16 aprile, 2012 | di

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul Blog di Working Capital.

Ushahidi, che in Swahili significa testimonianza, è oggi una una società non-profit che sviluppa software libero. Il suo core business è lo sviluppo di software per la raccolta, la visualizzazione e la rappresentazione di informazioni su cartografia interattiva.

E’ un valido esempio di come una startup possa nascere da un’idea di successo, in una realtà come quella del Kenya, che non associamo a incubatore di tech company.

Tutto nasce durante le violenze che si sono verificate in Kenya, nel 2008 a seguito delle elezioni politiche. Un gruppo di persone tra cui l’attivista kenyota Ory Okolloh, si trovarono a documentare sui loro blog, anche attraverso i commenti, le violenze che stavano accadendo nel paese. Qualcuno lanciò l’idea di mappare i luoghi delle violenze attraverso Google Maps, e Ory rilanciò la proposta via twitter, chiedendo supporto alla comunità degli sviluppatori software del paese.

In tre giorni era online Ushahidi.com, il sito originale, ancora visibile in una sezione del sito attuale. Ushahidi ebbe una grandissima risposta, ben 45,000 utenti inviarono le loro testimonianze dai luoghi degli scontri, permettendo di seguire l’evoluzione della situazione nel paese in maniera indipendente da quanto riportato dagli organi ufficiali. Un esperimento riuscito di citizen journalism e crowdsourcing.

Da allora Ushahidi non rappresenta più solo una piattaforma web ma una realtà aziendale complessa, al cui al nucleo originale dei fondatori Erik HersmanJuliana Rotich, Ory Okolloh eDavid Kobia si è affiancato un nutrito gruppo di sviluppatori e di specialisti di tecnologia, attivisti politici, giornalisti ed esperti di comunicazione. La cosa che colpisce, guardando le pagine del team è l’estrema distanza geografica che separa queste persone che vivono, in qualche caso, in continenti diversi. Il cuore pulsante del progetto rimane in Kenya anche se, formalmente, la società ha sede ad Orlando in Florida.

La piattaforma di Ushahidi dal 2008 ad oggi è stata testimone di numerose emergenze tra cui ilterremoto di Hahiti, la crisi libica, il terremoto in Giappone e l’attualissima crisi siriana, riuscendo a supportare i cittadini e le organizzazioni che operavano sul campo attraverso la gestione e pubblicazione su mappa delle richieste di soccorso e delle risorse disponibili.

La facilità nella diffusione è stata favorita da Crowdmap, uno dei prodotti creati dalla startup a partire dall’idea originale e che permette di utilizzare le risorse web di Ushahidi per mettere on line, gratuitamente, una versione personalizzata della piattaforma in pochi minuti.

Questo ha permesso, anche in Italia, la realizzazione di diversi deployment, tra cui Rifiutiamoci.

Uno dei punti di forza di Ushahidi è senza dubbio la versatilità. Consente di operare in condizioni logistiche di comunicazione profondamente diverse, adattandosi a scenari di utilizzo profondamente differenti.

La funzionalità di base è quella di rendere disponibili, anche in tempo reale, informazioni geolocalizzate relative a diverse categorie di eventi su una mappa, permettendo di analizzare il flusso temporale degli avvenimenti attraverso una timeline che può essere attivata per rappresentarli dinamicamente.

E’ possibile ricevere via email o SMS un messaggio se un evento di determinato tipo si presenta ad una determinata distanza da una posizione prefissata, allertando ad esempio un giornalista o un’unità di soccorso.

Le segnalazioni possono essere inviate via SMS o nel caso di uno smartphone con GPS integrato, utilizzando il formato GeoSMS che invia automaticamente indicazioni rispetto alla propria posizione. Sono state create specifiche apps per iPhone ed Android ed è prevista un’interfaccia dibackoffice per inserire le segnalazioni ricevute telefonicamente oltre che per validare le diverse segnalazioni, provenienti anche da email e da web.

Un’altra delle innovazioni legate allo sviluppo della start-up è stata la realizzazione di una innovativa piattaforma: SwiftRiver, che è attualmente in versione beta, che analizza e verifica inreal-time grandi flussi di dati provenienti da diversi canali quali: email, twitter, SMS e feed RSS. Il sistema provvede ad un’analisi semantica del flusso permettendo la l’auto-categorizzazione e classificazione dei dati analizzati sulla base di parole chiave.

