“Lungo la pista, mentre salgo a Nkongle ritto sul pianale del camioncino, gli alberi dei rami mi frustano il volto. Si aprono sprazzi di cielo in alto e squarci di dirupi in basso, con l’orizzonte che si allarga gradatamente a spazi sconfinati…”. Appunti di più di vent’anni fa che rileggo tornando nelle foreste del Cameroun. Oggi come allora, percorrendo le piste di terra rossa, tra il verde di una natura d’incanto, mi si dilata l’anima e mi pervade un senso di libertà e di beatitudine. Forse il primo uomo sulla terra, quando si guardò attorno, avrà provato gli stessi sentimenti. Come lui mi pare d’essere in un paradiso terrestre. “Sicuramente l’Eden Dio l’ha piantato qui, in terra d’Africa: se ne scorgono an-cora le vestigia”, esordisco nella conferenza al Meeting sulle religiosi tradizionali africane. Dalla platea – composta in gran parte da africani di differenti Paesi del continente nei colorati festosi costumi tradizionali – si alza un applauso sentito; ma non ho detto queste parole per accattivarmi il pubblico, sono io piuttosto conquistato da questa terra.
Ci mostrano le loro foreste sacre, le montagne sacre, le cascate sacre… così maestose, e ci narrano di come, da tempi immemorabili, si sono recati e si recano in questi luo-ghi per incontrarsi con Dio…
Per incontrarsi occorre uno spazio. Mi viene spontaneo pensare che Dio ha creato il cosmo proprio per offrire un luogo d’appuntamento per l’incontro con l’umanità.
Comunque, al di là di questo specifico progetto, nessuno vieta di metterne su altri simili
Pietro
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