16 settembre, 2010 | di

Lo so, sembra soltanto un titolo ad effetto, ma in realtà è molto più descrittivo di quanto si possa pensare. Nel Maggio del 2009 Pietro ci ha infatti raccontato di “un ambizioso progetto con il quale diffondere la consapevolezza della coscienza geografica”, tramite la produzione di 8 video brevi e di un documentario di 60 minuti.

Il nome di quel progetto è proprio  “Geospatial Revolution Project” ed è uscito finalmente il bellissimo primo episodio. Agli esperti di geomatica non sembrerà che ci sia nulla di nuovo, ma l’obiettivo del progetto è altro:

The mission of the Geospatial Revolution Project is to expand public knowledge about the history, applications, related privacy and legal issues, and the potential future of location-based technologies.

Spiegare bene un concetto, con parole comprensibili a tutti, è di per se qualcosa di  rivoluzionario e se “il buon giorno si vede dal mattino”, prevedo un futuro molto soleggiato. Nel film ci sono molte facce note e potenti di questo mondo, ma voglio sottolineare che il capitolo più lungo e più bello di questo primo episodio – denominato “Why We Need It” – è dedicato quasi interamente all’importanza che l’informazione spaziale e il suo impiego corretto hanno nella gestione di drammi umanitari, come quello conseguente al terremoto di Haiti, del 12 Gennaio del 2010. In quell’occasione i terminali mobili (telefonini e GPS), i social network e progetti prodigiosi come Ushahidi e OpenStreetMap hanno contribuito al salvataggio di molte vite nel dopo terremoto.

Prima di chiudere due promesse. La prima è quella già lanciata da Pietro, e che confermo: vi daremo conto dei prossimi episodi e proveremo a farvene sempre una brevissima sintesi. La seconda è che scriveremo almeno un post interamente dedicato a Ushahidi, in cui descriveremo la piattaforma tecnologica su cui si basa, come si installi e si gestisca.

Ci sarebbe altro da dire, ma sarà per la prossima. Buona visione!!!

11 maggio, 2009 | di


Ci provano a farlo quelli della Penn State University con Geospatial Revolution Project.

Si tratta di un ambizioso progetto con il quale diffondere la consapevolezza della coscienza geografica in un mondo nel quale ormai (quasi) tutti sanno cosa siano Google Earth e Streetview.

Utilizzare uno strumento abitualmente, infatti, non implica sempre conoscere cosa ci sia dietro, dalla tecnologia alle persone, ed essere consapevoli di ciò che si fa – come spesso amiamo dire qui su TANTO – è molto più entusiasmante di farlo e basta.

Il progetto – totalmente web-based – prevede la produzione di otto episodi video, ciascuno dei quali racconterà una storia al centro della quale c’è la geografia e gli strumenti di esplorazione del territorio. Si tratta di storie che hanno un filo rosso in comune, e che culmineranno nella realizzazione di un documentario di 60 minuti.

Il video di presentazione del progetto è già di per sé entusiasmante, raccontando di come satelliti, strumenti e tecnologie geospaziali influenzino ormai ogni fondamentale attività umana. Dalle deprecabili guerre, che hanno sempre bisogno di dati spaziali aggiornati e dettagliati, alla violazione dei diritti umani, alle questioni ambientali, alle attività di emergenza e soccorso. Il terremoto abruzzese ha lanciato alla ribalta il concetto di interferometria SAR – molte fonti ne danno notizia – e lo stesso PCN ha messo a disposizione ortofoto recenti delle zone colpite.

Come la stessa PSU afferma:

Gli utilizzi fondamentali di queste tecnologie richiedono una educazione del pubblico, volta alla comprensione sia delle applicazioni stesse che delle questioni relative alla privacy e alla sicurezza che esse sollevano.

Non rimane che attendere i primi video realizzati, ne daremo notizia sempre su questo schermo.

Vorrei in conclusione fare qualche piccolo appunto riguardo la nostra situazione, quella italiana intendo. Mentre altrove si spendono risorse per mettere su iniziative volte alla disseminazione della consapevolezza, qui da noi si lascia che importanti pezzi della scienza geografica lentamente muoiano, come è il caso dell’Istituto Geografico De Agostini, o dello stesso IGMI, colpevoli secondo alcuni di non essere riusciti a stare al passo con la tecnologia.

Certo, magari in quelle realtà devono fare i conti con una scarsa lungimiranza, con il fatto che ormai più nessuno compra una carta stradale per 10 euro ma preferisce spenderne 200 per un navigatore GPS, ma la questione è sempre la stessa: la gente non sa, non si chiede cosa c’è dietro una mappa, che sia cartacea o digitale.

The location of anything is becoming everything…



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