SwiftRiver è utilizzato anche da Wikipedia per analizzare come gli editor della famosa enciclopedia tracciano, valutano e verificano l’attendibilità delle fonti relative alle voci pubblicate.

Ushahidi ha maturato una così grande esperienza sul campo da aver creato anche dei veri e proprihow-to per l’organizzazione di un sistema di monitoraggio elettorale, per il fund raisinge per la gestione della sicurezza in realtà “democraticamente” difficili.

Tra i progetti italiani che lo utilizzano possiamo citare:

Aggiornamenti:

9 novembre, 2011 | di

Il titolo è “stupidottero” ma è l’occasione per dare notizia di tre cose. La prima è che sono aperte le iscrizioni per il GfossDay 2011 che si terrà a Foggia.

La seconda è che è stato pubblicato il programma “definitivo”.

La terza – che mi fa molto piacere – è che TANTO sarà da quelli parti:

  • Pietro infatti il 25 novembre – tra le 9.30 e le 11.25 – sarà uno dei relatori della sessione tematica “VGI “Volunteered Geographic Information”“, ed in particolare racconterà dei nostri amati Ushahidi e Crowdmap
  • Antonio curerà il laboratorio su gvSIG del 24 Novembre
  • ed Andrea - insieme a Silvia Franceschi – illustrerà il caso studio degli “Strumenti open source per la gestione delle reti urbane”, il 25 novembre

Si mormora, che altri di noi saranno pericolosamente in giro, indecisi ancora se portare con sé anche la loro chitarra.

Io purtroppo non ci sarò, faccio un grande in bocca al lupo a tutti!

 

1 dicembre, 2010 | di

Venerdì scorso Caterpillar, la nota trasmissione radiofonica di Radio 2, ha lanciato il Primo concorso fotografico di immondizia. Cirri e Solibello invitavano gli ascoltatori a chiamare e testimoniare la presenza di cumuli di spazzatura in ogni angolo di Napoli. Inutile dire che le telefonate sono state tantissime, e oggi sul sito web della trasmissione si possano già “ammirare” gli scatti che immortalano la drammatica situazione nella quale versa una delle città più belle al mondo.

A chi chiamava, i conduttori chiedevano anche di indicare il luogo nel quale i sacchetti di immondizia giacevano, oltre che di mandare per email una foto. A me, come sarebbe accaduto anche a voi dall’animo geografico, è subito balenata l’idea di immaginare una mappa che mostrasse la “distribuzione” di questi cumuli di immondizia, anche perchè in TV o in radio sentiamo spesso citare cifre riguardanti il “tonnellagio” di rifiuti in giro per Napoli, ma manca totalmente la rappresentazione spaziale di questo “fenomeno”.

L’idea di “Rifiutiamoci” mi è venuta leggendo Surplus cognitivo , l’ultimo libro di Clay Shirky, nel quale l’autore, parlando tra l’altro anche di Ushahidi, fa capire molto chiaramente perché i fenomeni di “crowdsourcing” funzionino così bene quando consentono alla gente di poter manifestare la propria gioia o il proprio disagio in maniera collettiva.

(Grazie a Napo per la segnalazione del video)

Giriamo per strada e siamo sempre più afflitti nel vedere cumuli di immondizia ad ogni angolo di strada, e non riusciamo a sfogare rabbia e frustrazione se non imprecando sul momento, tra passanti apparentemente rassegnati, oppure scattando una foto e mandando un twit geotaggato come faccio talvolta io…

E se lo facessimo in tanti? E se usassimo un hashtag per raccogliere implicitamente in un unico flusso comunicativo queste urla virtuali, queste segnalazioni? E se tutti geotaggassimo i twit e “qualcosa” consentisse di visualizzarli tutti su una mappa? E se tutte queste segnalazioni potessero diventare una sorta di patrimonio comune, per capire come sta evolvendo la situazione nel tempo, dove e quando i rifiuti non solo si accumulano, ma poi magari vengono portati via? Si tratta di hacktivismo, ne abbiamo parlato molte altre volte qui su TANTO.

Ushahidi, ecco la soluzione!

