queste tecnologie al servizio dell’intera umanità. L’evoluzione dell’homo geographicus si trova ancora sul ramo ascendente della sua parabola, per cui abbiamo ancora tanta strada da percorrere…

…la rivoluzione geospaziale continua!

 

3 maggio, 2011 | di

A fine 2009, nel mio ormai “tradizionale” post augurale di fine anno, scrissi queste parole a proposito del progetto “Map Kibera“:

Senza la conoscenza di base della geografia di Kibera, sarebbe stato impossibile aprire una discussione su come migliorare il quotidiano dei residenti. I dati su un’entità e l’accesso a questi, ancora una volta consentono di creare un valore aggiunto, e di rendere visibile l’invisibile.

Nel rileggermi riconosco e ricordo l’emozione che mi portò a scrivere queste parole, ed oggi – con l’uscita del IV episodio di Geospatial Revolution Project - ho rinnovato con forza quelle belle sensazioni.

Il IV episodio di GRP – ultimo della serie – è diviso (come i precedenti) in capitoli.

Nel primo - “Monitoring a Changing Climate” – viene illustrata l’importanza di misurare i fenomeni che coinvolgono il nostro pianeta e la nostra vita. Eventi apparentemente lontani da molti di noi (cittadini metropolitani) come l’assottigliamento dei ghiacciai o la deforestazione. Tra gli strumenti di misura (hardware, software e di conoscenza), ci sono certamente quelli messi a disposizione dalla rivoluzione geospaziale.

Nel secondo - ”Preventing Hunger” - si  mostra l’importanza che le tecnologie per la gestione e l’analisi delle informazioni geografiche hanno nel pianificare gli interventi di aiuto alimentare. Di come qualcosa di impalpabile come un’analisi NDVI, possa trasformarsi in aiuto concreto da portare in luogo mai visitato, e conosciuto grazie (anche) a tradizionali tecniche di remote sensing.

Il quarto – “Tracking Desease” – ci fa conoscere il fantastico John Snow, che nel 1854 studiò un’epidemia di Colera avvenuta a Londra, utilizzando l’analisi spaziale. Posizionando su una mappa la diffusione dei casi della malattia, constatò che si concentravano attorno ad una pompa dell’acqua nel distretto di Soho; dei raggruppamenti di eventi correlati temporalmente e spazialmente (dei cluster). Queste evidenze lo portarono ad individuare la causa dell’epidemia.

Il capitolo conclusivo – “Mapping Power to the People” – è quello che mi fatto tornare alla fine del 2009, e che mi ha dato l’ispirazione per il titolo del post. Douglas Namale, un uomo di Kibera, al minuto 15 dice una cosa bellissima: “la prima volta che ho visto la mappa [n.d.r. quella realizzata per il progetto], ero orgoglioso. Non è stata fatta da altri, ma da me“. Il lavoro suo e di tutte le persone coinvolte nel progetto, ha fatto in modo che in questo luogo lontano (non solo geograficamente) potessero sorgere delle strutture sanitarie e delle stazioni di polizia. Questo è veramente rivoluzionario.

Buona visione

18 aprile, 2011 | di

Siamo quasi in dirittura d’arrivo con le nostre traduzioni di questo bel progetto. Il prossimo, in uscita in lingua originale il 3 Maggio, sarà infatti l’ultimo episodio.

Il terzo è stato “difficile” da tradurre. Chiunque si occupi di sistemi informativi geografici, sa che la guerra è uno dei “finanziatori” principali di questo mondo, ma leggere “Milosevic was smart” è stato quantomeno inquietante (è soltanto uno degli esempi); non per niente lo abbiamo ribattezzato “il lato oscuro della rivoluzione geospaziale“.

L’episodio, tuttavia, offre anche alcuni esempi di utilizzo delle tecnologie di geolocalizzazione applicate al mondo della sicurezza pubblica, in materia lotta al crimine e di gestione di tutte quelle persone alle quali sono applicate misure alternative alla detenzione, ovvero misure di prevenzione connesse alla pericolosità sociale del soggetto. Temi e soluzioni di particolare attualità sui quali vale la pena riflettere.

Ancora una volta buona visione.

23 marzo, 2011 | di

Tra le cose che mi piacciono,  la cartografia e le biciclette occupano un posto importante. Questo simpatico video del britannico Ordnance Survey le mette assieme per illustrare i vantaggi delle mappe della linea OS Select. Si tratta di prodotti a stampa di scala e taglio standard, centrati su un punto indicato da chi acquista. L’idea ed il video hanno già qualche anno.
A quando qualcosa del genere in Italia?

 

Immagine anteprima YouTube

 

 


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