TANTO » neogeography http://blog.spaziogis.it le cose che ci piacciono ... Mon, 07 Nov 2016 09:59:24 +0000 it-IT hourly 1 Follia di Mezza Estate http://blog.spaziogis.it/2014/09/01/follia-di-mezza-estate/ http://blog.spaziogis.it/2014/09/01/follia-di-mezza-estate/#comments Mon, 01 Sep 2014 07:01:39 +0000 Sergio Farruggia http://blog.spaziogis.it/?p=6350 NdR: pensiamo che questo post di Sergio meriti una lettura “da divano”. Per questo è eccezionalmente disponibile anche in epub, mobi, pdf e azw3. Rovistando in soffitta ho messo le mani su un taccuino sgualcito, dai fogli ingialliti, contenente quelli che sembravano, ad una prima occhiata, appunti disordinati. Di solito si recuperano tracce di un passato, [...]]]> NdR: pensiamo che questo post di Sergio meriti una lettura “da divano”. Per questo è eccezionalmente disponibile anche in epub, mobi, pdf e azw3.

Quanto più feliceRovistando in soffitta ho messo le mani su un taccuino sgualcito, dai fogli ingialliti, contenente quelli che sembravano, ad una prima occhiata, appunti disordinati. Di solito si recuperano tracce di un passato, più o meno lontano. Immaginerete lo stupore, quando ho letto una data: 3 agosto 2054! Sarà vera? Uno scherzo della Follia? Chissà. Il testo non riporta alcun nome.

 

Del Principio d’Indeterminazione della Cartografia

Nel corso della prima decade del XXI secolo si è fatto strada un processo per la realizzazione di cartografie del tutto ignoto in precedenza. Questo trattatello, ripercorrendo la storia recente della scienza cartografica, vuole essere un ricordo del progresso generato da questa scoperta e un tributo alla tenacia di quanti hanno contribuito alla sua affermazione.

Com’è noto, il processo classico, stabilito per la riproduzione ridotta di una porzione di superficie terrestre, consta essenzialmente di tre fasi: l’esecuzione di un rilievo sistematico dell’area considerata, il collaudo della riproduzione ottenuta[1] e, infine, la pubblicazione dello strumento cartografico e la sua divulgazione a beneficio dei suoi utilizzatori. Questo processo, perfezionato e codificato nel tempo, ha raggiunto un livello di accuratezza della riproduzione del mondo reale rasente la perfezione[2] nella seconda metà del novecento, quando è stato introdotto l’uso delle tecnologie e dei media digitali.

Il caso dello sviluppo della scienza cartografica ha molti aspetti interessanti: la pratica ha, infatti, precorso la teoria, cioè prima è stato ideato il processo per riprodurre su mappa parti di territorio, quindi è stato sistematizzato il suo fondamento teorico[3], attraverso la formulazione dei principi di base di questa strana scienza.

I principi della cartografia, tre più un principio cui è ormai invalso riferirlo come principio “zero” della cartografia, sono stati introdotti all’inizio di questo secolo per regolare la produzione delle carte, il loro utilizzo e i loro limiti. Sono assiomi legittimati dall’esperienza, sui quali si fonda tutta la teoria che riguarda la produzione di mappe. Qui di seguito vengono riportati gli enunciati più comunemente adottati nei manuali.

Il cosiddetto principio “zero” postula che se due mappe hanno la stessa scala di una terza, allora esse medesime condividono la stessa scala. Questo, seppur ovvio, principio consente di definire la scala come grandezza in grado di indicare se due mappe descrivono lo stesso territorio: nella sostanza, stabilisce che per un territorio dato, due mappe confrontabili tra loro, hanno la stessa scala.

Il primo principio della cartografia, rappresenta la formulazione della legge di conservazione dei dati geografici: esso afferma che nell’ambito di un processo di riproduzione di un territorio isolato (cioè perimetrato) i geo-dati non sono né creati né distrutti, ma trasformati.

Del secondo principio della cartografia esistono molti enunciati. Quelli epistemologicamente più rilevanti sono i seguenti.

  • E’ impossibile realizzare una trasformazione di scala il cui unico risultato sia quello di trasferire informazione geografica da una mappa a scala più piccola (di minor dettaglio) a una a scala più grande (di maggior dettaglio) senza l’apporto di informazioni aggiuntive o esterne.
  • E’ impossibile realizzare una trasformazione di scala ciclica della rappresentazione di un territorio dato il cui unico risultato sia la rappresentazione di tutte le informazioni geografiche possedute dal territorio stesso.
  • E’ impossibile realizzare una mappa la cui rappresentazione del territorio considerato coincida con la totalità delle informazioni geografiche della realtà[4].

Infine, il terzo principio, afferma che la rappresentatività della realtà di una mappa a scala 1:1 è zero[5]. In tempi più recenti a questo principio è stata data una veste nuova, precisamente: “Non è possibile raggiungere la rappresentazione omnicomprensiva del territorio considerato tramite un numero finito di rilievi”.

Sebbene sia comune l’uso della dizione “principio”, quest’ultimo non è assunto vero a priori, ma può essere dimostrato a partire dai precedenti, in particolare dal secondo. Esula dagli scopi di questo trattatello la sua dimostrazione: basti, a questo riguardo, riflettere ad esempio sulle deduzioni ricavabili dal terzo enunciato del secondo principio. Invece, vale la pena evidenziare che il terzo principio anticipa caratteristiche della rappresentazione della realtà del territorio individuate a seguito dell’applicazione del processo scoperto agli inizi di questo secolo.

Tale nuovo processo, la cui definizione è stata resa possibile grazie a tecnologie innovative per la manipolazione dei dati geografici[6] e la loro diffusione attraverso la Rete, a vantaggio di un loro uso di massa, ha consentito di addentrarsi nella cosiddetta cartografia infinitamente dettagliata. Esso prevede una diversa sequenza delle tre fasi del processo classico, precisamente: rilievo pseudo-disordinato dell’area, anche attingendo da mappe prodotte mediante il processo classico (quando disponibili), immediata pubblicazione dei risultati e collaudo della riproduzione in continuo divenire.

La comparsa sulla scena della scienza cartografica di questo secondo processo per ottenere mappe ha acceso un confronto, talvolta anche aspro, tra i suoi sostenitori e coloro che hanno ritenuto di avere identificato in esso falle concettuali che –a loro giudizio- impediscono la corretta riproduzione della realtà del territorio, inficiando l’utilizzo delle mappe così ricavate.

La prima critica avanzata esamina la validità teorica di questo nuovo processo per due aspetti fondamentali. Il primo concerne la disomogeneità spaziale della precisione della rappresentazione, quindi della corrispondente affidabilità, del rilievo all’interno della mappa, che renderebbe inapplicabile il principio della conservazione dei geo-dati. Il secondo aspetto riguarda una certa confusione riscontrata nell’utilizzo di dati derivanti da mappe di scale differenti per comporne una risultante, approccio che è parso andare in conflitto con quanto stabilito dal secondo principio della cartografia.

Una critica ancor più radicale considera l’efficacia del trasferimento di contenuti informativi di carte già collaudate o autenticate, in mappe create tramite il nuovo processo. Si è sostenuto che tale operazione, anche quando rispettasse i principi fondamentali, è priva di significato, poiché rende disponibile una mappa già esistente[7], degradata in termini di affidabilità, perché sfornita di certificazione di avvenuto collaudo.

Quest’ultima valutazione è stata raccolta per difendere la validità del nuovo processo, ribaltandone le conclusioni. Infatti, secondo i sostenitori di questo secondo percorso, la sua scoperta si deve ai troppi vincoli che hanno limitato un’ampia fruizione degli strumenti cartografici prodotti tramite il primo processo. La mancanza di disponibilità di rappresentazioni del territorio ha quindi ispirato conoscenze del tutto nuove sulla scienza cartografica.

