2 marzo, 2011 | di

Geospatial Revolution ProjectContinua l’appuntamento con Geospatial Revolution Project ad opera della Pennsylvania State University, che tanto sta appassionando anche la comunità geospaziale italiana.
Il terzo e penultimo episodio parla dell’uso dei GIS nei campi della diplomazia internazionale, delle operazioni militari, del lavoro delle forze dell’ordine e della sicurezza dei cittadini.

Il primo capitolo dal titolo “Mapping the Road to Peace” sostiene la necessità di avere gli “occhi della nazione” (USA) puntati sui “cattivi” e di utilizzare la geospatial intelligence per intercettare sul nascere le crisi internazionali. Ma soprattutto ricorda quello che è stato il primo impiego di successo delle tecnologie geospaziali nelle trattative diplomatiche durante il conflitto della Bosnia-Erzegovina, a metà degli anni Novanta.

Il secondo capitolo “Waging Modern War” si occupa di strategia e mission planning nella guerra moderna di precisione. Descrive l’impiego nelle missioni militari della tecnica “BuckEye Terrain Visualization” che raccoglie, elabora e trasmette dati del terreno ad elevata risoluzione mediante una camera elettro-ottica e un sensore LIDAR al fine di individuare la posizione degli IED (Improvised Explosive Devices), una continua minaccia anche per le missioni di pace molto difficile da scovare, come purtroppo ci ricorda la triste cronaca di questi giorni. Si parla anche di human geography, ovvero degli aspetti sociali, culturali, economici, ecc. calati direttamente sulla geografia fisica, la cui rappresentazione su mappa è in grado di facilitare la comprensione da parte dei militari della complessità di Paesi come l’Afghanistan.

Nel terzo capitolo “Serving & Protecting”, invece, si illustra come le tecnologie geospaziali possano costituire un valido strumento di supporto alle attività delle forze dell’ordine. Ad esempio in caso di una rapina in banca, è possibile calcolare in tempo reale le isocrone sulla rete stradale e quindi circoscrivere il perimetro entro il quale ricercare i criminali e posizionare i posti di blocco. E’ mostrato come l’impiego congiunto di un criminologo e dei GIS possa consentire l’individuazione della correlazione esistente tra gli hotspot di particolari tipologie di crimini avvenuti in una determinata area e la loro posizione, permettendo quindi una migliore dislocazione delle pattuglie a disposizione, specie se l’area da controllare è molto estesa. Si parla inoltre dell’uso del braccialetto elettronico in California come deterrente per chi ha commesso reati di natura sessuale e viene rilasciato in libertà condizionata.

L’ultimo capitolo “Staying Safe” ci pone un interrogativo: disporre di un GPS nel proprio telefono cellulare può essere utile in caso di emergenza per le forze dell’ordine, ma cosa succede se chi controlla è ad esempio uno stalker? Il progresso che scaturisce dall’uso delle tecnologie geospaziali presenta quindi un duplice aspetto. Da un lato, bisogna saper cogliere tutti i benefici che ne possono derivare. Dall’altro, occorre ricordarsi che la tecnologia può essere oggetto di abuso e quindi occorre saperla gestire.

the more data that’s available out there
the more transparent the world becomes

Oggi è possibile tenere traccia delle persone, che lo sappiano oppure no. Ma si tratta davvero di un’invasione della privacy o solo dell’affermazione di una tecnologia irreversibile e al tempo stesso sempre più irresistibile? Chissà cosa ne pensa la gente…


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