Esistono delle svolte epocali che lasciano il segno nel mondo dell’informazione geografica. In passato, una di queste è scaturita sicuramente dall’Executive Order 12906, emanato nel 1994 dall’allora presidente degli USA Bill Clinton, che ha portato alla costituzione della National Infrastructure of Spatial Data (NSDI) e senza il quale forse oggi non esisterebbe l’ossatura portante dell’infrastruttura di dati spaziali europea INSPIRE.
Un documento di portata eccezionale molto recente è, invece, il Memorandum sulla Trasparenza e l’Open Government di Barack Obama (gennaio 2009) che, sancendo i principi dell’Open Government (trasparenza, partecipazione e collaborazione), ha prodotto la nascita del portale governativo americano data.gov al fine di incrementare l’accesso pubblico ai dati prodotti dai vari dipartimenti del governo federale, dati che sono rilasciati rigorosamente in formato aperto (Open Data).
Altro provvedimento scaturito dal memorandum presidenziale è l’Open Government Directive del dicembre 2009 (già citata da Sergio Farruggia nel suo ultimo post), che definisce nel dettaglio gli adempimenti dei dipartimenti esecutivi e delle agenzie per l’implementazione dei suddetti principi secondo scadenze temporali molto ristrette (solo 45-60 giorni!).
Una forte carica di innovazione era d’altronde già presente nell’illuminante talk di Tim Berners-Lee al TED 2009 (di cui TANTO si era occupato qui), in cui si auspicava un nuovo cambio di prospettiva della rete delle reti da attuarsi mediante il rilascio dei raw data: solo ponendo in relazione tra loro i dati grezzi, ottenendo i linked data, è possibile portare alla luce il loro enorme potenziale inesplorato, ovvero quel valore aggiunto implicitamente contenuto in essi. Era nato dunque l’Open Data Movement.
Tali eventi non hanno tardato a sortire i loro effetti in giro per il mondo. Da allora stiamo assistendo al proliferare di altre iniziative in tal senso, tra le quali spiccano i portali del Regno Unito, della Nuova Zelanda e dell’Australia. Inoltre, anche la Banca Mondiale (si veda il post di Pietro Blu Giandonato) e, sempre in UK, l’Ordnance Survey hanno recentemente liberato una cospicua parte dei dati in loro possesso al fine di promuoverne il riuso.
Brown asked: “What’s the most important technology right now? How should the UK make the best use of the internet?” To which the invigorated Berners-Lee replied: “Just put all the government’s data on it.” To his surprise, Brown simply said “OK, let’s do it.”
(da Goodbye Gordon Brown: but thanks for the data … and the campaign goes on)
La direttiva sull’Open Government rappresenta non solo un importante tassello strategico nel disegno della trasparenza politica obamiana, ma produce concretamente anche la possibilità di sviluppare business, innescando “una competizione sulla qualità dei servizi e delle applicazioni prodotte, che genererebbe sicuramente una ripresa di tutto il settore dell’economia immateriale“, come spiega Gianluigi Cogo nell’approfondimento di Nóva dedicato all’Open Data.
La liberalizzazione dei dati secondo standard aperti ha infatti scatenato iniziative come Apps for democracy che, nell’arco di un mese, ha prodotto la realizzazione di ben 47 applicazioni di pubblica utilità per il web, iPhone e Facebook con un ritorno economico sull’investimento stimato intorno al 4000%. Per comprendere meglio le potenzialità derivanti dall’uso degli open data, un interessante caso di studio ci viene offerto dal Canada, dove è stata scoperta una maxi frode fiscale che ha coinvolto le maggiori società di beneficenza del Paese per un importo pari a ben 3,2 miliardi di dollari.
E’ possibile quindi realizzare un primo punto della situazione del movimento globale Open Data, così come ha fatto Tim Berners-Lee al TED 2010 (il talk è sottotitolato anche in italiano):
L’esempio di utilizzo degli Open Data forse più emblematico presentato da Berners-Lee è quello della mappa disegnata da un avvocato per dimostrare la forte correlazione esistente tra le case occupate da bianchi e quelle collegate all’acquedotto, risultato della discriminazione razziale verso i neri a Zanesville (Ohio, USA), che ha convinto il giudice a condannare la contea ad un risarcimento di oltre 10 milioni di dollari. Tale applicazione è la semplice dimostrazione di quali interessanti informazioni sia possibile ottenere, ponendo in relazione gli Open Data, in settori quali ad esempio l’epidemiologia geografica (a tal proposito si veda questo post).
Inoltre, proprio in questi giorni, è trascorso il primo anniversario di data.gov ed è possibile trarne un primo entusiasmante bilancio direttamente dal CIO Vivek Kundra sul blog della Casa Bianca.