In primo luogo, la definizione e la sperimentazione di questo secondo processo, ha messo in risalto il ruolo di chi esegue i rilevamenti (da una mappa preesistente o dalla realtà). Nell’ambito del processo classico tale figura, circoscritta a un numero limitato di specialisti, ha un ruolo assoluto: si assume che questi, operando, riproducano sulla mappa la realtà, senza interferire con essa, cioè siano osservatori esterni all’universo cartografico. Di contro, lo sviluppo delle tecnologie digitali e la diffusione di massa del loro impiego hanno trasformato il contesto: hanno aumentato di diversi ordini di grandezza il numero di soggetti in grado di eseguire rilevamenti creando una nuova figura: il cittadino-cartografo. Lo studio di questo nuovo fenomeno ha evidenziato che in realtà chi esegue un rilevamento del territorio perturba la rilevazione, falsando la conoscenza della realtà. E’ stato altresì ricavato sperimentalmente che, dato il numero notevole dei soggetti coinvolti, le perturbazioni statisticamente si compensano a vicenda e l’affidabilità media ottenibile risulta dello stesso ordine di grandezza di quella conseguita attraverso l’applicazione del secondo processo, facendo così risaltare una complementarietà tra i due processi.

Del pari, approfondendo le caratteristiche di tale complementarietà sono state scoperte altre proprietà della cartografia. La modalità realizzativa adottata con il nuovo processo –così detta “per quanti di rilievo”- ha fatto emergere l’esistenza di limiti cartograficamente irremovibili[8] allorquando ci si spinge verso scale di rappresentazione sempre più grandi, come già il terzo principio della cartografia aveva fatto intuire. Un’altra proprietà individuata, legata alla precedente, riguarda il limite –anch’esso irriducibile- nella determinazione contemporanea di grandezze legate all’evoluzione del contenuto informativo della mappa nel tempo[9], quali la variazione dell’affidabilità della mappa e il tempo di esecuzione del rilievo.

Tale fenomeno, non rilevabile applicando il primo processo, è emerso con tutte le sue implicazioni scoprendo il secondo processo. Infatti, in questo contesto l’esecuzione di un quanto di rilievo e la sua fruibilità sono eventi che possono essere considerati coincidenti, ma la cui affidabilità è assicurata dai successivi controlli effettuati dalla comunità dei cittadini-cartografi, eventi di cui non può essere noto a priori il momento della sua attuazione. E’ stato però appurato sperimentalmente che, in virtù del numero elevato dei soggetti coinvolti, il tempo necessario per garantire l’affidabilità della mappa è ordini di grandezza inferiori a quelli relativi al processo classico, come verrà illustrato tra breve. Il risultato a cui si è pervenuti per comprendere e giustificare questa proprietà è la formulazione del così detto principio di indeterminazione della cartografia, il quale stabilisce che non è pensabile conoscere simultaneamente –senza indeterminazione nei valori- il tempo di aggiornamento di una mappa e la corrispondente variazione della sua affidabilità.

Occorre invece ricordare che nell’ambito del processo classico, la valutazione simultanea dell’affidabilità e dei tempi di aggiornamento è gestita tramite un espediente: si assume per convenzione che la realtà sia quella descritta dalla mappa, indipendentemente dal fattore tempo. Una mappa realizzata tramite il processo classico “ferma” la realtà nell’attimo in cui viene eseguito il rilievo, operazione che può avvenire anche in tempi assai contenuti (si pensi a quelli richiesti per una ripresa aerofotogrammetrica). Si può così stabilire una data precisa alla quale fare corrispondere la realtà descritta dalla mappa. Le operazioni di riproduzione sulla mappa del rilievo e successivo collaudo impegnano un tempo assai più lungo, che può essere dell’ordine di parecchi mesi, in alcuni casi superare anche l’anno. In generale, maggiore sarà l’affidabilità che si vorrà ottenere, più numerosi saranno i controlli e le verifiche richieste. Comunque, quando la mappa viene rilasciata e pubblicata, la realtà si sarà già modificata: l’escamotage adottato risolve inconfutabilmente la valutazione contemporanea delle due grandezze considerate.

Il principio d’indeterminazione della cartografia ha un’altra importante implicazione: esso permette di intervenire anche all’interno del ciclo di vita di una mappa classica e affrontare con successo la riduzione della sua inaffidabilità[10], senza dovere attendere l’attività di aggiornamento sistematico, in genere attuata quando ormai essa non è più altro che una raffigurazione del passato.

In definitiva, questo nuovo modo di procedere alla realizzazione della rappresentazione del territorio ha contribuito alla maggiore fruizione dei rilievi creati attraverso il processo classico, promuovendone una più ampia disponibilità, per cui ormai i due processi sono stati integrati e agiscono in modo complementare, consentendo un risultato de facto migliorativo della rappresentazione del territorio e dei suoi continui mutamenti.

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PS. Amici ai quali ho sottoposto questi appunti, forse trovandoli di un qualche interesse e utilità, mi hanno suggerito di tradurli in altre lingue, perché possano raggiungere una platea di lettori più vasta, non solo italiana. Questo invito mi ha lusingato e ci ho riflettuto assai.  Ho deciso, alla fine,  di soprassedere: mi risulta che fuori dai confini nazionali la comparsa dei cittadini-cartografi abbia avuto tutt’altra storia.  3 agosto 2054.



[1] Generalmente eseguito da un soggetto diverso da chi esegue il rilievo.

[2] Per quanto questo vocabolo possa essere applicato in seno alla cartografia.

[3] Sono riportate alcune definizioni basilari. Universo cartografico: è costituito dalla realtà del territorio e dalla sua riproduzione rimpicciolita (l’oggetto di studio). Realtà del territorio: è identificabile con tutti i dati che si riferiscono agli oggetti -naturali e di origine antropica- ivi presenti (cosiddetti geo-dati)  e con tutte le sorgenti di dati riferibili allo spazio geografico, rappresentabili sulla mappa. Mappa: una qualunque porzione dell’universo cartografico a cui ci si sta interessando come oggetto della riproduzione.

[4] Intuitivamente, si può assumere che il risultato ottenuto sarebbe illeggibile (effetto tabula nigra).

[5] E’ interessante ricordare che questo enunciato del terzo principio è stato oggetto di interessi letterari e di studi filosofici: si veda ad esempio J.L. Borges “La mappa dell’impero in scala 1:1”  e la dissertazione “Dell’impossibilità di costruire la carta dell’impero 1 a 1” di U. Eco.

[6] Peraltro utilizzate anche nell’ambito del processo classico.

[7] Indicata, in alcuni scritti, forse con eccessiva enfasi, con “tautomappa”.

[8] “Irremovibili”, poiché tali limiti non sono riducibili, nemmeno immaginando di avere a disposizione strumenti e sensi perfetti, ossia a prescindere da qualsiasi errore sperimentale comunque piccolo.

[9] Perciò dette anche grandezze coniugate.

[10] Per brevità, si tralascia di descrivere l’effetto, non di rado associato, di arricchimento informativo della mappa.

L'articolo Follia di Mezza Estate è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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Il significato di “essere umano” (GRP ep. 2) http://blog.spaziogis.it/2011/03/16/il-significato-di-%e2%80%9cessere-umano-grp-ep-2/ http://blog.spaziogis.it/2011/03/16/il-significato-di-%e2%80%9cessere-umano-grp-ep-2/#comments Wed, 16 Mar 2011 22:28:18 +0000 Pietro Blu Giandonato http://blog.spaziogis.it/?p=3508 Il titolo, forse un pò pretenzioso, richiama le battute finali del secondo episodio di Geospatial Revolution Project, finalmente disponibile con i sottotitoli in italiano alla cui traduzione abbiamo lavorato tutti noi di TANTO. Inutile dire che il sodalizio che si è creato con gli amici della Penn State University ci rende particolarmente orgogliosi. Buona visione. [...]]]> Inutile dire che il sodalizio che si è creato con gli amici della Penn State University ci rende particolarmente orgogliosi. Buona visione.

