29 ottobre, 2010 | di in » Dati

Il processo di liberazione dei dati pubblici procede abbastanza lentamente in Italia, nonostante le prime lodevoli iniziative in tal senso (dati.piemonte.it, CKAN Italiano, Linked Open Camera), mentre in altri Paesi (USA e UK in primis) si tratta di unChallenge.gov fenomeno già ampiamente consolidato, tanto da rivoluzionare radicalmente il tradizionale modo di intendere il rapporto tra cittadini e Pubblica Amministrazione. Si veda, ad esempio, il portale Challenge.gov, dove i vari dipartimenti esecutivi ed agenzie federali americani lanciano delle vere e proprie sfide ai cittadini sulle questioni più disparate, che vanno dall’ambiente alla sanità, dall’economia alla tecnologia, a fronte della risoluzione delle quali sono previsti premi di natura economica.

Challenge.gov is a place where the public and government can solve problems together.

Il clamoroso ritardo del Belpaese in materia di Open Data è imputabile a diversi fattori. Da un lato, persiste di fatto l’assenza di una forte e concreta volontà politica di innescare tale processo in tempi brevi. Dall’altro, tuttavia, si comincia a registrare una graduale presa di coscienza del notevole impatto positivo che la liberazione dei dati prodotti dalla PA è potenzialmente in grado di produrre in termini di trasparenza dell’azione amministrativa e, al tempo stesso, come valida opportunità di sviluppo economico nei vari settori dell’IT. Ampio merito va dato alla Regione Piemonte, che con il suo portale dati.piemonte.it, rappresenta finora l’unica PA italiana che, pur non essendo obbligata a farlo (come argomenta Gerlando Gibilaro in un suo recente post su InDiritto), ha predisposto un banco di prova utile per mostrare effettivamente cosa si può fare con i dati grezzi e qual è il loro potenziale intrinseco ancora tutto da esplorare. A tal proposito, recentemente il portale si è arricchito di un’ulteriore sezione dedicata ai casi d’uso dei dati finora rilasciati, ancora piuttosto limitati in numero, ma non per molto visto che i tempi sono più che maturi…

Infatti, dopo essere rimasti a guardare a lungo cosa accadeva oltremanica o oltreoceano, è giunto finalmente il momento di tradurre questa opportunità in azione! Pertanto, al di là delle etichette, civic hacker, hacktivisti o civil servant di tutta Italia mettiamoci anche noi in gioco, “sporchiamoci” le mani con gli open data e affrontiamo la nostra sfida per l’innovazione e lo sviluppo. Ne va di mezzo anche la reputazione del nostro estro creativo che, da sempre, ci invidia tutto il mondo!

Gli open data piemontesi sul turismo…

All’esordio di dati.piemonte.it, i primi dataset resi disponibili non erano caratterizzati da forte connotazione geografica. Oggi, invece, grazie al recente rilascio dei dati relativi al settore del turismo, è possibile cominciare a ragionare in termini di localizzazione di attività produttive, nella fattispecie di strutture ricettive, e di rappresentazione all’interno di un’applicazione di web mapping, utilizzando un approccio maggiormente legato al territorio rispetto a quello prettamente illustrativo adottato in questo post. Nel dettaglio, sto riferendomi ai dati “Anagrafica esercizi – ricettività”, contenenti l’elenco delle quasi 5000 strutture ricettive piemontesi censite nel 2009, per ognuna delle quali è fornito l’indirizzo (via e comune), alcuni recapiti, la tipologia, l’eventuale qualifica (numero di stelle) e alcuni indicatori di capacità ricettiva (numero di camere, letti e bagni).

