26 ottobre, 2010 | di

Lentamente -ma inesorabilmente- il nostro modello culturale sta subendo un cambiamento radicale, per affrontare l’evoluzione dell’umanità nel XXI secolo.

I dialoghi, le discussioni, sull’Open Data e sul Government 2.0 (per es. qui) mi hanno persuaso a riprendere in mano una nota, scritta qualche anno fa.

Ero stato invitato a tenere una lezione sulla Geographic Information nell’ambito di un master di Logistica. L’obiettivo che mi era stato assegnato prevedeva, in sintesi, la consegna di una sorta di “borsa degli attrezzi della GI”, che potesse essere di ausilio ai futuri professionisti, come bagaglio di conoscenze da portare con sé e recuperare quando si fosse presentata un’esigenza.

Interagendo con gli organizzatori del corso, rilevammo insieme diverse analogie tra le due discipline. Imparai che le attuali teorie della materia non considerano più una catena di fornitura a compartimenti stagni, anzi la Logistica oggi è intesa per governare tutte le fasi di un processo produttivo, anche esterno all’azienda, secondo una visione sistemica. Insomma, si è affermato un approccio di management di una supply chain in cui la singola azienda è nodo di una rete di entità organizzative che interagiscono per fornire prodotti, servizi e informazioni che creano valore per il cliente. Sia la Logistica, sia l’Informazione Geografica sono materie complesse: entrambe stanno cercando di dare risposte ai nostri bisogni, nel contesto dei temi contemporanei: globalizzazione, sviluppo sostenibile, società della conoscenza, … .

Certamente l’Informazione Geografica assicura strumenti, metodi e conoscenze per parecchi campi di applicazione della Logistica: GPS, Location Based Services, Location Based Intelligence, RFID, GIS/Enterprise Resource Planning, Geomarketing, Geo-Data Mining, … e si potrebbe continuare. Forse –a saper vedere- anche concetti, argomenti e saperi della Logistica potrebbero fornire spunti e contributi nella creazione … della Digital Earth. In fin dei conti, non può anche un set di geo-dati essere identificato come “materia prima”, potenzialmente disponibile per categorie di utenti perché sia usato per creare prodotti e servizi, i quali libereranno nuovi set di geo-dati, pronti per essere utilizzati e quindi trasformati da altri utenti ancora, in un processo senza limiti?

Accompagnato da questi pensieri, oltre a preparare il materiale da mettere nella “borsa degli attrezzi”, cercai di scrivere qualcosa che parlasse dell’”Informazione Geografica” ai non addetti ai lavori, cercando d’incuriosirli, sperando così di stimolare la fantasia e incoraggiare la creatività del lettore.

Per scrivere la nota che leggerete, presi spunto da un’intuizione che ascoltai proprio in quel periodo: “Oggigiorno un progetto, una scelta strategica –in generale- un’azione si può considerare innovativa, cioè in grado di contribuire al progresso della collettività, se aderisce contemporaneamente ai seguenti tre paradigmi: sostenibilità, sussidiarietà e solidarietà”. Non è un teorema che debba essere dimostrato, mi è solo sembrata un’affermazione condivisibile e con questa idea in testa, ho tentato di fare emergere cosa possa significare per una qualsiasi iniziativa nel campo dell’Informazione Geografica l’adesione a ognuno di quei tre valori.

Non è ciò che si va dicendo e scrivendo, riferendolo al fenomeno dell’Open Data? Forse ricordarci di una stella di mare, di nome Agrippa, che per colpa dell’acqua che non sta mai ferma, deve sempre capovolgersi per mangiare, potrà aiutare in qualche modo.

Non è difficile avvicinare l’Informazione Geografica al paradigma della sostenibilità. Pragmaticamente, possiamo rendere l’idea immaginando un ciclo, in analogia con quello dell’acqua.

Tutti sappiamo che l’acqua del mare evaporando sale sino a formare le nubi; quindi, queste -trasportate dai venti- raggiungono la terraferma. Le nuvole sono poi la causa delle piogge, della neve, ecc.

L’acqua che cade al suolo si raccoglie nei fiumi e -pochi o molti chilometri dopo- ritorna al mare, così che la stessa acqua è pronta per ricominciare il ciclo.