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Città digitali, il secondo episodio di Geospatial Revolution http://blog.spaziogis.it/2010/11/04/citta-digitali-il-secondo-episodio-di-geospatial-revolution/ http://blog.spaziogis.it/2010/11/04/citta-digitali-il-secondo-episodio-di-geospatial-revolution/#comments Thu, 04 Nov 2010 08:06:11 +0000 Pietro Blu Giandonato http://blog.spaziogis.it/?p=2916 Ormai il racconto a puntate sulla rivoluzione geospaziale curato dalla Penn State University sta diventando un appuntamento per noi irrinunciabile. Per il primo episodio sono intanto disponibili i sottotitoli. Non ci sarebbe nulla da dire di più che: guardatelo e godetevelo, ma ci piace comunque sottolineare brevemente alcune delle cose più belle e interessanti che [...]]]> Ormai il racconto a puntate sulla rivoluzione geospaziale curato dalla Penn State University sta diventando un appuntamento per noi irrinunciabile. Per il primo episodio sono intanto disponibili i sottotitoli.

Non ci sarebbe nulla da dire di più che: guardatelo e godetevelo, ma ci piace comunque sottolineare brevemente alcune delle cose più belle e interessanti che vengono mostrate in questo secondo episodio.

Capitolo 1 – “Creating an interactive City”, ovvero di come Portland sia diventata una delle città più “digitali” degli USA, con ingenti investimenti nelle tecnologie geospaziali e l’iniziativa “civicApps (se avete tempo vale la pena un suo approfondimento) con la quale i cittadini hanno la possibilità di segnalare mediante dispositivi mobili (scatta una foto, localizzala e commenta) situazioni che necessiterebbero di un intervento da parte del Comune. O ancora di come l’augmented reality consenta agli utenti del trasporto pubblico di Portland di essere costantemente aggiornati sugli orari di arrivo dei mezzi.

Nel Capitolo 2 – “Powering Business” un importante corriere afferma come sia fondamentale risparmiare anche un solo miglio di strada, per poter ottimizzare al massimo i costi. E’ per questo che hanno ingaggiato matematici e statistici per poter trovare modi e metodi per definire le rotte che ogni mezzo percorre quotidianamente. E in questo processo, ovviamente, le applicazioni GIS di tracking e routing hanno un ruolo fondamentale.

Avevamo già destato l’attenzione sul fatto che il futuro della medicina è nella geografia, e nel Capitolo 3 – “Finding a Healthy Future” viene dimostrato come l’analisi geografica dei bisogni delle persone, della loro salute e della disponibilità ad esempio di supermercati che vendano “cibi salutari” siano strettamente connesse. Senza trascurare le opportunità di sviluppo economico che l’analisi spaziale porta nella localizzazione di nuovi negozi.

Concludo con una frase di Cowen:

Nuove persone, nuove organizzazioni stanno costruendo applicazioni che non avremmo mai immaginato prima.

Applicazioni – ma soprattutto persone – che stanno crescendo in numero, e che sempre più ci stupiranno…

L'articolo Città digitali, il secondo episodio di Geospatial Revolution è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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La Geografia è il destino della Medicina http://blog.spaziogis.it/2010/01/28/la-geografia-e-il-destino-della-medicina/ http://blog.spaziogis.it/2010/01/28/la-geografia-e-il-destino-della-medicina/#comments Wed, 27 Jan 2010 23:05:32 +0000 Pietro Blu Giandonato http://blog.spaziogis.it/?p=1671 Una citazione del genere appare certamente velleitaria in un Paese come il nostro, dove la Geografia viene talmente sottovalutata e ridicolizzata da dover sparire dalle nostre scuole, relegata a materia di serie B, indegna di essere insegnata in maniera decorosa. Eppure questa è la citazione che riassume al meglio la presentazione tenuta a “TED Talks” [...]]]> Una citazione del genere appare certamente velleitaria in un Paese come il nostro, dove la Geografia viene talmente sottovalutata e ridicolizzata da dover sparire dalle nostre scuole, relegata a materia di serie B, indegna di essere insegnata in maniera decorosa.

Eppure questa è la citazione che riassume al meglio la presentazione tenuta a “TED Talks” da Bill Davenhall, coordinatore della sezione health and human services della ESRI.


Davenhall racconta di come l’esperienza di aver subito un infarto lo abbia condotto ad avere una sorta di illuminazione: è possibile che i luoghi nei quali ho vissuto nella mia vita siano in relazione con questo? Ma certo, ho detto tra me e me, pensando immediatamente all’elevata percentuale di casi di cancro e al tasso di mortalità proprio della città di Taranto, nella mia Puglia, una delle zone più inquinate d’Italia. Geography matters… even in medicine.

Il sagace Davenhall infatti ci mostra come i luoghi nei quali ha passato la maggior parte della sua vita, siano guarda caso quelli nei quali ci sono i più elevati tassi di infarto, grandi città nelle quali i livelli di particolato, monossido di carbonio, ozono sono piuttosto elevati.

Ma cos’ha di così illuminante questo discorso? In effetti, sembra davvero banale affermare che le grandi città siano “pericolose” per la salute. In realtà Davenhall sottolinea come nessun medico, tra le tante domande volte a fare l’anamnesi di una malattia, chieda “ma lei, dove ha vissuto negli ultimi anni?”. Insomma la geografia delle nostre vite può dire davvero molto riguardo la nostra salute.

Concetti questi che sono alla base dell’epidemiologia geografica. Gli epidemiologi da molto tempo in effetti hanno compreso che studiare spazialmente la diffusione di malattie e di fenomeni ad esse collegati è di fondamentale importanza. Ho cercato in giro, e la solita Regione Emilia Romagna ha realizzato un Atlante di epidemiologia geografica, un gran bel lavoro che farebbe divertire parecchio quelli che, come noi, vedono mappe ovunque e hanno un irrefrenabile impulso a “mettere in mappa” qualunque tabella con nomi geografici.

Insomma, dopo l’eresia dell’eugenetica, prima o poi ci troveremo a parlare sempre più di geomedicina? Ovvero sempre di una medicina su misura, ma che tenga conto dei luoghi della nostra vita? Peccato che un’ora di geografia in questo Paese che fu di santi, poeti e navigatori, non valga quanto un’ora di religione. O pure due di educazione fisica…

Ma anche di questo parleremo presto…

L'articolo La Geografia è il destino della Medicina è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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E pur si muove! http://blog.spaziogis.it/2009/11/05/e-pur-si-muove/ http://blog.spaziogis.it/2009/11/05/e-pur-si-muove/#comments Thu, 05 Nov 2009 22:39:29 +0000 Sergio Farruggia http://blog.spaziogis.it/?p=1371 Il resoconto sulla conferenza GSDI mirava alla condivisione di alcune impressioni sul mondo della IG internazionale e anche di qualche riflessione rispetto al contesto nazionale. Rileggendolo prima di pubblicarlo, mi scappò un: “Non male!”. Così nacque il titolo di quel post. “Proprio non male!” mi viene da commentare, rileggendo quest’altro. Lo scorso 16 ottobre ho [...]]]> Il resoconto sulla conferenza GSDI mirava alla condivisione di alcune impressioni sul mondo della IG internazionale e anche di qualche riflessione rispetto al contesto nazionale. Rileggendolo prima di pubblicarlo, mi scappò un: “Non male!”. Così nacque il titolo di quel post. “Proprio non male!” mi viene da commentare, rileggendo quest’altro.

Lo scorso 16 ottobre ho trascorso la giornata all’Infrastructure Telematics & Navigation. Tutte le informazioni riguardanti questo evento si possono leggere sul sito ufficiale, qui.

Se siete rimasti incuriositi e siete ritornati a leggere queste righe dopo aver “sbirciato” le pagine dell’ITN, suppongo che sarete stati colpiti dal numero di enti, aziende e associazioni che hanno contribuito all’organizzazione e hanno partecipato a questo evento. Se avrete avuto poi la pazienza e la curiosità di consultare il programma delle conferenze, workshop informativi e seminari avrete forse provato a fare una cernita delle sessioni alle quali vi avrebbe fatto piacere assistere. Un programma veramente ricco di argomenti che hanno a che fare con le cose che ci piacciono TANTO! Purtroppo, ahimè, io vi posso solo riportare i contenuti di due workshop. Spero che resoconti più esaustivi siano disponibili sulla rivista GEOMEDIA (il cui direttore ha moderato il workshopGIS & MAPPING pro Mobility & Infrastructures”) e naturalmente, sulle pagine web degli organizzatori, INFRASTRUCTURA Torino e TELEMOBILITY Forum, e su altri portali di settore.

