5 marzo, 2014 | di

“Nella new economy […] il <<lavoro programmabile>> è una dote fondamentale, allo stesso tempo personale e organizzativa. Proprio in questa nuova concezione delle risorse umane alcuni ravvisano la vera ragione della recente affermazione delle donne. La tradizione patriarcale ha fatto sì che gli interessi maschili si focalizzassero sulle attività più materiali. Le donne sono state portate, dunque, dall’evoluzione a potenziare altre qualità, come la capacità di stabilire rapporti interpersonali e quella di prevedere il futuro, riuscendo a fronteggiare situazioni incerte e a risolvere ogni problema.” (M. Castells, La Città delle Reti, Marsilio 2004, p. 41)

 

geo gender

Hashtag: #gendergeo

 Ogni tempo propone all’umanità la possibilità di migliorarsi, sia come collettività, sia come individui. L’Età dei Lumi ci ha lasciato così in eredità i principi morali per rigettare le pratiche sociali dello schiavismo e della pena di morte, prima di allora considerate lecite, nell’interesse del bene comune (sic!).

Lo sviluppo della Società dell’Informazione si accompagna a progressi dell’etica, occupandosi dei fini sociali da raggiungere, che sono ancora e sempre il perfezionamento dell’individuo e il bene comune. Così, si riaffrontano oggi problematiche antiche perché ritornate urgenti in conseguenza della globalizzazione (vedi nuove forme di schiavitù) o perché maturano nuove consapevolezze, come il riconoscimento delle pari opportunità tra i sessi, assunto come paradigma, cui fare riferimento per ogni azione che riguardi tutti gli ambiti politici, economici e sociali.

Il principio, universalmente espresso come Gender Mainstreaming, è rivoluzionario. Esso aspira a rendere generale il principio di non discriminazione, perciò garantito non solo da leggi mirate ma dalla sua assimilazione sistematica in tutte le politiche pubbliche. La strategia per il suo adempimento presuppone quindi attività sia preventive rispetto al verificarsi di situazioni potenzialmente discriminatorie, sia di tipo proattivo, nel senso che la sua realizzazione richiede un atteggiamento positivo della pubblica amministrazione e della società tutta. Pertanto, come corollario, il Mainstreaming, implica un approccio che integri progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione di politiche e programmi, in tutti gli ambiti della vita sociale.

Una società in cui donne e uomini condividono la conoscenza e la consapevolezza di questo paradigma è sicuramente orientata e facilitata al miglioramento di sé stessa, impedisce che le diseguaglianze si perpetuino e valorizza –attraverso un approccio pluralistico- la diversità di genere.

In tale quadro, la new economy, richiedendo anche nuove competenze e nuove attitudini, più diffuse nel mondo femminile, come osserva il sociologo spagnolo, contribuisce a colmare le diseguaglianze che la società ancora riserva alle donne.

Recentemente, ha richiamato la mia attenzione questo titolo: “Does SDI need a gender dimension?“, uno speech presentato nella sessione “Education and Capacity Building” della XIII Conferenza Global SDI, Quebec 2012. Incuriosito, ho aperto l’abstract qui, quindi le slide, ancora qui.

La documentazione disponibile riferisce di un’indagine su aspetti di genere riguardanti il settore delle Spatial Data Infrastucture, SDI, (in Italia chiamate: Infrastrutture di Dati Territoriali; sono l’evoluzione “digitale” degli organismi cartografici),  vale a dire la partecipazione delle donne all’interno di questa comunità internazionale e il contributo che le SDI forniscono alla comprensione dei problemi che investono le donne di tutto il mondo.

Gli autori sono due ricercatrici Colombiane, Nancy Aguirre e Lilia Patricia Arrias, insieme a Santiago Borrero, Segretario Generale dell’Istituto Panamericano di Geografia e Storia, IPGH. Nancy è una geografa e, tra l’altro, attualmente è l’editor della versione dedicata all’area regionale America Latina e Area Caraibica della Newsletter dell’Associazione Global SDI. Lilia, all’epoca di questo lavoro, ricopriva la carica di vice-presidente dell’International Geospatial Society, IGS. 