Di fronte all’evidente pragmatismo del mondo anglosassone, probabilmente il lettore si chiederà cosa si sta facendo adesso o si farà in futuro in Italia. In tal senso, si ritiene opportuno segnalare questa intervista ad Ernesto Belisario, avvocato ed esperto in diritto delle nuove tecnologie, secondo il quale la pubblicazione e l’accesso ai dati pubblici in Italia è attualmente una sorta di percorso ad ostacoli. In particolare, egli sostiene che da un lato ci sono problemi a livello organizzativo:
- la Pubblica Amministrazione, fatte le dovute eccezioni, generalmente non è pienamente consapevole del consistente patrimonio di dati in suo possesso;
- soltanto una minima parte dei dati in possesso della PA è disponibile in formato digitale e, nei casi in cui lo è, non sempre è garantita l’interoperabilità;
- inoltre, i dati non sempre sono acquisiti con una licenza tale da consentirne la pubblicazione ed il riuso.
Dall’altro, esistono anche evidenti limiti a livello normativo:
- la legge generale sul procedimento amministrativo che, a differenza degli USA in cui ogni cittadino – in quanto tale – ha il diritto di accesso ai dati pubblici (right to know), prevede il possesso di un interesse specifico e qualificato per poterlo fare (need to know);
- una normativa sulla privacy troppo rigorosa che limita notevolmente la trasparenza e l’accesso ai dati, impedendone di fatto l’indicizzazione da parte dei motori di ricerca;
- il Codice dell’Amministrazione Digitale che, pur avendo una portata rivoluzionaria, in quanto consentirebbe alla PA di rendere disponibili i propri dati in formato aperto, tuttavia non va a modificare la legge sulla trasparenza amministrativa e né la legge sulla privacy.
In definitiva, c’è molto lavoro da fare, ma qualcosa comincia a muoversi. Recentemente stiamo assistendo all’apertura del PCN (futuro geoportale nazionale di INSPIRE) nei confronti del movimento OpenStreetMap (si veda il seguente post) e alla nascita del primo portale Open Data italiano, dati.piemonte.it. Sicuramente, non è finita qui!
I contenuti potrebbero non essere più adeguati ai tempi!
By Alessio on mag 31, 2010
Ciao Antonio,
mi è piaciuto moltissimo il tuo post.
Sarebbe da far leggere a tutti quelli che lavorano nella PA e che qualche volta (nella mia personale esperienza, più di qualche volta) rimangono ancorati all’idea che il dato spaziale debba essere di proprietà e custodito come se si trattasse della verginità della figlia 15enne. E questo a prescindere dai vincoli pratici e/o normativi, si tratta proprio di mentalità…
Noto con piacere che qualcosa si muove e spero di vedere presto dei “cloni” del portale piemontese.
Molto bella è anche la presentazione di Tim Berners-Lee.
By Antonio Falciano on mag 31, 2010
Alessio, grazie mille per il feedback!
Spero che questi “linked data” possano essere di aiuto per chiunque voglia documentarsi sulla questione e che contribuiscano a far circolare ulteriormente queste idee fortemente innovative… Riportare contributi appassiona(n)ti come quello di Berners-Lee aiuta sicuramente molto!
Riguardo a dati.piemonte.it, mi auguro che i dataset a disposizione siano sempre più numerosi e che siano utilizzati all’interno di interessanti applicazioni, dimostrandone le enormi potenzialità nascoste e l’effettiva utilità per l’intera collettività. Solo così potremo trarne tutti beneficio!
ciao
Antonio
By Claudio Schifani on mag 31, 2010
Grazie Antonio!
ho letto il tuo post, ma soprattutto ho visto ben tre volte il video. Tutto ciò ci stimola anche a riflettere sui nuovi modelli di conoscenza diffusa e collaborativa. E’ in corso una rivoluzione che ritengo sia principalmente culturale e che da noi (mi riferisco all’interessantissimo video di Tim Berners) non è forse pienamente matura.
Mi riprometto di seguire l’esempio di Antonio condividendo questo post anche con i miei colleghi e amici ricercatori.
By Antonio Falciano on giu 1, 2010
Grazie a te Claudio!
Facciamole girare queste idee, poiché si tratta di “un vero cambiamento con la C maiuscola” (Berners-Lee dixit!) e non possiamo assolutamente permetterci di rimanere indietro! ciao
By Pietro Blu Giandonato on giu 1, 2010
Antonio, vivissimi complimenti per il compendio a livello globale che hai
saputo fare sugli ”open, raw and linked data”… now! :D
La situazione qui in Italia è ancora molto acerba in effetti, ma i
“divulgatori” e sostenitori dei dati liberi nella Pubblica Amministrazione,
che tu stesso hai citato (e tra i quali anche noi di TANTO possiamo
annoverarci), stanno crescendo. E le iniziative come quelle della Regione
Piemonte lasciano ben sperare, sebbene i dati attualmente disponibili sul
loro portale non siano propriamente ”fondamentali”.
Ma speriamo in 10, 100, 1.000 portali di dati aperti!