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In mattinata ho seguito il workshop “Portable Navigation Device – Soluzioni e Servizi”. Il compito di introdurre il tema, fornire argomenti e riflessioni rispetto a quest’area di tecnologie e business emergenti è stato svolto da Massimo Giordani. Giordani crede fermamente nei valori positivi del cambiamento epocale che stiamo vivendo, è un attento osservatore dell’evoluzione della Rete e della convergenza digitale; per primo ha introdotto il concetto di ecosistema digitale. Nel suo breve ma efficace intervento, partendo da una rapida puntualizzazione sul valore di una rete (sviluppata richiamando i diversi modelli di rete: lineare, tipica del broadcasting, quadratica, riferibile per esempio al p2p ed esponenziale, quella, per intenderci, dei social network) e sul trend di crescita del numero di abitanti del pianeta connessi ai diversi network (mobile, internet, internet “veloce”, internet su mobile, …), ha posto l’accento sulla necessità di focalizzare l’attenzione sulla convergenza cognitiva; ovvero, senza trascurare quella di tipo tecnologico (inarrestabile), considerare e favorire soluzioni che ci accompagnino verso un diverso modo di imparare ad accedere alla rete e di relazionarci con le altre persone. Riprendendo un esempio citato dal relatore: siamo pronti culturalmente per interagire con questo? Questa convergenza avverrà in tempi brevi oppure occorreranno generazioni perché si concretizzi? Sollecitato da una domanda del pubblico, Giordani ci ha tranquillizzato: anche se passeranno forse decenni e saranno necessarie ulteriori evoluzioni tecnologiche prima che i comportamenti simbiotici con le tecnologie digitali siano ampiamente diffusi, la durata del processo non deve influenzarci negativamente. E’ invece importante che ci si adoperi fin d’ora rispetto alla convergenza cognitiva, per cogliere cammin facendo i vantaggi che quella digitale può offrire.

Andrea Recanatini, di Telematic Solutions SpA, ha illustrato le caratteristiche di un device per la navigazione, la tracciabilità e la sicurezza personale denominato Smart Street. Sostanzialmente il dispositivo è un navigatore su cui sono state integrate le funzionalità di un altro prodotto dell’azienda, con il quale, in caso di emergenza, premendo un pulsante si può richiedere soccorso in automatico. Potrebbe però accadere che la convergenza tra Mobile e Navigatori risulti più rapida di quanto preventivato dagli esperti marketing dell’azienda. Un’osservazione al riguardo è stata espressa da una giovane ascoltatrice. Secondo Recanatini, le analisi di prodotto e di mercato effettuate, escludono tale rischio ancora per diversi anni. Anche se la soluzione tecnologica è in parte differente, la presentazione alla quale ho assistito mi ha ricordato un demo visto in rete qualche anno fa: in veste di padre, che si ritiene al riparo da ansie nocive, mi aveva fatto sorridere. L’ho ricercato: qui una versione ovviamente rinnovata.

L’assessore al turismo del Comune di Vaiano ci ha accompagnato per i sentieri della Calvana. Non sapete dov’è? Nemmeno io fino all’altro giorno. Se ci capiterà di passare dalle parti di Prato, una digressione verso questo crinale, che fa da confine naturale con la provincia di Firenze, potrà essere motivo di sorprese e soddisfazioni. In questo caso sarà bene procurarsi la carta dei percorsi e la pubblicazione associata, redatte grazie alla collaborazione attiva degli abitanti della zona, di varie associazioni, sotto la regia della Provincia di Prato, che promuove e coordina il progetto “Le mappe dei cittadini”. Al termine, l’uditorio ha manifestato di apprezzare l’esempio di questa pubblica amministrazione nell’utilizzo dei PDN per costruire mappe “dal basso”. Perché, come leggo nel sito, aiutano a preservare la memoria storica e culturale di un luogo, favoriscono la promozione del territorio dal punto di vista turistico, agevolano il lavoro degli amministratori e, non ultimo, sono occasione di aggregazione della collettività.

Tutt’altra atmosfera ha accolto alla ripresa dei lavori, dopo la consueta pausa del coffee-break, il mio rientro in sala. Irene Celino, ricercatrice del CEFRIEL, mi ha accompagnato lungo i sentieri dell’Urban Computing, ovvero -ha spiegato la ricercatrice- quella branca del Pervasive Computing applicata al contesto urbano. Quindi lo studio dell’interazione uomo-macchina, dove qui per macchina va inteso un innumerevole insieme di apparati digitali, interconnessi in rete e distribuiti nell’ambiente, spesso nascosti alla vista perché immersi all’interno di ogni tipo di oggetto. Sto entrando in un campo irto di ostacoli per me, ma Celino mi è venuta in soccorso “virtuale”: ha pubblicato le slide proiettate durante la sua presentazione qui. Spero di avervi incuriosito, e vi lascio scorrere le immagini una ad una. Arriverete come è capitato a me alla slide n° 22 in cui viene illustrato il case study a cui stanno lavorando al CEFRIEL: mi trovo a Milano, vorrei acquisire informazioni per esempio sui monumenti che potrei visitare e anche su eventi a cui vorrei partecipare, e come raggiungerli. Oggi, per acquisire queste indicazioni devo consultare fonti diverse, direi che è l’operazione che faccio normalmente, però seduto davanti al laptop connesso in rete, con penna e foglio di carta per annotarmi orari, percorsi, indirizzi, saltando da un sito all’altro.

L’esempio è certamente una rappresentazione semplicistica di un contesto urbano e di un’esigenza personale, ma non dobbiamo dimenticare che di attività di ricerca si tratta. Infatti l’obiettivo della sperimentazione è quello di testare e migliorare l’architettura progettata in LARKC, piattaforma che consente di rispondere a interrogazioni in linguaggio SPARQL, inviando sia richieste a fonti Semantic Web (come Sindice e Dbpedia), sia a servizi Web2.0 (come Eventful), processando i dati per poi restituire le informazioni utili all’applicazione client che le visualizza sulla mappa di Milano. Mi è sembrato un esempio intrigante, assai vicino al connubio convergenza digitale-cognitiva. L’ambito dell’Urban Computing infatti coniuga argomenti di ricerca prettamente tecnici e temi di studio rivolti a immaginare e comprendere come potrà svilupparsi la nostra vita sociale, come potrà svolgersi la nostra giornata nella “città digitale”.

Un altro progetto di ricerca (come il precedente, co-finanziato nell’ambito del VII Programma Quadro) di cui sarà importante seguire gli sviluppi è Ima Geo. Il consorzio, per l’Italia è presente Neos s.r.l., intende sfruttare la convergenza tra mobile, camera, web (con attenzione al web2.0) per realizzare servizi sia per il turista, sia per la valorizzazione dei beni culturali. Il progetto è stato illustrato da Giovanni Giovinazzo, ricercatore di un’altra azienda del consorzio, la tedesca IN2: facendo riferimento a scenari e use case, ha impressionato l’uditorio mostrando come in un prossimo futuro, grazie alle tecnologie GNSS, le immagini geo-localizzate e geo-orientate catturate con i nostri PDA potranno essere arricchite con altre riprese e contenuti acquisite dalla rete. Non solo, ognuno di noi potrà arricchire le scene così integrate con proprie informazioni e conoscenze, stimolando la comunicazione e la condivisione di esperienze tra compagni di viaggio virtuali.

Sarà interessante e utile favorire anche l’osmosi tra questo contesto di ricerca, quello del governo delle città e -non meno importante- la pluralità dei cittadini. Solo dal dialogo, dal confronto è possibile dare concretezza alle sperimentazioni, dare un pizzico di creatività alla burocrazia, liberare la fantasia dei cittadini.