Da tempo desideravo trovare un’occasione per cominciare a cimentarmi con la piattaforma basata su web di Ushahidi, ovvero Crowdmap.com e dunque, tornato a casa, ho subito creato il deployment che trovate su rifiutiamoci.crowdmap.com, che ho pensato come un progetto di crowdmapping sulla localizzazione dei cumuli di immondizia a Napoli, per dare “un volto” a questa piaga che attanaglia la città da sempre.

Niente di meglio per dare voce a frustrazione e rabbia del cittadino o del turista e canalizzare il desiderio di condividere questi due sentimenti in qualcosa di concreto.

Crowdmap è molto semplice da usare, consente di avere una mappa interattiva sulla quale visualizzare tutte le segnalazioni fatte, e di poterle poi “esplorare” usando criteri temporali, attraverso una timeline dinamica, impostando le date di inizio e di fine del periodo che ci interessa, infine visualizzare in tempo reale il succedersi degli eventi. Le segnalazioni possono anche essere esportate in formato csv, per poterle utilizzare in altri ambiti o analizzare i dati e produrre report.

Cosa troviamo in Rifiutiamoci?

Nel deployment di Rifiutiamoci, ad oggi trovate uno strato informativo denominato “Impianti” che raccoglie l’ubicazione delle discariche (in esercizio, dismesse, da riaprire, in progetto) e gli inceneritori (l’unico in esercizio di Acerra e gli altri tre in progetto). Purtroppo non sono riuscito a recuperare le date di apertura o dismissione delle discariche, pertanto le date delle rispettive segnalazioni sono errate. Né tanto meno il numero degli impianti vuole essere esaustivo, perché ne mancano ancora molti. Anzi, invito chi avesse notizie più aggiornate riguardo gli impianti presenti sul sito, a farlo all’indirizzo email del progetto o addirittura segnalarne di nuovi.

Oltre agli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti, è possibile segnalare gli accumuli di immondizia sparsi per Napoli che giacciono abbandonati, o addirittura dove ci sono stati episodi di incendio degli stessi, o ancora (cosa positiva e da non trascurare assolutamente) i cumuli di rifiuti ritirati. Queste tre tipologie di segnalazioni, nel loro insieme, riusciranno a fornire nel tempo un quadro della situazione dinamico, chiaro e affidabile.

Infine, sebbene “nascosto”, il deployment Rifiutiamoci eroga anche le segnalazioni sotto forma di GeoRSS che è possibile riutilizzare in una miriade di modi diversi, tra i quali visualizzarlo direttamente in Google Maps…


Visualizzazione ingrandita della mappa

Come possiamo  effettuare quindi le segnalazioni?

Crowdmap/Ushahidi è nato con l’idea di consentire a tutti, ovunque ci si trovi, di fare segnalazioni. Dunque non solo via web o email, ma anche con dispositivi mobili, su piattaforme come Twitter , e perfino con un sempliceSMS da un vecchio cellulare.

Ogni segnalazione, a seconda del canale con il quale arriva, ha bisogno di più o meno lavoro di “back office” per essere validata, ovvero verificare che non sia un “fake” e trasformarla in un punto sulla mappa, cosa che può comportare del tempo in funzione della qualità delle informazioni sulla localizzazione fornite del segnalatore. La veridicità della segnalazione avviene in genere comprovandola con una foto, o indirettamente se la medesima situazione viene confutata da ulteriori segnalazioni mandate da altri cittadini. Ma in genere si fa affidamento alla buona fede… a meno che non si abbia a che fare con dei mitomani :D

Compilando il form web direttamente sul sito è possibile inserire tutte le informazioni utili a descrivere la situazione con poche parole, caricare una foto, linkare un video o anche una notizia, e ovviamente “geotaggarla” inserendo indirizzo e località. Tutto molto semplice e intuitivo.

Inviando una email a rifiutiamoci.crowdmap@gmail.com corredata di tutte le notizie utili e magari qualche foto, in “back office” i curatori del sito creeranno poi la segnalazione.

E poi la maniera più “web 2.0”, ovvero mentre magari vi imbattete in un cumulo di immondizia, dal vostro dispositivo mobile Android, iPhone o Windows usare Twitter per inviare un messaggio geotaggato con relativa foto scattata sul posto. Come assicurarsi che il twit vada a finire in Rifiutiamoci? Basta utilizzare l’apposito hashtag del progetto #rifiutiamoci, ed andrà a ingrossare le fila dello stream ad esso associato.