Lo studio ha considerato l’intero contesto mondiale (in realtà, non sono menzionati Paesi del Continente asiatico), provvedendo alla raccolta d’informazioni sul tema attraverso interviste con domande aperte ed eseguendo un sondaggio sulle tematiche di genere delle SDI, rivolto sia a organizzazioni leader del settore, sia singoli addetti, di entrambi i sessi.

Anche se i risultati ottenuti tramite l’esame dei dati raccolti, come gli stessi autori hanno tenuto a precisare, siano da considerare frutto di un’indagine preliminare, la cui metodologia meriti di essere affinata, il lavoro pone in evidenza almeno due aspetti interessanti.

Prima di tutto, anche il settore della Geo-ICT non è estraneo alla contraddizione che la rivoluzione digitale sta mettendo in risalto, quella tra il bisogno di competenze soft, cioè non tecniche (hard) di cui il genere femminile è portatore e il rischio che la stessa rivoluzione amplifichi l’ineguaglianza di genere, senza distinzioni tra classi sociali e di reddito. Eppure, le informazioni raccolte dagli autori confermano che una presenza bilanciata dei due sessi all’interno della comunità delle SDI, nell’ambito della produzione dei dati e dei processi decisionali rilevanti rispetto alle esigenze delle utilizzatrici delle SDI stesse, può essere fondamentale per promuovere l’uguaglianza di genere, l’emancipazione delle donne e –in definitiva- la costruzione di una Società dell’Informazione veramente per tutti.

Il secondo aspetto trae spunto dalla considerazione che le SDI hanno come fine ultimo quello di contrastare le conseguenze -sia a livello globale, sia locale- dei maggiori problemi della nostra epoca, come il cambiamento climatico, la crescita della popolazione, la globalizzazione economica e i problemi associati all’inquinamento dell’ambiente, il depauperamento delle risorse naturali. Ciò nonostante, è assai poco frequente annoverare tra gli obiettivi alla base dello sviluppo delle SDI temi riguardanti esplicitamente problematiche che investono le donne. Eppure, osservano gli autori, la soluzione del divario di genere è fortemente connesso –ad esempio- al tema dello sviluppo dell’agricoltura o della sicurezza alimentare; e la maggior parte, se non tutti, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell’ONU sono esplicitamente “gender-oriented”. Lo studio effettuato conferma che le SDI potrebbero supportare l’integrazione, nelle diverse politiche, delle problematiche riguardanti le pari opportunità.

E in Italia? Anche la comunità delle SDI italiane necessita di una “dimensione di genere”?

L’attenzione verso queste tematiche, secondo il concetto di Gender Mainstreaming, non è del tutto assente all’interno della comunità delle SDI italiana: si veda questo esempio. Un altro indizio è fornito proprio dal lavoro testé descritto: scorrendo le slide si evince che almeno una (uno, o più?) rappresentante della comunità italiana ha collaborato con gli autori alla raccolta dei dati, compilando il questionario oppure rispondendo all’intervista.

Esplorare le questioni di genere nel contesto della comunità geomatica nazionale, prendendo ispirazione -ad esempio- dal lavoro eseguito dalle ricercatrici colombiane, potrebbe essere utile per dare nuovi impulsi al processo di sviluppo delle SDI nel nostro Paese.

Non mancano ragioni per provarci.

Rispetto al contesto generale dell’ICT, per il settore Geo-ICT si riscontra un più accentuato gap tra potenzialità d’innovazione e capacity building -degli addetti ai lavori e degli stakeholder- necessaria per sfruttarne le opportunità. La caratterizzazione della comunità SDI nazionale rispetto al genere potrebbe evidenziare aspetti utili per comprendere questa discrepanza e indicare circostanze favorevoli per attenuare tale carenza e, nello stesso tempo, contribuire a contenere fenomeni di digital divide di genere.

L’iniziativa, contribuendo ad accrescere la consapevolezza sulle problematiche di genere specifiche nell’ambito della comunità delle SDI italiane, può anche offrire occasioni per diffondere le tematiche riguardanti la crescita di una società spatially enabled, cioè in grado di usare i dati geografici come “bene comune” per stimolare l’innovazione. A questo riguardo, un ruolo fondamentale può svolgerlo la Rete Women for Intelligent and Smart TERritories, WISTER, costituitasi all’interno degli Stati Generali dell’Innovazione, per “promuovere politiche dell’innovazione sensibili alle differenze, a partire da quelle di genere”. Contribuire all’alfabetizzazione sui geo-dati digitali, formare cittadini (di entrambi i generi) “spatially literate”, è la condizione necessaria per promuovere le SDI anche in Italia come strumento di supporto per la diffusione del Gender Mainstreaming.