Gli interventi successivi ed anche quelli della sessione “Navigation & Tourism” a cui ho partecipato nel pomeriggio mi hanno permesso di acquisire un quadro abbastanza articolato di quante possibilità la convergenza digitale offra già oggi in questo settore, in termini sia di prodotti che di servizi. E quanto siano importanti approcci creativi e attitudine all’innovazione per cogliere le opportunità imprenditoriali e trasformarle in occasioni di business. Questa riflessione potrà sembrare ingenua al lettore già attento e addentro a questo segmento del mercato dell’Informazione Geografica, quindi informato sulle ormai numerose esperienze che studiosi, ricercatori, imprenditori e semplici appassionati stanno creando grazie alla Rete, nella Rete, per la Rete. E’ vero: dichiaro subito che condividerò totalmente questo giudizio. E aggiungo -facendo autocritica- che nel tempo che dedico al surfing finora è stato più facile che sia stato colpito da esperienze straniere, come questa “Rebuilding a City through Community, Neogeography, and GIS“ piuttosto che stimolato a cercare di approfondire lo stato dell’arte in ambito nazionale. Sono forse vittima di una barriera, di un solco che si è creato tra comunità dell’Informazione Geografica? Ormai da diversi anni il call for paper della conferenza annuale ASITA propone agli autori temi quali Web2.0, ubiquitous GI, Location Based Services, ecc.. Ma il numero di contributi inviati su questi argomenti sono raramente sufficienti per consentire di inserire nel programma della conferenza qualche sessione al riguardo. Penso che se avrò ancora l’opportunità di partecipare alla sua organizzazione (ormai l’edizione del 2009 è alle porte) mi adopererò perché questo solco sia colmato.

Per tornare al resoconto della giornata torinese, posso citare un esempio che mi ha intrigato molto perché è stato introdotto con questa premessa: “Siamo un gruppo di appassionati di sport all’aria aperta. Usiamo gps, navigatori ecc., ecc., per organizzare i nostri viaggi, le nostre gite: abbiamo pensato che quanto andavamo raccogliendo e le esperienze che stavamo facendo potessero anche essere alla base di un’attività professionale”. Insomma, sintetizzando: hobby web2.0-geoweb-mobile-gps professione GIScover hobby. E’ seguito il racconto di un’esperienza fatta da alcune scolaresche di Riva del Garda, alla scoperta della loro città (qui, le slide della presentazione).

Ma l’attività di questi professionisti non è rimasta legata all’ambito del contesto ludico e formativo: il fondatore di GIScover, Massimo Nicolodi, proprio all’interno della sessione “Navigation & Tourism” ha presentato i contenuti di una collaborazione con Ataf, l’azienda di trasporto pubblico dell’area metropolitana fiorentina. Potete leggere i contenuti salienti del progetto illustrato qui.

Un altro esempio di iniziativa sorta da una passione dei suoi fondatori è eGuides, con sede nel Monferrato. Anche in questo caso, infatti, come ho potuto ascoltare da Massimo Colognesi, direttore tecnico dell’azienda, lo spunto è scaturito dalla competenza acquisita nell’ambito di attività legate al tempo libero, partendo da un progetto per far conoscere al turista le bellezze, anche nascoste, di questa parte d’Italia. Mi ha incuriosito l’aspetto marketing dell’iniziativa, come vengono promossi i loro prodotti sia in rete, grazie alle sinergie con quest’altra iniziativa, attraverso la presenza di link su siti turistici, come questo , sia attraverso reti fisiche, quali -appunto- i distributori ESSO o presso gli hotel, i ristoranti e altre strutture ricettive. Infine, voglio segnalare la possibilità offerta ai professionisti che operano nel settore dello sviluppo applicazioni e siti web, di diventare sviluppatori “eGuides” autonomi, grazie ad un modulo software disponibile su licenza.

Infine, sempre in tema di prodotti innovativi, vorrei ricordare quest’ultima iniziativa “di casa mia”. Si tratta di ELIOS, spin-off del Dipartimento di Ingegneria Biofisica ed Elettronica (DIBE) dell’Università di Genova. Massimiliano Marangone, ci ha illustrato un’applicazione multimediale mobile per l’orientamento dei non vedenti all’interno di un percorso turistico (per esempio un museo). Grazie all’impiego di sensori RFID, PDA ed allo studio delle esigenze e dei comportamenti delle persone non vedenti, l’equipe genovese ha realizzato strumenti in grado di rendere a loro accessibili spazi altrimenti inavvicinabili. Ha detto Marangone: “La soddisfazione maggiore è stata quella di avere ascoltato dalla viva voce di una ragazzina la gioia per essere stata per la prima volta lei, sempre accompagnata dalla mamma, la guida dei suoi genitori lungo il percorso museale di una villa”.

Altri interventi mi hanno invece aiutato a capire, o meglio, a intuire cosa si cela dietro il richiamo di Giordani sull’importanza di accompagnare la convergenza digitale con la convergenza cognitiva. Già mi è difficile “stare al passo” per imparare ad utilizzare nuovi dispositivi! Sarà per me veramente una sfida acquisire consapevolezza su come questi possano influire sui miei comportamenti, sui modi di vivere la realtà quotidiana, di vivere i rapporti sociali. Può aiutarmi, aiutarci, seguire esperienze come quella raccontata da Alessandro Brella, presidente di IZMO. La sfida che questa associazione culturale torinese persegue, riguarda l’applicazione di queste tecnologie per favorire i rapporti tra gli abitanti e il quartiere, la fruizione degli spazi, le relazioni sociali. In particolare, Brella ha illustrato i dati salienti dell’iniziativa INSITO, una metodologia integrata volta alla costruzione sociale e partecipativa di una conoscenza territoriale, promossa e sperimentata proprio nel quartiere di Torino ove l’associazione ha sede. Un mix di esperimenti di deriva urbana, interviste a staffetta, cartografia partecipata (come dire “psicogeografia”) e focus groups. A me, “web-provincialotto” incallito è venuta alla memoria quest’altro progetto (MIT, 2006): REAL TIME ROME. Ma sono stato immediatamente punito, e mi sta bene! Ricordavo bene, il direttore del SENSEable City Lab’s è un italiano, Carlo Ratti, laureato al Politecnico di … Torino.

Insito, cartografia partecipata

Mentre un olandese che vive e opera -ma ha più senso fare riferimento al luogo fisico?- a Torino è Mark Vanderbeeken. Ha raccontato con brio come sia possibile fruire di tutte le tecnologie interattive disponibili (tagging RFID, telefoni cellulari, Internet, display di grandi dimensioni ecc) per pianificare un viaggio in treno: dalla pianificazione dell’itinerario, all’acquisto del biglietto, alla gestione dei ritardi (sic!). Ci ha fatto intendere come tutte queste “diavolerie” possono aiutare e gestire in maniera dinamica e tempestiva le informazioni. Soprattutto ci ha introdotto su come sia possibile e gratificante procedere ponendosi dalla parte del viaggiatore: analizzando diversi tipi di esigenze di viaggio, differenti momenti (a casa, nel percorso verso la stazione, in carrozza, in attesa di una coincidenza, …). Ho usato il treno per partecipare all’ITN, come dire… avrei voluto TANTO! Ho appreso anche una lezione di umiltà quando è stato chiesto a più voci: “Il cliente ha acquisito i risultati delle vostre analisi, le soluzioni prospettate?”. Ha evidenziato i limiti oggettivi e soggettivi che hanno impedito il passaggio ad una fase esecutiva.