Possiamo identificare ogni molecola o goccia d’acqua come un dato geografico. Un certo numero di questi, grazie a una sorta di energia -come l’energia del Sole per l’acqua del mare- e raggruppati insieme, diventano un set d’informazioni geografiche (le geo-nuvole). Queste informazioni possono essere trasformate dalle persone in conoscenza geografica, grazie alla loro capacità di usarle per i loro scopi: proprio come l’acqua che cade dalle nuvole può diventare una sorgente di vita per le creature viventi, avendone esse la capacità di usarla. Comunque, sia la geo-conoscenza (come l’acqua usata dalle creature viventi), sia le geo-informazioni (quelle catturate direttamente dai fiumi) devono ritornare al “geo-mare”, cioè possono essere riutilizzate.

Il ciclo dell’acqua è un esempio di ciclo sostenibile: varia da un posto all’altro e dovrebbe essere facile creare analogie, per esempio, tra i deserti e le foreste tropicali e situazioni dove le informazioni geografiche sono più o meno disponibili.

Sappiamo anche che il comportamento dell’uomo sta modificando la qualità di questo liquido fondamentale per la nostra vita. In altri termini, abbiamo bisogno di quantitativi sempre maggiori di acqua per le nostre attività ma, nello stesso tempo, noi stessi la stiamo inquinando, rendendola inservibile. E’ lo stesso quando produciamo geo-dati senza alcuna connessione tra loro: potremmo definirli “geo-dati usa e getta”. Mentre un servizio di approvvigionamento è l’equivalente dell’energia solare per l’acqua di mare, è l’energia che rende i geo-dati utilizzabili quante volte è necessario.

Stiamo infine anche capendo quanto sia difficile usare l’acqua consapevolmente e risparmiarla piuttosto che spendere un sacco di quattrini per purificare quella ormai inquinata. Allo stesso modo dobbiamo imparare a organizzare le informazioni geografiche ricordandoci i costi per generarle e permettendone l’utilizzo ogniqualvolta serve, a ogni utilizzatore: il nostro impegno deve essere quello di creare cicli di informazioni geografiche sostenibili!

Come può essere messa in relazione un’organizzazione per l’Informazione Geografica con il principio di sussidiarietà? Il miglior modo da questo punto di vista è quello di pensare a un’organizzazione come a un sistema olonico.

Il termine olonico fu introdotto per la prima volta da Koestler (Koestler, A., 1971), per descrivere un’organizzazione di unità base nei sistemi sociali e biologici. Poiché parlare di caratteristiche oloniche sarebbe un po’ noioso, mi aiuto con uno degli esempi di sistema olonico più citato: la stella di mare[1].

Come sappiamo tutti, questo grazioso animale, vive sulla sabbia o sulle rocce, vicino alla costa. La sua bocca è posta direttamente in corrispondenza del suo stomaco: ciò permette alla stella di mare di mangiare piccoli molluschi e crostacei. Le cinque braccia e il suo corpo, spesso dai colori brillanti, sono conosciuti da chiunque fin dall’infanzia. Mentre i principi che guidano i suoi movimenti sono meno noti.

Per sopravvivere una stella di mare deve sempre mantenere il suo corpo a pancia in giù ed è costretta a ribaltarsi ogni volta che le onde la capovolgono. Quando ciò avviene, una delle cinque braccia inizia a muoversi per prima, su e giù indipendentemente dalle altre, assumendo il ruolo di leader. Questo braccio stimola e guida i movimenti delle altre quattro e permette alla stella marina di tornare nella posizione giusta.

Quale delle cinque braccia debba muoversi per prima e assumere la leadership del movimento non è determinato a priori. Sembra che la guida del movimento sia presa dal braccio nella miglior posizione per fare da perno e consentire all’animale di capovolgersi.

Questo processo non solo accade quando la stella di mare deve ribaltarsi ma anche quando inizia a camminare. Per quest’azione i numerosi peduncoli ambulacrali presenti in ogni braccio si muovono inizialmente in modo casuale, per poi gradualmente integrarsi nel movimento del braccio nel suo insieme.

Questo meccanismo cooperativo dipende dai centri di attività delle cellule nervose che sono alla congiunzione dei cinque bracci collegati insieme da fibre nervose chiamate “anelli neurali” e che si scambiano informazioni reciprocamente.

Analizzando il moto della stella marina si è osservato che:

  • tutte le cellule nervose hanno la stessa natura, funzione e identico status;
  • tutte le cellule nervose agiscono in maniera autonoma;
  • esistono dei sistemi d’interazione più forti tra gruppi di cellule contigue, che si trovano sull’anello.