C’è anche la possibilità di mandare segnalazioni, come dicevo prima, via SMS. Ma al momento si è scelto di non adottare questa modalità, perché troppo onerosa dal punto di vista della gestione in back-office. Ciò non toglie che un domani, se le fila di volontari dietro Rifiutiamoci cresceranno, ci si possa pensare…

Ma che scopo ha Rifiutiamoci?

Rifiutiamoci non ha uno scopo di denuncia “a senso unico”, della serie: ecco dov’è l’immondizia, venite e prenderla! Il problema, come ben sappiamo, è dove metterla e soprattutto cosa farne (riciclo, riuso, per non parlare della teoria rifiuti zero). E le barricate di persone esasperate dalla famigerata sindrome NIMBY, quotidianamente protagoniste delle notizie lo dimostrano ampiamente.

Una quantificazione spaziale del problema, con una mappa costruita non dalle istituzioni (con tutti i problemi di attendibilità delle informazioni per motivi di sicurezza) ma in crowdsourcing dai cittadini, può dare un grande contributo al dimensionamento del fenomeno, alla sua analisi temporale. Un validissimo strumento alla base della pianificazione degli interventi per evitare rischi sanitari ed epidemiologici e per l’analisi di dinamiche estremamente mutevoli, che non potrebbero mai essere efficaci con un approccio che non tenga conto della dimensione spaziale. Ad esempio, diventa fondamentale anche segnalare i cumuli di rifiuti che vengono portati via, in modo tale da riuscire a seguire l’evoluzione della situazione nel suo complesso.

Il progetto ha anche un account Twitter @rifiutiamoci che, oltre ad essere un canale di comunicazione “ufficiale”, raccoglierà in maniera “automatica” il flusso dei twit con hashtag #rifiutiamoci generati dai cittadini hacktivisti. Naturalmente non poteva mancare anche una pagina Facebook.

Insomma, contribuire a Rifiutiamoci è davvero semplice, e potrete in questo modo trasformare la vostra rabbia e indignazione per ciò che sta accadendo a Napoli in qualcosa di costruttivo e utile: dare un volto, anzi una mappa, a un disastro che sta assumendo dimensioni che al momento è davvero difficile riuscire a visualizzare.

Infine, vorrei segnalare un altro interessante progetto di mappatura delle discariche e degli impianti per il trattamento dei rifiuti, avviato già da tempo, al quale ho attinto utilmente informazioni per la loro ubicazione. Chissà che un giorno non riusciremo ad unire le forze, si tratta di www.munnezza.info

Addendum: “Ma così Napoli sembrerà sempre sporca!”

E’ quanto hanno fatto notare alcuni utenti recentemente. Allo stato attuale del progetto Rifiutiamoci infatti, la città potrebbe sembrare più sporca di quanto non sia nella realtà, proprio perché la situazione cambia di giorno in giorno sia in peggio che in meglio. Ma ciò dipende dal tipo di segnalazioni che vengono fatte. Se a Montesanto è stato segnalato un cumulo di rifiuti un determinato giorno, la relativa comunicazione non deve essere cancellata dopo che magari successivamente verranno ritirati. Andrebbe fatta un’altra segnalazione, nello stesso luogo, che appunto testimonia il miglioramento. Del resto il sito consente di visualizzare anche in maniera separata le differenti tipologie di segnalazioni, dunque sia i rifiuti non ritirati che quelli ritirati.

Il problema dunque è che siamo all’inizio del progetto, e la stragrande maggioranza delle segnalazioni è di rifiuti non ritirati. Se un maggior numero di cittadini cominciasse a segnalare anche il miglioramento della situazione, allora il problema non si porrebbe più. L’ideale sarebbe che ogni cittadino attivo utilizzasse quotidianamente il sito, segnalando peggioramenti e miglioramenti nella zona in cui vive o lavora, sistematicamente, ogni giorno.

Il senso di Rifiutiamoci non è quello di mostrare solo il lato peggiore della situazione, ma anche la sua evoluzione in meglio. Ciò può avvenire solo coinvolgendo quanta più gente possibile nel raccontare ciò che accade. E un napoletano che ama la propria città non perderà certo l’occasione di mostrare che l’immondizia sta sparendo dalle strade.


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