A questo riguardo la redazione di TANTO, Stati Generali dell’Innovazione e la rete WISTER (ma chiunque vorrà contribuire sarà benvenuto) si augurano con questo post di stimolare una discussione sul tema affrontato, aperta alla comunità degli innovatori, donne e uomini, ovviamente.

Ecco qualche spunto, per avviare il dialogo:

  • Ritieni che nell’ambito del settore della Geo-ICT esistano problematiche riguardanti aspetti di genere?
  • Pensi che un’indagine sugli aspetti di genere possa essere utile per il settore delle SDI e -in generale- possa contribuire nella promozione dell’innovazione nel nostro Paese?
  • Ci sono problematiche che vorresti già segnalare perché siano considerate in un’eventuale indagine?
  • Qualora l’iniziativa riscontrasse il favore dei lettori, vorresti avere voce in capitolo nella stesura del questionario?

Siete invitati tutti a spargere la voce: segnalate questa proposta, suggerendo –se lo ritenete- di lasciare un commento, una testimonianza, qui di seguito o anche usando l’hashtag #gendergeo.

Ringraziamo in anticipo tutti coloro che ci aiuteranno a diffondere questo post.

 

18 novembre, 2012 | di

Ricorderete abbiamo già parlato della L.R. 20/2012 “Norme sul software libero, accessibilità di dati e documenti e hardware documentato”. Con Delibera di Giunta Regionale n. 2183 del 31 ottobre scorso la Regione Puglia compie un ulteriore passo avanti, definendo i primi concreti indirizzi verso l’adozione istituzionale degli open data. Il provvedimento parla espressamente di open government e riprende altri due importanti documenti istituzionali, ovvero la “Strategia regionale per la Società dell’Informazione 2007-2013” (approvato con DGR n. 508/2010), e la “Strategia regionale della smart specialization” (approvato con DGR n. 1468/2012).

E’ interessante mettere in evidenza alcuni punti salienti della DGR, nello specifico:

[...] possono già essere avviate le azioni necessarie ad attuare quanto previsto dall’art.6 [della L.R. 20/2010] in materia di “riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici”, in quanto sussistono:
- il notevole patrimonio informativo prodotto nel tempo dalla Regione Puglia, dalle sue Agenzie e Società in house oltre che da tutti gli altri soggetti pubblici e privati cui la legge regionale si riferisce;
- la consistenza della quantità di informazioni e documenti già pubblicati on line e disponibili nei diversi portali istituzionali, riferiti sia ad attività ordinarie e ad obblighi di legge che alle scelte operate in materia di Trasparenza;
- l’opportunità data, quindi, di procedere alla creazione della piattaforma dei dati aperti (Open Data) della Regione Puglia e alla promozione delle basi di dati prodotte, come leva strategica su cui puntare per creare nuove opportunità di crescita e trasparenza.
[...]
è invece necessario avviare un processo istruttorio complesso e partecipato per dotarsi del previsto Piano triennale di informatizzazione, che definisca la strategia dell’Ente in ambito informatico e del programma triennale per la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e produzione relativi al software libero e all’Hardware documentato.
[...]
Considerato, inoltre
- che è necessario attivare azioni che producano valore aggiunto alla generazione e disponibilità di open data, per sostenerne e diffonderne un utilizzo attivo;
- che bisogna creare i presupposti per la realizzazione di un modello di open government basato sul libero accesso ai dati pubblici e di un acceleratore economico per il territorio,
in particolare:
- integrare la visualizzazione degli open data nel ciclo delle politiche pubbliche (nelle fasi di disegno, implementazione e valutazione) al fine di migliorarne la qualità stimolando l’intelligenza collettiva anche attraverso le proposte commentabili, la modellazione d’impatto, la raccolta di feedback e la valutazione partecipata;
- incentivare le aziende a riutilizzare, anche a scopi commerciali, le informazioni pubbliche e a creare applicazioni innovative basate su questi dati;
- che, quindi, è opportuno avviare prime sperimentazioni, valutarne i risultati e valorizzarne le buone prassi individuate.