In altre parole, ogni cellula compie azioni individuali e autonome e, attraverso sottosistemi di relazione più intensa con altre cellule contigue, contribuisce, in modo armonico, ai movimenti dell’intero animale. Pertanto, l’insieme delle azioni autonome consente di mantenere stabile il modello di comportamento. Per le stelle di mare nessun comportamento premeditato avviene senza un’attività autonoma: la scelta delle opzioni di comportamento possibili, e dell’attivazione delle sequenze di azioni elementari, dipende unicamente dall’interazione tra le informazioni e il loro scambio.

Quando pensiamo a un’organizzazione per la gestione dell’informazione geografica di un determinato territorio (locale, regionale, …), possiamo immaginarla come una rete complessa, o meglio: nidi di reti, legate tra loro, a formare una infrastruttura a rete di un livello superiore. Infatti, sappiamo che i produttori/utenti di dati geografici possono essere pubbliche amministrazioni e utilities, imprese private e ONLUS, istituti di ricerca e anche i singoli individui: qualsiasi organizzazione costituita da singoli, squadre, uffici, reparti e così via. Seguendo la metafora della stella marina -creatura capace di vivere anche senza il cervello- allo stesso modo se un sistema organizzativo dedicato all’Informazione Geografica vuole rispettare il principio di sussidiarietà deve avere le caratteristiche di una rete olonica.

Non sembri strano mettere in relazione l’informazione geografica al principio di solidarietà. La solidarietà è la capacità di un sistema di aiutare i suoi elementi meno dotati perché siano messi in grado di contribuire allo sviluppo del sistema stesso, per mezzo di meccanismi che valorizzino le loro peculiarità.

Tutti ricordiamo l’apologo di Menenio Agrippa (il console romano, vissuto tra il VI – V secolo a.C.), il lampo di genio con cui è stato in grado di ripristinare un dialogo tra le componenti della società romana in conflitto.

Nella sua favola morale, le braccia –entrate in sciopero perché stanche di lavorare per lo stomaco, visto come un fannullone e parassita- dovettero rapidamente rendersi conto che erano le prime vittime della loro protesta, che lasciava non solo lo stomaco, ma tutto il corpo, senza cibo.

Possiamo paragonare l’informazione geografica al corpo umano. Questo è un sistema complesso e consente di estendere la metafora. Per esempio, possiamo assegnare al settore pubblico dell’informazione geografica le funzioni del sistema digestivo. Così come esso riceve il cibo e si preoccupa di scomporlo nelle sostanze necessarie alla vita di tutto il corpo, il settore pubblico raccoglie i dati geografici riguardanti il territorio ed è responsabile della loro trasformazione in informazioni utili a tutti gli utilizzatori (naturalmente, esso compreso). Il ruolo delle imprese private del settore potrebbe essere identificato con il sistema respiratorio: come quest’ultimo provvede a fornire l’ossigeno per portare nutrimento vitale a tutto il corpo, le imprese della Geographic Information distribuiscono tecnologie abilitanti, per tutti gli utenti, in vari modi.

Chi osserva il mondo esterno e orienta il comportamento del corpo? L’apparato dei sensi è il sistema deputato a queste funzioni e possiamo attribuire questo ruolo al settore della ricerca. Infine, come per il corpo umano il cervello rappresenta la “sala di commando”, ed è anche la sede del pensiero, possiamo identificare con esso la componente più complessa dell’Informazione Geografica: l’infrastruttura[2], nella quale si vanno ad accumulare conoscenze ed esperienze.

Seguendo le conclusioni della favola di Agrippa, è il buon comportamento complessivo che garantisce la sopravvivenza di ogni sua parte. Ogni elemento è a disposizione di ogni altro e non si può rifiutare di collaborare per la salute del corpo.

Partecipando all’infrastruttura dell’informazione geografica dobbiamo accettare l’impegno di far parte di un sistema, e questo ci vincola a un comportamento altruistico. La lezione che dobbiamo imparare dall’apologo di Agrippa è che esso diventa falso, appunto quando si sente la necessità di doverlo raccontare.