Una cosa che mi ha colpito molto del discorso fatto da David Osimo sempre a ForumPA è quando prefigura l’avvento del cittadino “hacker”. Non necessariamente gente tecnologicamente evoluta, smanettona, geek, avvezza al mashup, ma quantomeno persone che sappiano cercare le informazioni, i dati, che sappiano intuire le potenzialità dell’apertura alla massa dei medesimi. E per fare questo basta saper usare decentemente Google.
In effetti è necessario fare cortocircuito. Da un lato cercare di costruire la massa critica dei cittadini consapevoli che le informazioni e i dati sono più a portata di mano di quanto si pensi (e ai quali vanno quindi suggeriti gli strumenti per ottenerli), dall’altro cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno della PA, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
By Antonio Falciano on giu 3, 2010
Grazie Pietro! Ho cercato semplicemente di aggregare alcuni elementi utili consultati in fase di autodocumentazione, ma ciò non toglie che ci possano essere tante altre interessanti chiavi di lettura del movimento Open Data, come quelle emerse al Forum PA 2010 appena conclusosi. Pertanto, ogni altro riferimento può essere utile per arricchire la discussione.
Durante la redazione del post, sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’enorme quantità di spunti presenti nei precedenti post di TANTO. Complimenti a voi, ragazzi!
By Sandro Ferrara on giu 4, 2010
Complimenti per il post Antonio.
Ci si chiede in questi gioni (oramai mesi se non anni) come uscire dalla crisi, questo mi sembra un OTTIMO modo, ma è troppo rivoluzionario per i pasi non anglosassoni.
Grazie.
Sandro
By Giovanni Allegri on giu 4, 2010
Ottimo articolo. Informazioni che stimolano peniseri sul lungo periodo…
L’altro ieri il business (in tutti i sensi, non solo di mercato) stava nelle tecnologie software/hardware. Ieri, e in parte oggi, il valore sta nei dati. Ma adesso, quel conta, è comegestire e rappresentare la conoscenza. Dal segno al significato… quanta strada cè da fare!
By Sergio Farruggia on giu 5, 2010
Complimenti Antonio, un exploit "alla TANTO"!
Il valore dei contenuti è poi amplificato dai commenti che ogni lettore inserisce, dai link e -soprattutto- dalle relazioni che s'instaurano poi anche oltre TANTO. Per restare in argomento, giovedì 3/6 ho seguito il meeting di OpenStreetMap http://www.dicat.unige.it/osmit2010/, ho conosciuto Simone Cortesi, che su questo blog non ha bisogno di presentazioni e tanti altri. Vorrei segnalare un intervento "ponte" tra il mondo del Volunteer Geographic Information e quello della PA: Sara Bini (ciao Sara!) ha illustrato il contesto della direttiva INSPIRE. Ha permesso di porre in evidenza l'altro aspetto importante del "collaboratorio" (mi piace sempre riprendere questo termine coniato da Al Gore): i dati di OSM servono anche alla PA. E' un argomento (non nuovo) che va sicuramente seguito e approfondito.
Chiudo agganciandomi al commento di Sandro Ferrara: certo è un ottimo modo e non sarei troppo pessimista. Magari i tempi non saranno quelli annunciati qui: http://mariotedeschini.blog.kataweb.it/giornalism…
però se ne parla sempre più spesso e questo è già un buon viatico. Poi… Volere è potere.
By Claudio Schifani on giu 5, 2010
Proprio in questi giorni (giovedì 3) ho avuto l’occasione di ascoltare un seminario di Gianluigi Cogo (consiglio a tutti di leggere il suo recente libro “Cittadinanza Digitale”) il quale ha discusso con i dottorandi della scuola NT&ITA dello IUAV proprio dei temi attinenti al post di Antonio. Dopo avere citato ed illustrato il memorandum di Obama e la buona pratica della Regione Piemonte, si è discusso sulle questioni normative rimandando agli approfondimenti di E. Berisario.
Da qui si è giunti al recente incontro di Innovatori PA ed in particolare a questo link http://www.innovatoripa.it/posts/2010/05/1153/barcamp-2010-marketplace-delle-applicazioni-la-pa-italiana
Consiglio di ascoltare il video con Gigi Cogo e Roberto Galoppini. Mi ha particolarmente colpito un termine usato nel corso di questo seminario: “disobbedienti”; i disobbedienti delle PA che condividono per innovare e vi rimando a questo ulteriore link http://www.comunicatoripubblici.it/index.html?id=165&n_art=4596
Che dire, siamo nel bel mezzo di una rivoluzione culturale e allora…
portiamola avanti!
By Antonio Falciano on giu 6, 2010
Grazie a tutti per i commenti e a Gerlando Gibilaro per la citazione sul suo blog. Ne approfitto per segnalarvi l’ultimo post di David Osimo: http://bit.ly/bd7JYk dove è possibile consultare lo slidecast della sua lectio magistralis tenuta al Forum PA 2010 e …riascoltare “A Little Less Conversation”. Dopo tante belle parole, adesso occorrono i fatti! …raw data now!!!