Alla Direzione dell’Area Politiche per lo Sviluppo economico, il Lavoro e l’Innovazione viene affidato il coordinamento generale per l’attuazione della L.R.20/2012 e la creazione del futuro portale regionale degli open data www.dati.puglia.it nel quale confluiranno tutti i dati aperti delle strutture regionali (e non solo, si spera). Altra nota di rilievo è l’esplicita adozione della licenza IODL 2.0 sponsorizzata da www.dati.gov.it sebbene non sia ancora stata adottata ufficialmente dalla normativa dello Stato. Si tratta sostanzialmente di una CC-BY.

Infine la Regione Puglia si impegna ad avviare “prime sperimentazioni che puntino a qualificare l’utilizzo dei dati aperti come strumento di open government, attraverso percorsi partecipati” anche dedicati alle imprese innovative e alle startup giovanili che puntino al riuso dei dati aperti e alla replicabilità delle buone prassi.

12 luglio, 2012 | di

Finalmente il DdL “Norme sul software libero, accessibilità di dati e documenti ed hardware documentato” è stato approvato per essere convertito in legge nella seduta del Consiglio della Regione Puglia di ieri. A questo link è possibile accedere all’iter di approvazione e i relativi documenti, tra i quali il testo dell’articolato privo degli emendamenti approvati in Consiglio Regionale.

E’ un provvedimento che seguiamo da tempo, del quale esattamente un anno fa avevamo già fatto una analisi tesa a metterne in evidenza i punti di forza, e qualche debolezza, e per il quale ci eravamo auspicati miglioramenti soprattutto per il riuso aperto e libero dei dati pubblici. Del resto in un altro precedente articolo a commento di uno degli altri due DdL su software e dati aperti, avevamo addirittura proposto degli emendamenti, che definivano con maggiore precisione proprio il concetto di open data e relativo riuso, auspicando l’adozione di linked open data, dato che parlavamo di rintracciabilità dei dati da parte dei motori di ricerca su internet e lo scaricamento dai siti web istituzionali delle Pubbliche Amministrazioni.

In tal senso possiamo comunque ritenerci soddisfatti, poiché nel testo approvato definitivamente in Consiglio ieri è stato inserito l’articolo 6 “Riutilizzo dei documenti e dei dati pubblici”, nel quale si fa riferimento al D.Lgs. 36/2006 di recepimento della Direttiva 2003/98/CE relativa al riutilizzo di documenti nel settore pubblico (c.d. Direttiva PSI). In fondo all’articolo trovate alcuni utili riferimenti per approfondire il tema.

L’impianto del DdL nella versione della quale avevamo parlato un anno fa è stato arricchito e potenziato dal nuovo articolo 17, che istituisce una “Comunità di pratica”, aperta alle Università e al partenariato economico e sociale, e che si pone obiettivi estremamente ambiziosi:

  1. promuovere lo scambio, la diffusione e il riuso di esperienze, progetti e soluzioni relativi al software libero nella PA e nelle imprese;
  2. creare ed aggiornare una mappa delle richieste, delle competenze e delle esperienze disponibili sul territorio codificandole in specie digitali (?);
  3. promuovere attività di informazione dirette alle amministrazioni locali ed alle piccole e medie imprese del territorio regionale, sostenendo modalità di collaborazione tra Università, associazioni ed imprese;
  4. creare una rete di soggetti, informatici ed utenti impiegati nella PA, utilizzatori privati, sviluppatori, PMI, studenti, collegata agli obiettivi ed alle strategie del Centro di competenza sull’open source (NdR – nel DdL per la verità tale Centro non viene istituito, forse derivato dal testo della L.R. 11/2006 della Regione Umbria che in effetti ha istituito un CCOS);
  5. contribuire alla individuazione di un adeguato percorso formativo ed universitario, per la preparazione professionale di esperti in software libero, e diretto alle scuole primarie e secondarie per la diffusione di una cultura del software libero;
  6. confrontare tecnicamente fra loro le architetture dei differenti progetti di sviluppo software per contribuire affinché siano comunque sempre conseguiti gli obiettivi generali di interoperabilità, uso di standard aperti, scalabilità nel tempo e semplicità di riuso da parte delle Pubbliche Amministrazioni;
  7. promuovere lo studio di fattibilità di sistemi Cloud Computing per la Pubblica Amministrazione tali da poter permettere la distribuzione di risorse di calcolo, archiviazione, software e umane per diversi utilizzatori e scopi.