L’innovazione è tutta qui

Insomma, ho provato a guardare l’Informazione Geografica in tre forme: come un ciclo, una rete olonica e un’infrastruttura. Per ottenere un miglioramento dinamico di ogni processo di sviluppo del settore, si potrebbe immaginare che tutte queste tre caratteristiche debbano coesistere. In altri termini, quando si voglia intraprendere un’attività seguendo il nuovo modello culturale dobbiamo fare aderire la nostra iniziativa a questi tre paradigmi: sostenibilità, sussidiarietà e solidarietà. Contemporaneamente.

Singole organizzazioni e individui, tutti siamo chiamati a condividere queste idee, per diventare pienamente organizzazioni e cittadini del XXI secolo. L’Informazione Geografica, grazie alle dimensioni dello “spazio” (tecnologico, disciplinare e orientato alle applicazioni, organizzativo) in cui operiamo, rappresenta un’arena ideale in cui scendere in campo e valutare le nostre attitudini e capacità di accettare la sfida della nostra epoca.


[1] La similitudine della stella di mare l’ho presa da: Merli G., Saccani C., “L’Azienda Olonico-Virtuale”, Il Sole 24Ore –Libri, Milano 1994.

[2] Per Infrastruttura di Informazione Geografica s’intende l’insieme delle politiche, accordi, tecnologie, dati e persone che rendono possibile condividere e utilizzare i geo-dati in maniera efficiente.

12 luglio, 2010 | di

E’ appena trascorso un mese dall’entrata in esercizio del primo portale Open Data italiano, dati.piemonte.it, il quale è stato accolto favorevolmente dagli entusiasti sostenitori italiani del movimento Open Data ed addirittura classificato come portale governativo di prima categoria dal gruppo PSI (Public Sector Information) della Commissione Europea, in quanto garantisce l’accesso diretto ai dati, analogamente a data.gov.

Pur trattandosi di una versione beta, rappresenta indubbiamente una pietra miliare che dimostra la fattibilità dell’Open Data anche in Italia, nonostante le difficoltà di cui si accennava in questo recente post.

Ma vediamo in dettaglio di cosa si tratta. La pagina di accesso al portale si presenta con una grafica semplice ed accattivante su cui campeggia in primo piano il principio di fondo dell’iniziativa, una vera e propria dichiarazione di intenti in perfetto stile Government 2.0 ed in completo accordo con il senso della Direttiva 2003/98/CE del Parlamento europeo:

I dati pubblici sono di tutti
I dati in possesso della Pubblica Amministrazione sono un patrimonio informativo prezioso per la società e l’economia. La Regione Piemonte intende metterli a disposizione di cittadini e imprese per stimolare un nuovo rapporto fra pubblico e privato e favorire lo sviluppo di iniziative imprenditoriali.

A valle di questa esaltante premessa, seguono immediatamente pochi ma efficaci menù che rimandano ai contenuti del portale, dopodiché si va direttamente al sodo, accedendo direttamente ad un piccolo assaggio dei dati grezzi finora messi a disposizione, ad un estratto delle discussioni più recenti nel blog ed, infine, ad una sezione dedicata al riuso dei dati pubblici, dotata di una presentazione multimediale esplicativa sull’argomento.

Curiosando all’interno della sezione Dati, è possibile osservare che:

  • al momento sono presenti solo alcuni set di dati, tuttavia assicurano che a questi se ne aggiungeranno progressivamente degli altri, anche su richiesta degli utenti;
  • i dati grezzi sono descritti da metadati (informazioni sui dati);
  • sono resi disponibili in formato CSV e, di conseguenza, sono consultabili mediante un qualsiasi editor di testo;
  • sono aggregati a scala provinciale e, talvolta, comunale;
  • è facile verificare come siano indicizzati nei principali motori di ricerca e quindi siano di facile reperibilità anche all’esterno del portale;
  • infine, sono corredati di un contratto di licenza in cui si afferma chiaramente che la Regione Piemonte ne detiene la titolarità e ne “autorizza la libera e gratuita consultazione, estrazione, riproduzione e modifica [...] da parte di chiunque vi abbia interesse per qualunque fine, ovvero secondo i termini della licenza Creative Commons – CC0 1.0 Universal” (dominio pubblico).

Benissimo! Siamo certamente ancora distanti dalla mole impressionante di contenuti presenti in data.gov e data.gov.uk, tuttavia sono largamente rispettate in sostanza le indicazioni del Manifesto stilato da The Guardian, contenente a mio avviso un insieme minimo di principi pienamente condivisibile.

