Noi di TANTO seguiamo da quest’estate un’iniziativa in cui crediamo molto: Stati Generali dell’Innovazione. Sergio e Pietro Blu sono i nostri “uomini all’Avana” che ci informano dall’interno. Confrontandomi su questi temi con Sergio, che è impegnato anche nell’organizzazione dell’evento “Genova per l’innovazione – open smart city”, ho avuto l’idea di riportare le nostre “quattro chiacchiere nel bar dietro al router” in forma di intervista. Per non mancare di originalità l’ho intitolata “Bologna chiama Genova”…
Sergio, in due parole, che cosa sono gli “Stati generali dell’innovazione”?
SGI è un’associazione, ma si configura come rete di associazioni, organizzazioni, enti, gruppi e persone singole che operano a diversi livelli (locale, regionale, nazionale, internazionale). Essa è aperta al contributo di persone di tutte le nazionalità e di qualsiasi estrazione sociale, economica e politica che ne condividano i principi. Lo scopo di SGI è quello di realizzare le condizioni e organizzare gli Stati Generali dell’Innovazione, inteso come momento di partecipazione globale di tutti i portatori di interesse verso la costruzione di una prospettiva condivisa per un cambio effettivo nella politica dell’innovazione per l’Italia.
In SGI si parla molto di “open data”, cosa indica questo termine?
Con “open data” s’intende un nuovo modello o filosofia che consente di rendere dati e informazioni “aperti” e accessibili direttamente online.
Più in dettaglio, affinché si possa parlare effettivamente di open data, è necessario che le risorse digitali presentino precise caratteristiche, dal punto di vista tecnico, delle logiche e dinamiche di accesso, utilizzo e riuso.
Le Pubbliche Amministrazioni hanno un ruolo in questo?
Nell’ambito di questo modello “open” delle risorse digitali e dei software, attualmente uno dei punti focali del dibattito sull’open data è il processo di liberalizzazione dei dati e delle informazioni in possesso della pubblica amministrazione (PA). L’attenzione verso nuovi modelli “trasparenti” e partecipativi delle amministrazioni pubbliche, infatti, solleva con sempre maggiore energia esigenze di “openness” tra gli enti e le istituzioni pubbliche, insieme alle necessità di svecchiamento delle procedure amministrative, sullo sfondo delle nuove tecnologie di internet, del WEB e dei dispositivi mobili.
Parlando di open data, spesso viene usata la sigla “PSI”, cosa indica?
Con l’acronimo PSI (Public Sector Information – Informazioni del settore pubblico) s’identifica la principale fonte di informazioni in Europa. Tali informazioni sono prodotte e raccolte dagli enti pubblici; esse comprendono mappe digitali, dati meteorologici, dati sul traffico, informazioni giuridiche, finanziarie, economiche e altri dati.
La maggior parte di questi dati “grezzi” potrebbero essere utilizzati, o integrati in nuovi prodotti e servizi, di uso quotidiano, come i navigatori GPS, le previsioni meteo, i servizi finanziari e assicurativi, permettendo a molte nuove realtà aziendali di emergere in questo mercato.
Nel 2003, l’Unione Europea ha adottato la direttiva sul riutilizzo delle informazioni del settore pubblico introducendo un quadro legislativo comune per disciplinare come gli enti pubblici dovrebbero rendere disponibili le loro informazioni per il riutilizzo, eliminando le barriere che impediscono l’applicazione, come le pratiche discriminatorie, il monopolio dei mercati e la mancanza di trasparenza.
E la riusabilità ha un ruolo in questo?
Per ri-uso delle informazioni del settore pubblico s’intende il loro utilizzo in nuovi modi, attribuendo ad esse valore aggiunto, combinando le informazioni provenienti da fonti diverse, facendo mash-up e nuove applicazioni, sia a fini commerciali che non.
Nel dicembre 2011 la Commissione Europea ha presentato una strategia per l’Europa che definisce norme più chiare per realizzare l’uso migliore delle informazioni detenute dalla PA. La strategia sugli open data proposta renderà più semplice alle imprese e ai cittadini trovare e ri-usare le informazioni detenute sia da organismi del settore pubblico degli Stati membri, sia dalla Commissione stessa. Proprio per questi motivi, la Commissione prevede di aggiornare la direttiva del 2003.
Le aziende possono trarre vantaggio dagli “open data”?
Le informazioni del settore pubblico hanno un grande potenziale economico. Secondo un’indagine sull’impatto economico delle informazioni del settore pubblico, condotto dalla Commissione Europea nel 2011 (studio Vickery), i vantaggi economici diretti e indiretti sono stimati in circa 140 miliardi di euro in tutta l’Unione europea. L’aumento del riutilizzo di PSI genera nuove imprese e posti di lavoro e fornisce ai consumatori più scelta e più valore. Naturalmente tali opportunità di sviluppo, essendo legate a cambiamenti culturali, non sono così evidenti e debbono essere intraprese azioni per favorirne l’individuazione. Un esempio di iniziativa con questo fine è Apps4Italy, un concorso aperto a progetti di soluzioni utili e interessanti basate sull’utilizzo di dati pubblici, capaci di mostrare a tutta la società il valore del patrimonio informativo pubblico.
Tra le azioni prioritarie contro lo “spread digitale” definite in occasione del primo incontro degli Stati Generali dell’Innovazione, svoltosi a Roma il 25-26 novembre 2011, sono presenti specifiche azioni proprio per favorire il processo di liberalizzazione dei dati pubblici, condizione indispensabile perché progetti come quelli sollecitati da Apps4Italy possano moltiplicarsi.
Inoltre, il sito dell’associazione raccoglie interventi, idee, contributi sul tema open data, come “La democratizzazione dei dati per abbattere il data divide”, in cui Pietro Blu esamina le difficoltà per fare incontrare domanda e offerta di “open data” e propone alcune azioni per colmare la distanza che le separa.
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