Gli emendamenti approvati in Consiglio

Durante i lavori della seduta consiliare sono stati inoltre approvati cinque emendamenti, che di fatto vanno a rafforzare l’impianto del testo. Tra i più significativi, il primo fa esplicito riferimento all’open government, come forma di partecipazione attiva dei cittadini al processo decisionale attraverso l’adozione e diffusione degli open data. Il terzo emendamento entra nel merito del Piano d’informatizzazione, con alcuni ulteriori commi inseriti nell’articolo 9 (prima presenti nell’articolo 10, soppressi da un altro emendamento) che opportunamente definiscono in dettaglio i criteri che devono caratterizzare la valutazione tecnica-economica riguardante l’adozione da parte della PA regionale di soluzioni basate su software libero e il loro riuso.

In conclusione, non possiamo che congratularci con la Regione Puglia per l’adozione di questa Legge, che la pone davvero all’avanguardia nella valorizzazione e promozione sia del software libero che degli open data. Il prossimo importante passo sarà la rapida adozione Piano d’informatizzazione, il vero strumento di attuazione della nuova Legge Regionale.

Infine, speriamo ora che il SIT Puglia adegui al più presto le licenze di uso dei dati geografici, rendendoli realmente riusabili in maniera aperta e libera a tutti.

 

Approfondimenti sul riuso dei dati pubblici

  1. Comunicazione CE “Dati aperti - Un motore per l’innovazione, la crescita e una governance trasparente” (link)
  2. EPSIplatform, la piattaforma europea sull’informazione nel settore pubblico (link)

15 febbraio, 2012 | di

Ieri mattina ho avuto modo di partecipare alla conferenza stampa dell’assessore Angela Barbanente, che assieme alla dirigente del Servizio Assetto del Territorio regionale Francesca Pace, alla presidente Sabrina Sansonetti e al direttore Francesco Saponaro di Innovapuglia e alla responsabile del SIT regionale Tina Caroppo, hanno presentato l’ortofoto 2010 che la Regione Puglia ha acquisito in “riuso” dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA). In effetti la cessione non è avvenuta a titolo gratuito, l’assessore non ha specificato la somma pagata, pur assicurando si tratti di una cifra “simbolica”.

Riguardo il riuso dei dati tra Pubbliche Amministrazioni, purtroppo la normativa europea e nazionale (se parliamo di dati geografici la Direttiva INSPIRE e il suo D.Lgs. di recepimento) dà facoltà al soggetto detentore di cedere i dati dietro pagamento di un corrispettivo, che dovrebbe ricompensare i costi di produzione e aggiornamento del dato (per approfondimenti a riguardo vi rimando a quest’altro mio articolo).

Le caratteristiche dell’ortofoto AGEA 2010

Fino a poco tempo fa i dati di base della Regione Puglia erano costituiti unicamente dalle ortofoto CGR del 2005 e del 2006, da quest’ultima poi sono state derivate la CTR numerica in scala nominale 1:5.000, e la carta di uso del suolo (in realtà un dato di copertura del suolo), oltre a un DSM a 8 metri, tutti dati dei quali avevo parlato sempre su TANTO in questo articolo.

Questa ortofoto AGEA del 2010 costituisce dunque un importante aggiornamento della base imagery, caratterizzata da scala nominale 1:10.000 e risoluzione a 50 cm, con la differenza sostanziale però che mentre per gli enti locali pugliesi i singoli fotogrammi sono disponibili gratuitamente, per cittadini e imprese è fruibile solo ed esclusivamente mediante servizio WMS (i dettagli li trovate qui), e non è scaricabile liberamente come per i dataset che ho citato prima.