Il rilascio dei dati grezzi prodotti dalla PA – in formato aperto e con licenze che ne consentono il riuso – può produrre effetti benefici tanto nella trasparenza dei processi decisionali delle amministrazioni, quanto nella qualità dei servizi e nell’economia immateriale che vi ruoterebbe attorno. In particolare, i raw data costituiscono una risorsa dall’enorme potenziale nascosto, che è possibile far venire allo scoperto sfruttando le relazioni esistenti tra i dati in maniera originale e creativa in fase di produzione di nuovi servizi, magari ottenendo applicazioni assolutamente impensabili da parte degli stessi produttori di dati.

TANTO si occupa ormai da diverso tempo di sensibilizzare i suoi lettori verso l’utilizzo creativo ed appassionato dei vari strumenti del web 2.0 disponibili in rete, sottolineando come essi possano rappresentare un importante mezzo di sviluppo e di crescita sia per chi si occupa di geomatica, che per l’intera collettività. A tal fine, mi piace riportare alcuni stralci di un commento di Pietro Blu Giandonato relativo a questo interessante post:

esiste ormai sul web una messe di strumenti, applicazioni, servizi, fonti di dati formidabile, che sta crescendo vertiginosamente, e della quale non resta altro che coglierne le opportunità a piene mani. [...] In un paio d’ore, tra progettazione e realizzazione, è possibile tirare su un mashup potente, semplice e veloce per mettere in strada dati reperiti altrove da più fonti, o addirittura originali! [...] E’ necessario cambiare il paradigma della geomatica in Italia, passando dal GIS come unico strumento per la rappresentazione e gestione dei dati, arrivando a una sorta di “cloudmapping” realizzato con le decine di strumenti web 2.0 che esistono in giro. Una strada peraltro che richiede essenzialmente fantasia, creatività e intuito, che permette di costruire grandi cose con piccole azioni. Il problema è ovviamente immaginarle…

Così, mi sono chiesto: è possibile visualizzare i raw data piemontesi all’interno di una piccola applicazione di web mapping facendo in modo che i risultati delle interrogazioni siano dei bei grafici, piuttosto che noiosi numeri? Certamente! Ho scelto quindi i dati relativi alle dotazioni ICT presso i cittadini e ne ho effettuato il download accettandone le condizioni di utilizzo. Trattandosi di dati in forma tabellare, li ho semplicemente importati all’interno di un foglio di calcolo di Google Docs e poi pubblicati in modo tale che “chiunque abbia accesso a Internet possa trovarli e visualizzarli“, ottenendo la struttura seguente:

I dati prescelti possono essere analizzati secondo differenti chiavi di lettura (query). Ad esempio, è possibile risalire alle dotazioni ICT per provincia e per anno, così come alla singola dotazione per provincia negli anni 2005-2009. Mi sono posto pertanto il seguente obiettivo: individuare lo strumento web 2.0 più agevole per interrogare la tabella come all’interno di un database, in modo da poter estrarre di volta in volta solo i dati necessari per ottenere il grafico corrispondente ad una particolare query. Dopo vari tentativi con Yahoo! Pipes ed YQL (Yahoo! Query Language), peraltro abbastanza ben riusciti (li trovate qui), ho individuato nel Query Language delle Google Visualisation API un’alternativa relativamente semplice ed efficiente, tale da scongiurare la necessità di dover configurare un web server e risolvere le beghe informatiche dovute alle cross-domain restrictions. Si tratta praticamente delle stesse API che consentono di ottenere dei grafici a partire dai dati.

A proposito della componente geografica, ho deciso di utilizzare come client OpenLayers (di cui si parla spesso qui su TANTO) per via della sua enorme versatilità e semplicità d’uso, un servizio TMS (Tile Map Service) di OpenStreetMap come layer di base ( i “linked data” per eccellenza!), ed i confini ISTAT delle province reperibili qui, utilizzabili per scopi non commerciali a patto di citarne la fonte. Questi ultimi sono stati convertiti nel formato GML ed opportunamente trasformati nel sistema WGS84 (EPSG:4326).