Non posso concludere questo resoconto, senza riportare qualche scheggia della relazione svolta da Germano Paini, studioso del web2.0 ma anche imprenditore del settore. Ci può aiutare a trovare degli argomenti, degli spunti, forse un filo di Arianna, per non perderci nel labirinto della rete. E’ vero, come ha detto nel suo intervento, che nella rete tutto è “iper”, sovrabbondante, incontrollabile. Ma tutto è anche approssimativo, disperso, scoordinato, spesso molto poco pertinente. Però, osserva, quando abbiamo bisogno di informazioni e di conoscenze noi cerchiamo “pertinenza”, cioè desideriamo che la conoscenza sia adeguata, mirata, corrispondente. Paini ha introdotto il concetto di “iper-pertinenza”, per significare la sintesi tra una conoscenza adeguata alle nostre esigenze e l’iperbolicità della rete, ottenuta esaltando le connessioni ed i legami. L’iper-pertinenza, allora, offre le metodologie e gli strumenti per costruire conoscenze ricche ma non dispersive, mirate ma coordinate, focalizzate ma plurali, consolidate ma aperte. La sua presentazione si è focalizzata su come possono essere utilizzati i qr-code associati ai manifesti pubblicitari, “catturati” attraverso una foto effettuata con un dispositivo connesso in rete e quindi utilizzato per la scelta di contenuti pertinenti, per inviare commenti fino ad innescare un processo di viral marketing. Approfondirò l’argomento, magari aiutandomi (e facendomi aiutare) da ThinkTag.

Mi sto allontanando dalla Geographic Information? No, non penso. E’ che “la geografia evade dai suoi confini ed invade il quotidiano”. Non è vero amici di TANTO? Attendiamo quindi ansiosi nuovi stimoli dal GISDay 2009 di Palermo.

L'articolo E pur si muove! è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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http://blog.spaziogis.it/2009/11/05/e-pur-si-muove/feed/ 11 44.397522 8.968055 sergio_esm1 Insito, cartografia partecipata
Raccontare la rivoluzione geospaziale… http://blog.spaziogis.it/2009/05/11/raccontare-la-rivoluzione-geospaziale/ http://blog.spaziogis.it/2009/05/11/raccontare-la-rivoluzione-geospaziale/#comments Mon, 11 May 2009 10:23:28 +0000 Pietro Blu Giandonato http://blog.spaziogis.it/?p=826 Ci provano a farlo quelli della Penn State University con Geospatial Revolution Project. Si tratta di un ambizioso progetto con il quale diffondere la consapevolezza della coscienza geografica in un mondo nel quale ormai (quasi) tutti sanno cosa siano Google Earth e Streetview. Utilizzare uno strumento abitualmente, infatti, non implica sempre conoscere cosa ci sia [...]]]>

Ci provano a farlo quelli della Penn State University con Geospatial Revolution Project.

Si tratta di un ambizioso progetto con il quale diffondere la consapevolezza della coscienza geografica in un mondo nel quale ormai (quasi) tutti sanno cosa siano Google Earth e Streetview.

Utilizzare uno strumento abitualmente, infatti, non implica sempre conoscere cosa ci sia dietro, dalla tecnologia alle persone, ed essere consapevoli di ciò che si fa – come spesso amiamo dire qui su TANTO – è molto più entusiasmante di farlo e basta.

Il progetto – totalmente web-based – prevede la produzione di otto episodi video, ciascuno dei quali racconterà una storia al centro della quale c’è la geografia e gli strumenti di esplorazione del territorio. Si tratta di storie che hanno un filo rosso in comune, e che culmineranno nella realizzazione di un documentario di 60 minuti.

Il video di presentazione del progetto è già di per sé entusiasmante, raccontando di come satelliti, strumenti e tecnologie geospaziali influenzino ormai ogni fondamentale attività umana. Dalle deprecabili guerre, che hanno sempre bisogno di dati spaziali aggiornati e dettagliati, alla violazione dei diritti umani, alle questioni ambientali, alle attività di emergenza e soccorso. Il terremoto abruzzese ha lanciato alla ribalta il concetto di interferometria SAR – molte fonti ne danno notizia – e lo stesso PCN ha messo a disposizione ortofoto recenti delle zone colpite.

Come la stessa PSU afferma:

Gli utilizzi fondamentali di queste tecnologie richiedono una educazione del pubblico, volta alla comprensione sia delle applicazioni stesse che delle questioni relative alla privacy e alla sicurezza che esse sollevano.

Non rimane che attendere i primi video realizzati, ne daremo notizia sempre su questo schermo.

Vorrei in conclusione fare qualche piccolo appunto riguardo la nostra situazione, quella italiana intendo. Mentre altrove si spendono risorse per mettere su iniziative volte alla disseminazione della consapevolezza, qui da noi si lascia che importanti pezzi della scienza geografica lentamente muoiano, come è il caso dell’Istituto Geografico De Agostini, o dello stesso IGMI, colpevoli secondo alcuni di non essere riusciti a stare al passo con la tecnologia.

Certo, magari in quelle realtà devono fare i conti con una scarsa lungimiranza, con il fatto che ormai più nessuno compra una carta stradale per 10 euro ma preferisce spenderne 200 per un navigatore GPS, ma la questione è sempre la stessa: la gente non sa, non si chiede cosa c’è dietro una mappa, che sia cartacea o digitale.

The location of anything is becoming everything…


L'articolo Raccontare la rivoluzione geospaziale… è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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Ancora un paio di guide, anzi non proprio… http://blog.spaziogis.it/2009/04/13/ancora-un-paio-di-guide-anzi-non-proprio/ http://blog.spaziogis.it/2009/04/13/ancora-un-paio-di-guide-anzi-non-proprio/#comments Mon, 13 Apr 2009 15:19:03 +0000 Pietro Blu Giandonato http://blog.spaziogis.it/?p=813 Dopo la guida di MapAction, vi segnalo l’ottimo post su Making Maps riguardante la neogeography al servizio dello advocacy, ovvero il processo di intervenire su questioni di interesse comune al fine di esercitare una pubblica influenza riguardante ideologie o per conto di gruppi di persone. Stiamo parlando di “nobili” fini, of course… non certo interessi [...]]]> Advocacy Mapping

Dopo la guida di MapAction, vi segnalo l’ottimo post su Making Maps riguardante la neogeography al servizio dello advocacy, ovvero il processo di intervenire su questioni di interesse comune al fine di esercitare una pubblica influenza riguardante ideologie o per conto di gruppi di persone. Stiamo parlando di “nobili” fini, of course… non certo interessi privati.

Si tratta di due brevi pubblicazioni edite da Tactical Technology Collective:

  • Visualizing Information for Advocacy: an Introduction to Information Design, scaricabile qui
  • Maps for Advocacy: An Introduction to Geographic Mapping Techniques, scaricabile qui.

Consiglio vivamente di leggere il bel post su Making Maps, non voglio dunque aggiungere molto altro se non che le due pubblicazioni non hanno affatto un taglio da “guide” nel senso proprio del termine. La prima è piuttosto un bel lavoro sulla “information design”, mentre la seconda porta diversi esempi nella realizzazione di applicazioni cartografiche e relativi strumenti utilizzati.

Non trascurate poi di dare un’occhiata alle “related resources” del post… molto illuminanti.

L'articolo Ancora un paio di guide, anzi non proprio… è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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http://blog.spaziogis.it/2009/04/13/ancora-un-paio-di-guide-anzi-non-proprio/feed/ 1 Advocacy Mapping
Where 2.0: è davvero cosi’ distante da qui? http://blog.spaziogis.it/2008/10/24/where-20-davvero-cosi-distante-da-qui/ http://blog.spaziogis.it/2008/10/24/where-20-davvero-cosi-distante-da-qui/#comments Fri, 24 Oct 2008 12:41:58 +0000 Pietro Blu Giandonato http://blog.spaziogis.it/2008/10/24/where-20-davvero-cosi-distante-da-qui/ Non so quanti di voi abbiano seguito i lavori della O’Reilly Where 2.0 Conference di quest’anno, anche solo virtualmente attraverso i video delle presentazioni. Andrea ne aveva già richiamato l’attenzione in un suo precedente post. Chiunque abbia avuto la fortuna di essere là, avrà respirato aria frizzante, e magari si sara’ chiesto come mai tra [...]]]> Non so quanti di voi abbiano seguito i lavori della O’Reilly Where 2.0 Conference di quest’anno, anche solo virtualmente attraverso i video delle presentazioni. Andrea ne aveva già richiamato l’attenzione in un suo precedente post. Chiunque abbia avuto la fortuna di essere là, avrà respirato aria frizzante, e magari si sara’ chiesto come mai tra i relatori ci fossero figure professionali mosse da filosofie e intenti tanto diverse: società private, ricercatori e professionisti del GeoWeb. Cosa mai si saranno detti? Perché uno sviluppatore di software open-source avrebbe dovuto accettare di parlare dopo un esponente di ESRI o Google? A giudicare dalle presentazioni che mi è capitato di vedere in video streaming, sono domande fuori luogo.