Il servizio WMS che eroga dati raster del SIT Puglia, mette a disposizione due strati relativi alla ortofoto AGEA 2010: uno relativo all’intera copertura regionale, l’altro solo per la fascia costiera (circa 1 km di ampiezza). Le differenze tra i due però sembrano sostanziali, pur essendo riferiti entrambi al 2010 le riprese non coincidono temporalmente, e la definizione del dato costiero è nettamente migliore di quello totale, probabilmente a causa del ricampionamento a seguito di compressione e mosaicatura dei fotogrammi originali nel formato ECW. Potete apprezzare il confronto tra le varie ortofoto nella mappa qui sotto.

Clicca qui per ammirare la mappa a pieno schermo realizzata con Leaflet…

Con licenza parlando…

Il problema del riuso dei dati pubblici è come sappiamo tutti uno dei grossi nodi da sciogliere. Logica vorrebbe che un dato pagato con le tasse dei cittadini, ritorni ad essi senza costi ulteriori, e che se ne possano fare anche usi commerciali, il minimo sindacale dunque sarebbe associarvi una licenza CC BY.

I dati geografici scaricabili dal SIT Puglia (ho scritto un articolo che li annovera in un compendio più ampio) sono sottoposti a due differenti disclaimer (primo e secondo) che ne vietano comunque la cessione a terzi e il riuso a fini commerciali. Insomma, un professionista del territorio (ingegnere, architetto, geologo) non potrebbe a questo punto usare i dati del SIT Puglia per il proprio lavoro. Una evidente contraddizione che ha necessità di essere risolta. In passato, le molte email scambiate con il servizio tecnico del SIT Puglia per ottenere chiarimenti sulla licenza d’uso non hanno portato a nulla.

L’occasione della conferenza stampa è stata dunque per me un’occasione imperdibile per capire direttamente, dall’assessore al ramo e dalla responsabile del SIT Puglia, come interpretare la questione.

Ho dapprima contestualizzato il mio intervento, sottolineando innanzitutto come l’hype sugli open data sia ormai altissimo nell’opinione pubblica italiana, e come molte Pubbliche Amministrazioni stiano abbracciandone la causa, aprendo i propri dati, dando vita a portali dai quali poterli fruire – non ultimo il Governo italiano - e concorsi di idee per il loro sfruttamento, come Apps4Italy. E naturalmente ho ricordato l’esistenza della proposta di legge regionale su open software e open data, che si spera verrà presto portata in consiglio. I nostri interlocutori hanno mostrato di essere ben consapevoli di tutto ciò.

Ho poi domandato con chiarezza se i dati presenti sul SIT Puglia siano (ri)utilizzabili anche a scopi commerciali, ad esempio se un professionista del territorio può impiegarli nelle relazioni tecniche che redige abitualmente per il proprio lavoro. E la risposta è stata più che affermativa. Infatti la Regione, ad esempio nelle procedure per la redazione dei PUG comunali, spinge fortemente affinché i tecnici usino proprio i dati del SIT Puglia. Mi sono sentito a quel punto di rilanciare, chiedendo se i dati regionali possano essere utilizzati da soggetti terzi anche a scopi commerciali, ad esempio realizzando servizi e applicativi destinati a cittadini e imprese. Tante volte abbiamo detto che favorire l’apertura dei dati pubblici costituirebbe un formidabile volano per far ripartire l’economia nazionale. Anche qui ho ottenuto una risposta convintamente positiva.

Ricapitolando, la Regione Puglia è assolutamente convinta ad aprire i propri dati a tutti, rendendoli accessibili e riutilizzabili, ma abbiamo i disclaimer per i dati del SIT Puglia che di fatto ne impediscono l’uso a scopi commerciali. A questo punto va fatta chiarezza una volta per tutte, la Regione dovrebbe adottare una licenza che consenta davvero il riuso, ovvero almeno CC BY.

…nell’attesa che presto anche in Puglia nasca il portale dati.puglia.it

 

Un grazie speciale a Andrea Borruso, che mi ha indotto a sporcarmi le mani con Leaflet, una strepitosa libreria JS – che ho usato per questo articolo – alla portata di (quasi) tutti per realizzare mappe su web esteticamente belle, molto performanti ed estremamente flessibili.