Data cleansing e faceted navigation…

Scaricati i dati di interesse, questi si presentano come un file di estensione .7z comprendente, a sua volta, due file .csv, di cui uno contenente i dati veri e propri e l’altro dei metadati. Fin qui tutto ok! Aprendo entrambi i file, tuttavia è possibile notare delle strane sequenze di caratteri (es. +AC0-, +AC1-, +Aog-, …): esse rappresentano la codifica di alcuni caratteri speciali (es. lettere accentate) derivanti dalla conversione dei dati grezzi nel formato CSV a partire dalla sorgente di dati originaria… Emerge chiaramente la necessità di dover ripulire questi dati e, piuttosto che utilizzare un comune editor di testo o un foglio di calcolo, ne ho approfittato per testare Google Refine (ex Freebase Gridworks), software con cui avevo visto fare cose davvero strabilianti in queste screencast.

Si tratta, infatti, di un potente strumento per ripulire i dati grezzi (data cleansing), in grado di renderli consistenti, collegarli a basi di dati esterne come Freebase, aggregarli con dati provenienti da altre fonti, convertirli nei formati necessari da utilizzare in altri strumenti e contribuire ad alimentare, a loro volta, altre fonti di dati. Ma non è finita qui… Pur essendo utilizzato all’interno di un browser, Google Refine non è un servizio web, ma un’applicazione desktop eseguibile sul proprio computer che consente ampia libertà nel flusso di lavoro, prevede un meccanismo di “undo/redo” persistente (anche in caso di crash della macchina!) e supporta diverse modalità avanzate di ricerca e di filtraggio dei dati mediante facet (faccette). In particolare, la faceted navigation (“navigazione guidata” o “ricerca a faccette“) è quel metodo di ricerca incrementale per parole chiavi, molto utilizzato ad es. nei portali di e-commerce, che guida l’utente in tempo reale verso le informazioni ricercate attraverso una serie di piccoli e semplici passaggi, garantendogli ampia libertà di scelta.
I dati sono stati quindi ripuliti dai vari refusi presenti, effettuando operazioni di sostituzione in maniera batch (in caso di errore, come accennavo prima, esiste fortunatamente la possibilità di annullare le modifiche) e controllando, infine, la congruenza dei risultati ottenuti tramite le comode facet e i filtri di testo. I dati così ottenuti sono stati quindi esportati in formato CSV ed, infine, importati e pubblicati in un Google Spreadsheet.

Un problema di geocoding…

Occupandomi di sistemi informativi geografici, il mio interesse nei confronti di questo dataset è scaturito dal fatto che ogni struttura ricettiva è dotata di indirizzo (non solo il comune o la provincia di appartenenza) e che quindi, ai fini della sua rappresentazione su mappa, si presta bene ad essere risolto come un classico problema di geocoding, ovvero di determinazione delle coordinate geografiche (latitudine e longitudine) a partire dagli indirizzi dei punti di interesse (POI). A tal fine, esistono diversi servizi web (geocoder), liberi o proprietari, caratterizzati da diverso grado di copertura, accuratezza ed eventuali restrizioni d’uso, che si occupano di convertire gli indirizzi in coordinate.
Dovendo effettuare tale operazione per migliaia di indirizzi e desiderando automatizzare il processo, ho scelto di utilizzare questo servizio di Google, che consiste in una procedura guidata per la generazione batch dei valori di latitudine e longitudine a partire da un Google spreadsheet, contenente almeno due attributi: un identificatore univoco e l’indirizzo dei punti di interesse. Effettuato il geocoding e verificato che questo sia andato a buon fine, l’accuratezza dell’operazione dipenderà fortemente dalla qualità e soprattutto dal grado di capillarità degli indirizzi che diamo in pasto al geocoder. Per intenderci, mentre nei centri urbani sarà possibile individuare con buona approssimazione le coordinate dei numeri civici, d’altro canto risulterà alquanto improbabile determinare la posizione accurata di un rifugio alpino!
A valle di questa operazione, ho esportato gli identificativi e le coordinate così ottenute all’interno di un foglio di calcolo sul mio pc, manipolandole in funzione del particolare formato richiesto dal framework che mi accingevo ad utilizzare. Successivamente, ho collegato le coordinate alla tabella dei dati originari sfruttando l’identificativo univoco come attributo comune ed ho quindi nuovamente esportato e pubblicato i dati in Google Spreadsheet.