In definitiva, il funzionamento dell’applicazione è molto semplice ed intuitivo: scelta una delle opzioni (query) poste in basso, per interrogare una delle province piemontesi occorre semplicemente cliccare sulla corrispondente entità vettoriale che la rappresenta in mappa. Comparirà successivamente un popup contenente la denominazione della provincia, il titolo del grafico ed il grafico stesso (dotato di legenda, se necessaria). Questo è il mashup risultante:

Per concludere, ho alcune interessanti novità da segnalare. Nel frattempo, negli altri Paesi il modello di Open Government procede inesorabilmente la sua marcia. In particolare, nel Regno Unito è stata appena istituita una Commissione per la Trasparenza nel Settore Pubblico con il compito di guidare l’agenda sulla Trasparenza del Governo, rendendola un elemento cardine di ogni sua attività e assicurando che tutti i Dipartimenti presso Whitehall rispettino le scadenze fissate per il rilascio di nuovi dataset pubblici. Inoltre, è responsabile della definizione di standard sui dati aperti per l’intero settore pubblico, recependo ciò che è richiesto dal pubblico e assicurando l’apertura dei dataset più richiesti. Un primo importante compito della Commissione attualmente in itinere consiste nella definizione dei Principi di Trasparenza dei Dati Pubblici mediante il diretto coinvolgimento degli utenti.

Un’altra novità di rilievo è la nascita del portale italiano CKAN, un progetto ad opera della Open Knowledge Foundation. Si tratta di un catalogo di dati e contenuti aperti creato allo scopo di facilitarne la ricerca, l’uso e il riuso, al quale è possibile contribuire liberamente, fornendo informazioni sulle banche dati (metadati), quali l’URL della risorsa, l’autore e il soggetto che detiene la titolarità dei dati, la versione e la licenza d’uso.

Sempre in Italia, un’altra notizia che fa ben sperare: il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, durante un’intervista a Frontiers of Interaction 2010, ha annunciato la creazione di un data.gov italiano entro la fine dell’anno. In particolare, la pubblicazione dei dati pubblici dovrebbe servire da contromisura ai fenomeni di corruzione legati agli appalti. Finalmente! ;)

30 maggio, 2010 | di

Esistono delle svolte epocali che lasciano il segno nel mondo dell’informazione geografica. In passato, una di queste è scaturita sicuramente dall’Executive Order 12906, emanato nel 1994 dall’allora presidente degli USA Bill Clinton, che ha portato alla costituzione della National Infrastructure of Spatial Data (NSDI) e senza il quale forse oggi non esisterebbe l’ossatura portante dell’infrastruttura di dati spaziali europea INSPIRE.

Un documento di portata eccezionale molto recente è, invece, il Memorandum sulla Trasparenza e l’Open Government di Barack Obama (gennaio 2009) che, sancendo i principi dell’Open Government (trasparenza, partecipazione e collaborazione), ha prodotto la nascita del portale governativo americano data.gov al fine di incrementare l’accesso pubblico ai dati prodotti dai vari dipartimenti del governo federale, dati che sono rilasciati rigorosamente in formato aperto (Open Data).

data_gov

Altro provvedimento scaturito dal memorandum presidenziale è l’Open Government Directive del dicembre 2009 (già citata da Sergio Farruggia nel suo ultimo post), che definisce nel dettaglio gli adempimenti dei dipartimenti esecutivi e delle agenzie per l’implementazione dei suddetti principi secondo scadenze temporali molto ristrette (solo 45-60 giorni!).

Una forte carica di innovazione era d’altronde già presente nell’illuminante talk di Tim Berners-Lee al TED 2009 (di cui TANTO si era occupato qui), in cui si auspicava un nuovo cambio di prospettiva della rete delle reti da attuarsi mediante il rilascio dei raw data: solo ponendo in relazione tra loro i dati grezzi, ottenendo i linked data, è possibile portare alla luce il loro enorme potenziale inesplorato, ovvero quel valore aggiunto implicitamente contenuto in essi. Era nato dunque l’Open Data Movement.

Tali eventi non hanno tardato a sortire i loro effetti in giro per il mondo. Da allora stiamo assistendo al proliferare di altre iniziative in tal senso, tra le quali spiccano i portali del Regno Unito, della Nuova Zelanda e dell’Australia. Inoltre, anche la Banca Mondiale (si veda il post di Pietro Blu Giandonato) e, sempre in UK, l’Ordnance Survey hanno recentemente liberato una cospicua parte dei dati in loro possesso al fine di promuoverne il riuso.

Brown asked: “What’s the most important technology right now? How should the UK make the best use of the internet?” To which the invigorated Berners-Lee replied: “Just put all the government’s data on it.” To his surprise, Brown simply said “OK, let’s do it.”