19 gennaio, 2012 | di

Quest’avventura ha ancora pochi mesi di vita, ma vale già la pena di essere raccontata. Tutto è nato da una mail ricevuta lo scorso maggio: “Ti scrivo perché con i colleghi, abbiamo deciso d’intensificare la collaborazione con alcuni siti blog del settore, aprendo il sito di GEOmedia a contributi diretti ed indiretti”. Seguì una chiacchierata telefonica, in cui si valutò interessante organizzare una teleconferenza con i corrispondenti blogger.

La riunione telefonica avvenne puntualmente un mese più tardi. Alfonso Quaglione –l’autore della mail- espose ai blogger invitati, tra cui noi di TANTO, le proposte della Rivista, per quale finalità erano nate, ecc. ecc. Si raccolsero le prime impressioni, i commenti e i contributi. Alcuni espressero perplessità; emerse anche qualche critica. Luglio e agosto passarono, ancora tra qualche scambio di email, per puntualizzare punti di vista e per precisare meglio i dubbi.

Tralascio di soffermarmi sui distinguo. Quanto esporrò nel seguito prese infatti le mosse dalla constatazione che -in generale- tutti gli interventi fossero legati da un fil rouge, esprimibile in forma di auspicio: “Possiamo e dobbiamo continuare a parlarne”. Tra le idee e i possibili obiettivi espressi nella prima riunione virtuale di giugno, certamente questi trovavano ampia condivisione:

  • portare i temi più importanti dell’informazione geografica anche all’attenzione dei non addetti ai lavori
  • creare un network dell’informazione geografica.

Valeva quindi la pena provare a fertilizzare questo dialogo, innescato dall’apprezzata rivista di geomatica, cercando occasioni per collaborare in quella direzione condivisa, ripromettendosi di operare per attrarre l’attenzione e l’interesse di chi –singole persone e aggregazioni- ne avesse approvato le finalità.

E’ a questo punto che entra in scena “Stati Generali dell’Innovazione” –SGI. I promotori di questa iniziativa –di cui su TANTO abbiamo scritto ormai in diverse occasioni (leggi qui e qui)- erano impegnati negli stessi mesi nell’organizzazione di un evento che richiamasse la partecipazione di tutti i portatori d’interesse verso la costruzione di una prospettiva condivisa per un cambio effettivo nella politica dell’innovazione per l’Italia.

In sintesi, le cose sono andate così.
SGI è un’associazione –ha anche uno statuto- ma si presenta meglio come una rete di associazioni, organizzazioni, enti, gruppi e persone singole, unite da uno scopo ben preciso: “Fornire contributi alla classe dirigente per attuare scelte rivolte alla realizzazione di un sistema di innovazione diffusa, un’innovazione che nasca dalle comunità e che al benessere delle comunità, in quanto reti relazionali, economiche e sociali, sia principalmente rivolta.

Prendere parte alle attività di SGI è semplice e ci si può coinvolgere in modi diversi, con impegno differente: puoi visitare la pagina o iscriverti al gruppo FB; puoi seguire l’iniziativa su Twitter (@SGInnovazione); si può prendere parte alle discussioni avviate sui forum aperti sul sito dell’associazione, puoi restare connesso utilizzando gli RSS, iscriverti alla mailing-list; puoi aderire all’iniziativa, associarti -come organizzazione o singolo-, insomma i canali per ricevere informazioni e comunicare le proprie idee non mancano.

E’ sembrato –non a tutti, ma a più d’uno- il contesto appropriato per provare a individuare e proporre argomenti e idee riguardanti l’Informazione Geografica che –per il loro valore o per le interconnessioni con altri temi- destino attenzione all’interno di tale costituenda comunità e, per questa strada, vedere anche se potesse formarsi almeno un ordito di ciò che potrebbe poi diventare una rete geomatica “costituita dal basso”.

Così, “zitti zitti, piano piano”, senza fare confusione… un gruppetto di geomatici si è affacciato a SGI. Il primo –atteso- incontro pubblico ha avuto luogo il 25 e il 26 novembre scorsi. Come ho raccontato qua, l’esperienza è stata più che positiva: una conferma sia del clima partecipativo e collaborativo che traspariva già in Rete, sia di come i temi dell’Informazione Geografica possano essere accolti, recepiti e apprezzati in un contesto ICT generale e inquadrato sui contributi che tutti possiamo dare per raggiungere gli scopi per cui SGI è stata costituita.