Il framework utilizzato…

Una volta sistemati i dati, il passo successivo consiste nella progettazione e nell’implementazione dell’applicazione web da utilizzare per la loro rappresentazione. A tal proposito, la scelta fin da subito è ricaduta sullo strepitoso SIMILE Exhibit, un framework per la pubblicazione di pagine web caratterizzate da una forte interazione con i dati, che utilizza funzionalità di ricerca e di filtraggio basate ancora una volta sul concetto di “faceted navigation” e che consente di riprodurre agevolmente visualizzazioni interattive dei dati sotto forma di tabelle, thumbnail, mappe, grafici e timeline (come ad esempio ci aveva mostrato Andrea Borruso nel suo post scritto a seguito del terremoto in Abruzzo), senza richiedere il setup di database e di altre tecnologie server-side, nè tanto meno il possesso di skill avanzati di programmazione.
In particolare, il formato di dati che SIMILE Exhibit accetta in ingresso è JSON se la sorgente di dati risiede sullo stesso server dell’applicazione, JSONP negli altri casi. Tra le varie alternative a disposizione, è possibile importare dati da un Google spreadsheet, seguendo queste indicazioni.
Pertanto, dopo aver letto un po’ di documentazione e spulciato il codice di alcuni esempi, ho provato a caricarci sopra l’intero dataset delle strutture ricettive piemontesi. Ahimè… mi sono scontrato con le uniche effettive controindicazioni all’utilizzo di queste API JavaScript, ovvero la limitazione della memoria cache dei browser in cui sono temporaneamente immagazzinati i dati e l’accettabilità del tempo di attesa in fase di caricamento. Trattandosi semplicemente di una proof of concept, ho deciso quindi di ridurre la mole dei dati in Google Refine, filtrando solo la provincia torinese e ripubblicando il tutto su Google Docs. In definitiva, il risultato ottenuto è il seguente (per accedere all’applicazione cliccare sull’immagine):

Nel dettaglio, l’applicazione “Where to sleep in Turin” consente la ricerca delle strutture ricettive della provincia torinese mediante l’utilizzo di:

  • tre facet di ricerca di testo sul comune, la denominazione e l’indirizzo delle strutture ricettive;
  • una “cloud facet” sulla tipologia;
  • una “filter facet” sulla categoria delle strutture dotate di tale qualifica;
  • e, infine, tre “slider facet” per controllare l’intervallo di valori dei parametri di capacità ricettiva.

Tra le varie modalità alternative di visualizzazione offerte da Exhibit, sono presenti:

  • una thumbnail “STRUTTURE RICETTIVE” al fine di poter consultare in maniera descrittiva ed aggregata i risultati man mano che si restringe il campo della ricerca;
  • una mappa nella quale visualizzare l’ubicazione delle strutture ricettive e poterne interrogare gli attributi
  • ed, infine, tre scatterplot in cui si pongono reciprocamente in relazione i parametri di capacità ricettiva e dove, ancora una volta, è possibile interrogare le singole strutture su grafico.

In particolare, gli scatterplot presenti nell’applicazione non hanno una finalità strettamente legata alla ricerca delle strutture ricettive, piuttosto vogliono lasciar immaginare e quindi pregustare quanto di buono si possa fare con strumenti come SIMILE Exhibit. In questa applicazione, infatti, le correlazioni individuabili tra i vari parametri esaminati scaturiscono banalmente dalla tipologia di struttura (ad es. se la struttura è un albergo, il numero di bagni per posti letto si aggirerà generalmente attorno al valore 0.5, mentre se si tratta di un campeggio sarà decisamente minore). Diversamente, se al posto di questi dati ci fossero stati, ad esempio, quelli relativi alla concentrazione di un inquinante e all’incidenza di determinate patologie (a tal proposito, si veda questo post), allora la potenza e l’immediatezza di tale modalità di rappresentazione dei dati potrebbe acquistare decisamente tutto un altro spessore ed utilità sociale. Lascio spazio alla vostra immaginazione…