(da Goodbye Gordon Brown: but thanks for the data … and the campaign goes on)

La direttiva sull’Open Government rappresenta non solo un importante tassello strategico nel disegno della trasparenza politica obamiana, ma produce concretamente anche la possibilità di sviluppare business, innescando “una competizione sulla qualità dei servizi e delle applicazioni prodotte, che genererebbe sicuramente una ripresa di tutto il settore dell’economia immateriale“, come spiega Gianluigi Cogo nell’approfondimento di Nóva dedicato all’Open Data.

La liberalizzazione dei dati secondo standard aperti ha infatti scatenato iniziative come Apps for democracy che, nell’arco di un mese, ha prodotto la realizzazione di ben 47 applicazioni di pubblica utilità per il web, iPhone e Facebook con un ritorno economico sull’investimento stimato intorno al 4000%. Per comprendere meglio le potenzialità derivanti dall’uso degli open data, un interessante caso di studio ci viene offerto dal Canada, dove è stata scoperta una maxi frode fiscale che ha coinvolto le maggiori società di beneficenza del Paese per un importo pari a ben 3,2 miliardi di dollari.

E’ possibile quindi realizzare un primo punto della situazione del movimento globale Open Data, così come ha fatto Tim Berners-Lee al TED 2010 (il talk è sottotitolato anche in italiano):


L’esempio di utilizzo degli Open Data forse più emblematico presentato da Berners-Lee è quello della mappa disegnata da un avvocato per dimostrare la forte correlazione esistente tra le case occupate da bianchi e quelle collegate all’acquedotto, risultato della discriminazione razziale verso i neri a Zanesville (Ohio, USA), che ha convinto il giudice a condannare la contea ad un risarcimento di oltre 10 milioni di dollari. Tale applicazione è la semplice dimostrazione di quali interessanti informazioni sia possibile ottenere, ponendo in relazione gli Open Data, in settori quali ad esempio l’epidemiologia geografica (a tal proposito si veda questo post).

Inoltre, proprio in questi giorni, è trascorso il primo anniversario di data.gov ed è possibile trarne un primo entusiasmante bilancio direttamente dal CIO Vivek Kundra sul blog della Casa Bianca.

Di fronte all’evidente pragmatismo del mondo anglosassone, probabilmente il lettore si chiederà cosa si sta facendo adesso o si farà in futuro in Italia. In tal senso, si ritiene opportuno segnalare questa intervista ad Ernesto Belisario, avvocato ed esperto in diritto delle nuove tecnologie, secondo il quale la pubblicazione e l’accesso ai dati pubblici in Italia è attualmente una sorta di percorso ad ostacoli. In particolare, egli sostiene che da un lato ci sono problemi a livello organizzativo:

  • la Pubblica Amministrazione, fatte le dovute eccezioni, generalmente non è pienamente consapevole del consistente patrimonio di dati in suo possesso;
  • soltanto una minima parte dei dati in possesso della PA è disponibile in formato digitale e, nei casi in cui lo è, non sempre è garantita l’interoperabilità;
  • inoltre, i dati non sempre sono acquisiti con una licenza tale da consentirne la pubblicazione ed il riuso.

Dall’altro, esistono anche evidenti limiti a livello normativo:

  • la legge generale sul procedimento amministrativo che, a differenza degli USA in cui ogni cittadino – in quanto tale – ha il diritto di accesso ai dati pubblici (right to know), prevede il possesso di un interesse specifico e qualificato per poterlo fare (need to know);
  • una normativa sulla privacy troppo rigorosa che limita notevolmente la trasparenza e l’accesso ai dati, impedendone di fatto l’indicizzazione da parte dei motori di ricerca;
  • il Codice dell’Amministrazione Digitale che, pur avendo una portata rivoluzionaria, in quanto consentirebbe alla PA di rendere disponibili i propri dati in formato aperto, tuttavia non va a modificare la legge sulla trasparenza amministrativa e né la legge sulla privacy.

dati_piemonte

In definitiva, c’è molto lavoro da fare, ma qualcosa comincia a muoversi. Recentemente stiamo assistendo all’apertura del PCN (futuro geoportale nazionale di INSPIRE) nei confronti del movimento OpenStreetMap (si veda il seguente post) e alla nascita del primo portale Open Data italiano, dati.piemonte.it. Sicuramente, non è finita qui!


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