Ciò che mi ha colpito profondamente è invece la grande visionarietà degli interventi. Ognuno di loro era lì per raccontare il proprio sogno, nella convinzione che l’idea della quale avrebbe parlato, avrebbe portato una rivoluzione. Detta così sembra una boutade. E invece no. Si tratta di gente che sa quel che dice.

Di recente A. Turner e B. Forrest hanno scritto Where 2.0: The State of the Geospatial Web, un report che tenta di tirare le somme di quelle giornate. Impresa davvero titanica, e loro ne sono consapevoli. E per questo hanno voluto concentrare la loro attenzione su alcuni concetti chiave venuti fuori dai lavori della conferenza. Il documento è costituito da due parti, nella prima c’è la ciccia, mentre la seconda è una sorta di Pagine Gialle, con un profilo delle aziende e dei soggetti operanti nel settore. I due autori hanno messo a disposizione solo un estratto, le prime 15 pagine, sufficienti comunque a farsi un’idea di quali siano i trend che di qui a qualche anno diverranno il fulcro di tutta la partita che si giocherà attorno al GeoWeb. Io personalmente ho letto solo l’estratto, perchè francamente non mi andava proprio di spendere $400 per acquistare le restanti 40 pagine del report. Comunque, mi piacerebbe discutere di questi trend proprio qui, sia “saccheggiando” che commentando il documento, nella convinzione che siano di interesse per chi cerca di vivere delle cose che ci piacciono TANTO.

Innanzitutto, è importante soffermarsi su un nuovo paradigma sul quale poggiano queste riflessioni, ovvero proprio “Where 2.0“. Alla O’Reilly si riferiscono con questo termine all’emergente Geospatial Web, con un palese riferimento al Web 2.0: internet come piattaforma anche per le applicazioni geografiche. Nel Web 2.0 i dati sono diventati servizi, non più il software. Servizi che letteralmente diventano migliori quanto piu’ vengono utilizzati.

Il futuro sistema operativo, basato su internet, dovrà essere dotato di sottosistemi capaci di attingere a numerose e svariate fonti di dati, e di mescolarle. Questi dati saranno con il tempo quelli piu’ aggiornati, sia da soggetti commerciali che dalle community di volontari e appassionati. Tra questi sottosistemi, il GeoWeb è forse quello maggiormente sviluppato, perché è “multiplayer” e “multilayer”; un melange ricco di dati, servizi e opportunità. Uno dei concetti chiave che è possibile imparare dal GeoWeb, è come i suoi sottosistemi di dati si propongano come mercati aperti quando esiste un substrato, solido e standardizzato, sul quale altri dati possano essere sovrapposti.

Ad esempio il fenomeno dei mashup si è diffuso da quando è stato “hackerato” il sistema di implementazione dei dati di Google Maps. Big G, lungimirante, ha poi immediatamente rilasciato le proprie API aperte (a proposito, qualcuno di voi ha ricevuto la stizzita email del PCN sul “saccheggio” delle ortofoto?). Da quel momento le innumerevoli applicazioni basate su quelle API proliferano in maniera vertiginosa giorno dopo giorno.

E allora? E allora il GeoWeb non può fare a meno di soggetti – privati, pubblici e “open” – capaci di fornire software, dati e IT – ma soprattutto idee e progetti – che per la natura intrinseca del GeoWeb, hanno grandi potenzialità di integrazione tra essi. La sfida per tutti noi che siamo in ballo è dunque quella di trovare la propria dimensione, la propria vocazione nella grande entropia del GeoWeb: sarà la capacità di leggere i trend verso i quali questo complesso universo si muove, che ci permetterà di lavorare al meglio, senza mai sentirsi indietro anni luce rispetto agli altri. La Geografia sarà sempre libera.

Qui di seguito vengono brevemente riportati proprio i trend più interessanti per il GeoWeb – presenti nel report – intesi soprattutto come opportunità per chi opera a vario titolo nel settore. Appare immediata l’enorme dinamicità di alcuni progetti già maturi, come pure le grandi potenzialità di altri ancora in embrione. Colpisce davvero molto proprio questa grande entropia che caratterizza il GeoWeb e tutto ciò che gli ruota intorno.

Merging data colllection with data maintenance.

Nokia ha acquisito la Navteq e TomTom la Tele Atlas; ciò fa capire come i geodati di base – in questo caso i grafi stradali – siano una risorsa fondamentale per applicazioni di geolocation e PND. I costi di manutenzione e aggiornamento di tali dati sono però elevatissimi. E allora sono state messe a punto tecnologie di aggiornamento di tipo attivo e passivo, entrambe coinvolgono gli stessi utilizzatori dei sistemi. TomTom, con MapShare consente agli utenti di segnalare errori nella viabilità, mentre Dash Navigation monitora continuamente i viaggi degli utenti – alla faccia della privacy! – in tal modo statisticamente puo’ individuare i cambiamenti nella viabilità e gli errori nei dati.

Open Data

Il valore propositivo dei dati aperti è il medesimo del software open source: individui e società commerciali contribuiscono al mantenimento del grosso dei dati, cosicché tutti possano beneficiarne. I dati vengono forniti in formati aperti e licenze non proprietarie. Uno dei migliori esempi di progetto che si basa sulla disponibilità di dati aperti e pubblici è GeoNames, che ha costruito un database con i nomi delle località provenienti da fonti di dati pubbliche. Purtroppo l’appetito vien mangiando, e GeoNames sta progressivamente riducendo l’accesso gratuito ai propri servizi, richiestissimi, comunque ampiamente sufficienti alle esigenze dei più.

User generated geospatial information.

Analogamente all’aggiornamento e manutenzione dei dati esistenti di cui s’è parlato prima, gli utilizzatori del GeoWeb possono diventare creatori di nuovi geodati sia in modo passivo che attivo. Al primo caso possiamo ascrivere il servizio di geotagging di foto e video di Flickr. Gli utenti, geoposizionando le proprie foto,  e vi associano anche dei tag che quasi sempre sono almeno il nome del luogo. In questo modo si viene a creare un grande database di nomi di luoghi (toponimi?) che puo’ avere un dettaglio anche maggiore dei prodotti “ufficiali”. Un esempio invece di creazione di geodati totalmente nuovi in maniera aperta e comunitaria è il maiuscolo OpenStreetMap. Una sintesi fantastica delle due cose è questa: un’interfaccia di webmapping con alcune foto di Flickr scattate a Pechino, e OpenStreetMap come base cartografica. L’esempio ci fa capire come sia facile mescolare fonti e tecnologie, ma soprattutto quanto siano efficaci progetti aperti di questo tipo (qui per saperne di più). Un progetto molto simile, che integra basi di conoscenze differenti (logs GPS, foto geotaggate) – certamente conosciuto dagli escursionisti non “tecnolesi” – è EveryTrail, grazie al quale è possibile scaricare percorsi trekking con tanto di foto. Ovviamente si tratta di un progetto alimentato in maniera volontaria, su formati di dati aperti (stavolta GPX).