E non è finita qui! Ne approfitto per segnalare la presenza di TANTO alla seconda edizione di ITN 2010, evento che si terrà a Torino l’11 e il 12 novembre 2010 (in concomitanza con le giornate conclusive di ASITA, sic!), in cui il nostro hacktivista Pietro Blu Giandonato interverrà con “I ‘luoghi’ degli open data: dove e come trovare in Italia i dati per sviluppare applicazioni location aware (slide) nella sessione “Domanda (potenziale) e offerta (implicita) di informazione geolocalizzata: gli anelli mancanti”. In particolare, uno dei temi chiave della sessione è rappresentato dai “Dati geografici del settore pubblico o free, consolidati e facilmente accessibili, potenzialmente utilizzabili per la costruzione di significative applicazioni basate su informazione geolocalizzata” e credo che quelli utilizzati nell’applicazione appena mostratavi ne sono un più che valido esempio. Come si dice da queste parti …stay tuned! ;)

Attenzione! Questo è un articolo di almeno un anno fa!
I contenuti potrebbero non essere più adeguati ai tempi!

9 Responses to “Where to sleep in Turin: un esempio d’uso dei raw data piemontesi con Google Refine e SIMILE Exhibit”

  1. By fabrizio dabbene on nov 25, 2010

    Sono davvero felice di aver letto questa pagina, lavoro per il turismo in csi e quei dati che lei ha usato, sono frutto di una scommessa vinta, far parlare Regione, provincie del Piemonte e ATL.\nQUei dati sono il frutto di una parte del lavoro svolto da molte persone in cooperazione negli ultimi anni. Non ha idea di come sia felice di vedere che questi generino qualcos\’altro. Grazie e complimenti

  2. By sandro ferrara on nov 26, 2010

    ottima sperimentazione, complimenti.

  3. By francesco scalise on nov 26, 2010

    Vi segnalo l’articolo de La Stampa a proposito dei dati trattati in questa pagina. Saluti e complimenti.

  4. By Antonio Falciano on nov 26, 2010

    @fabrizio: La felicità che traspare dal suo commento mi ripaga ampiamente del tempo dedicato alla realizzazione dell’applicazione. Grazie a lei! Si tratta indubbiamente di una gran bella “scommessa vinta”, un esempio lungimirante del quale l’intero Paese dovrebbe farne tesoro.

    @sandro: Grazie!

    @francesco: Grazie per la segnalazione! Colgo l’occasione per aggiornare un po’ la “rassegna stampa” relativa a questo post e all’applicazione descritta. Ho inserito una sezione apposita in calce al post stesso.

    Cordiali saluti.

  5. By Antonio Falciano on gen 12, 2011

    N.B.: leggendo i commenti dei casi d’uso e le FAQ di dati.piemonte.it ho appreso che la codifica dei dati grezzi in formato CSV è “Unicode UTF-7″.
    Per completezza, è dunque possibile visualizzare correttamente il file CSV utilizzato nell’applicazione all’interno di un foglio di calcolo, semplicemente impostando tale codifica in fase di importazione e senza dover necessariamente “ripulire” i dati dalle “strane sequenze di caratteri” di cui si discute nel post.

  6. By Andrea on apr 24, 2012

    per chi volesse imparare ad usare google refine, suggerisco questo video tutorial in italiano http://youtu.be/dcn3p-n44PE

  7. By Antonio Falciano on apr 24, 2012

    Ciao Andrea,
    grazie per la segnalazione. Il video-tutorial è davvero ben fatto e ripercorre praticamente buona parte delle formidabili funzionalità di Google Refine, dal faceting allo scripting. Ottimo!

  8. By Andrea on apr 24, 2012

    tnx.. l’ho fatto io :)

  9. By Sandro Ferrara on apr 25, 2012

    @Andrea complimenti bellissimo lavoro e di grande utilità

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