 

La rete si sta formando

Il convegno di fine novembre è stato solo l’inizio, un buon inizio –scrivono gli organizzatori- per gli Stati Generali dell’Innovazione. L’esito, infatti, in termini di adesioni, partecipazione, temi affrontati e conclusioni a cui si è pervenuti, pongono già questa “meta-associazione” quale realtà con cui chi governa potrà confrontarsi e una risorsa per tutti coloro che vogliono produrre un vero cambiamento nelle politiche  dell’innovazione del nostro Paese.

Il “gruppetto” nato grazie alle discussioni estive di cui vi ho raccontato, ha continuato a dialogare in Rete, si è un poco rafforzato e ha iniziato a interagire all’interno degli Stati.

SGI sta alacremente costruendo una roadmap per il 2012, la roadmap dell’Italia che innova. E’ stata già formalizzata la Consulta Permanente degli SGI, sono avviate attività sui temi principali e più urgenti individuati; si sta definendo un calendario di eventi per portare il confronto degli SGI su tutto il territorio nazionale e altro ancora.

Consultando le otto schede, per altrettante azioni, messe a punto nel corso dell’incontro di novembre, possono affiorare molti argomenti legati o affini alle tematiche dell’Informazione Geografica. Stati Generali dell’Innovazione offre quindi la possibilità di entrare in contatto con soggetti che assumono intrinsecamente l’IG quale componente delle risorse che possono contribuire all’innovazione del Paese. Un’opportunità nuova per cooperare nella promozione delle istanze del nostro settore,  condividendo esigenze comuni. Per esempio, alcuni aspetti legati allo sviluppo delle Infrastrutture di Dati Territoriali a livello sub-nazionale si possono pienamente approfondire anche nell’ambito di un programma per promuovere il federalismo digitale, com’è stato articolato nella scheda “Inclusione digitale – Azione 1”. Così pure, non riesco a pensare a un programma che persegua il modello delle smart cities (scheda “Creatività e conoscenza condivisa – Azione 2”), senza “smart geo-data e smart geo-services”. Oppure ancora: quali contributi possono dare i geomatici rispetto al mutamento di modello di governance del settore pubblico, all’Open Government?
Vi sono processi in corso per cui potrebbe essere deleterio e controproducente lavorare a compartimenti. Credo sia allora un’opportunità quanto proposto dal programma per rendere pubblici e in formato aperto i dati della Pubblica Amministrazione (scheda “Open Government – Azione 1”). Sarebbe assai curioso non trovare visi noti al Tavolo di lavoro sugli Open Data che verrà costituito nei prossimi mesi.
Un’ultima annotazione: come sempre, in questi primi giorni del 2012 le associazioni del nostro settore, così come enti e varie organizzazioni, sono certamente già impegnate nella preparazione di convegni, workshop, seminari con finalità tecnico-scientifiche, per promuovere progetti, con scopi divulgativi. Per alcuni temi e in alcune circostanze, verificare sinergie con SGI, verificare se vi possono essere motivi di arricchimento per la road mapdell’Italia che innova”, potrebbe generare valore per l’iniziativa in corso di programmazione. Ugualmente, la geo-rete ipotizzata può essere portatrice di contributi geomatici nell’ambito di eventi organizzati da SGI e suoi associati.

Fin qui l’attività di “apri-pista” che abbiamo svolto. L’idea iniziale degli amici di GEOmedia ha innescato un dibattito certamente utile. Se la partecipazione a Stati Generali dell’Innovazione che vi ho presentato sarà apprezzata e vedrà l’aggregazione e il coinvolgimento di altri attori della geomatica -associazioni, professionisti,  blogger, imprenditori, …- essa sarà un segno di novità (di innovazione?) nell’ambito del nostro settore. SGI consente di presentare propri contributi, secondo gli interessi, la sensibilità, le esigenze di cui ognuno è portatore, per elaborare in modo condiviso e attraverso un processo inclusivo un programma per “l’innovazione nel governo dell’Italia”, come risultato complessivo degli Stati Generali dell’Innovazione.


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