Open*.org

Ma OpenStreetMap è anche di più. Il progetto si è ormai espanso, oltre che come quantità e qualità dei dati anche come tipologia, ed ora oltre a quelli stradali si possono trovare anche dati sull’uso del suolo e addirittura imagery raster, grazie al progetto parallelo OpenAerialMap. Progetti di questo tipo, alimentati in maniera volontaria, basati su OS e con dati non coperti da copyright, hanno fatto comprendere ad alcuni soggetti privati del settore che possono essere una risorsa, anzichè concorrenti. La Automotive Navigation Data, società olandese di PND, ha infatti donato gratuitamente a OSM la propria copertura di dati per l’Olanda e la Cina, la contropartita è ovviamente quella di utilizzare i dai OSM da parte di AND. Innegabili sono infatti le potenzialità di dati liberi generati da comunità di utenti, contro quelli proprietari generati da società private. Un esempio ne è la copertura stradale di Khartoum del progetto OSM (qui) contro quella di Google Maps, con dati NAVTEQ (qui).

L’importanza di essere aperto

Ed è cambiato anche il paradigma legato ai dati con formati aperti e liberi di essere usati. Sebbene qui in Italia sia ancora controversa e difficile la situazione su libero utilizzo e libera distribuzione dei dati detenuti da soggetti pubblici (enti locali, università, ecc), a livello globale l’emergere e affermarsi di standard come KML e GeoRSS obbliga di fatto tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nel GeoWeb a concentrarsi ancora una volta sulla ricchezza dei dati e l’architettura dei servizi, piuttosto che sulle scelte tecnologiche e di sviluppo delle applicazioni per poterli usare. Il risultato che ne deriva è una base di conoscenze costruita in maniera condivisa e spontanea, costituita da informazioni non strettamente spaziali, ma che possiedono un valore geografico. Ecco che le foto di Flickr ormai da tempo possono essere geotaggate, come pure i video di Youtube, ed ovviamente essere esportati in KML per venire utilizzati in qualunque applicazione. Un paio di settori in forte espansione sono infatti quello relativo alla conversione di dati da formati proprietari ad aperti – che per le grandi organizzazioni non è uno scherzo affrontare – e il geotagging di documenti e contenuti di qualunque genere, per renderli pronti ad essere utilizzabili nel grande mondo del GeoWeb, in continua, incessante ed inesorabile espansione.

Concludo queste considerazioni sul GeoWeb – fortemente ispirate dal report O’Reilly – ringraziando Andrea, sempre prodigo di consigli e suggerimenti, che mi ha segnalato una delle sue prodigiose scoperte: la presentazione Beyond Google Maps che Mapufacture/Geocommons hanno tenuto al Future of Web Applications FOWA 2008 a Londra. Riesce a sintetizzare con poche parole e molte immagini i concetti dei quali abbiamo discusso qui, dipingendo un futuro davvero entusiasmante per il GeoWeb. Futuro che – in realtà – è già presente…

Godetevela qua sotto, e naturalmente date un’occhiata al report di O’Reilly.

Ultim’ora: Andrea mi segnala che stasera 24 ottobre, alle 18:00 ora italiana, Andrew Turner terrà il webcast “Trends and Technologies in Where 2.0″, assolutamente da non perdere, iscrivetevi, ci vediamo là!

L'articolo Where 2.0: è davvero cosi’ distante da qui? è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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FOSS4G 2008: la prima presentazione (per me) http://blog.spaziogis.it/2008/09/30/foss4g-2008-la-prima-presentazione-per-me/ http://blog.spaziogis.it/2008/09/30/foss4g-2008-la-prima-presentazione-per-me/#comments Tue, 30 Sep 2008 13:15:01 +0000 Andrea Borruso http://blog.spaziogis.it/?p=490 Da ieri a Città del Capo è iniziata la conferenza annuale sul software geospaziale free ed opensource: FOSS4G 2008. La ricchezza delle presentazioni è a mio avviso da sempre molto alta, e non vedo l’ora che siano rese pubbliche quelle di quest’anno anche per noi umili mortali. Questa è la prima che vedo online e [...]]]> Da ieri a Città del Capo è iniziata la conferenza annuale sul software geospaziale free ed opensource: FOSS4G 2008.

La ricchezza delle presentazioni è a mio avviso da sempre molto alta, e non vedo l’ora che siano rese pubbliche quelle di quest’anno anche per noi umili mortali.

Questa è la prima che vedo online e ve la consiglio. Il titolo è “Rebuilding a City through Community Participation, Neogeography and GIS”. E’ un esempio di neogeografia applicata, che mostra che questa non è soltanto qualcosa da “escursionista tecnologico della domenica”, ma molto di più.

Il concetto più “forte” è l’impotanza del mantenimento del dato, al variare delle situazioni ambientali. Buona lettura.

L'articolo FOSS4G 2008: la prima presentazione (per me) è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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Il cartografo dei nostri tempi http://blog.spaziogis.it/2008/03/11/il-cartografo-dei-nostri-tempi/ http://blog.spaziogis.it/2008/03/11/il-cartografo-dei-nostri-tempi/#comments Mon, 10 Mar 2008 23:16:34 +0000 Andrea Borruso http://blog.spaziogis.it/2008/03/11/il-cartografo-dei-nostri-tempi/ Da un po’ di tempo è stato introdotto il termine “Neogeography“, per fare riferimento ad una serie di strumenti e tecniche che esulano dal regno tradizionale dei GIS. Il cartografo dei tempi del web 2.0 usa le api di Google, geotagga ogni cosa, e “consuma” RSS. Al neo-geografo, anzi al neo-cartografo è dedicato un articolo [...]]]> Da un po’ di tempo è stato introdotto il termine “Neogeography“, per fare riferimento ad una serie di strumenti e tecniche che esulano dal regno tradizionale dei GIS. Il cartografo dei tempi del web 2.0 usa le api di Google, geotagga ogni cosa, e “consuma” RSS.

Al neo-geografo, anzi al neo-cartografo è dedicato un articolo pubblicato su IN THESE TIMES: “The New Cartographers – What does it mean to map everything all the time?

Il neo-cartografo crea un po’ di tutto: dalla mappa per scoprire che disturbi di salute sono diffusi intorno a noi (anche la tosse), alla bellissima mappa concettuale delle emozioni ricavate dal materiale pubblicato dagli utenti sul web. Quest’ultimo URL vale la pena di essere esplorato, nonostante ci sia da aspettare che si carichi un’applet; interessante la parte metodologica e quella che descrive i movimenti possibili in mappa.

mappa_sentimenti

Il neo-cartografo è interessato al ruolo che hanno le mappe nella costruzione di comunità. Ecco nascere progetti come GREEN MAP, un sito che stimola gli utenti a creare delle comunità locali, in cui gli utenti mappano le proprie risorse naturali e tutto ciò che rende più verde il proprio territorio. E’ un esempio di cartografia partecipativa.

Il neo-cartografo usa spesso i servizi di Google, Microsoft, Yahoo, etc – a questi si deve sicuramente la diffusione della cartografia in molte case – ma le basi cartografiche rimangono con licenza proprietaria. Il neo-cartografo però alimenta con idee, con le gambe e con il tempo, progetti come OpenStreetMap. E’ uno dei risultati più belli dovuti alla crescita del cosidetto web-sociale. Si basa sullo sforzo degli utenti, che muniti del proprio GPS mappano volontariamente il nostro pianeta. Una sorta di Wikipedia delle mappe. I dati così raccolti sono pubblicati online e resi di dominio pubblico. Siamo ancora all’inizio, ma la strada si è aperta con forza.

Il neo-cartografo mappa le scelte politiche della blogosfera americana, per ottenere un efficacissimo spaccato dei conservatori e dei progressisti USA.

usa_politcal_blogosphere

L’autore dell’articolo sottolinea come sia cambiato il paradigma: non cerchiamo più dove siamo in mappa, ma “comunichiamo” alla mappa dove ci troviamo, ed un mondo ci cresce automaticamente attorno.

Chiudo con una segnalazione di neo-geografia: è stata proposta un’icona per rappresentare un elemento geotaggato. E’ molto carina ed è quella che vedete nell’immagine di sotto. Qui tutti i dettagli.

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L'articolo Il cartografo dei nostri tempi è apparso originariamente su TANTO. Rispettane le condizioni di licenza.

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