19 gennaio, 2012 | di

Quest’avventura ha ancora pochi mesi di vita, ma vale già la pena di essere raccontata. Tutto è nato da una mail ricevuta lo scorso maggio: “Ti scrivo perché con i colleghi, abbiamo deciso d’intensificare la collaborazione con alcuni siti blog del settore, aprendo il sito di GEOmedia a contributi diretti ed indiretti”. Seguì una chiacchierata telefonica, in cui si valutò interessante organizzare una teleconferenza con i corrispondenti blogger.

La riunione telefonica avvenne puntualmente un mese più tardi. Alfonso Quaglione –l’autore della mail- espose ai blogger invitati, tra cui noi di TANTO, le proposte della Rivista, per quale finalità erano nate, ecc. ecc. Si raccolsero le prime impressioni, i commenti e i contributi. Alcuni espressero perplessità; emerse anche qualche critica. Luglio e agosto passarono, ancora tra qualche scambio di email, per puntualizzare punti di vista e per precisare meglio i dubbi.

Tralascio di soffermarmi sui distinguo. Quanto esporrò nel seguito prese infatti le mosse dalla constatazione che -in generale- tutti gli interventi fossero legati da un fil rouge, esprimibile in forma di auspicio: “Possiamo e dobbiamo continuare a parlarne”. Tra le idee e i possibili obiettivi espressi nella prima riunione virtuale di giugno, certamente questi trovavano ampia condivisione:

  • portare i temi più importanti dell’informazione geografica anche all’attenzione dei non addetti ai lavori
  • creare un network dell’informazione geografica.

Valeva quindi la pena provare a fertilizzare questo dialogo, innescato dall’apprezzata rivista di geomatica, cercando occasioni per collaborare in quella direzione condivisa, ripromettendosi di operare per attrarre l’attenzione e l’interesse di chi –singole persone e aggregazioni- ne avesse approvato le finalità.

E’ a questo punto che entra in scena “Stati Generali dell’Innovazione” –SGI. I promotori di questa iniziativa –di cui su TANTO abbiamo scritto ormai in diverse occasioni (leggi qui e qui)- erano impegnati negli stessi mesi nell’organizzazione di un evento che richiamasse la partecipazione di tutti i portatori d’interesse verso la costruzione di una prospettiva condivisa per un cambio effettivo nella politica dell’innovazione per l’Italia.

In sintesi, le cose sono andate così.
SGI è un’associazione –ha anche uno statuto- ma si presenta meglio come una rete di associazioni, organizzazioni, enti, gruppi e persone singole, unite da uno scopo ben preciso: “Fornire contributi alla classe dirigente per attuare scelte rivolte alla realizzazione di un sistema di innovazione diffusa, un’innovazione che nasca dalle comunità e che al benessere delle comunità, in quanto reti relazionali, economiche e sociali, sia principalmente rivolta.

Prendere parte alle attività di SGI è semplice e ci si può coinvolgere in modi diversi, con impegno differente: puoi visitare la pagina o iscriverti al gruppo FB; puoi seguire l’iniziativa su Twitter (@SGInnovazione); si può prendere parte alle discussioni avviate sui forum aperti sul sito dell’associazione, puoi restare connesso utilizzando gli RSS, iscriverti alla mailing-list; puoi aderire all’iniziativa, associarti -come organizzazione o singolo-, insomma i canali per ricevere informazioni e comunicare le proprie idee non mancano.

E’ sembrato –non a tutti, ma a più d’uno- il contesto appropriato per provare a individuare e proporre argomenti e idee riguardanti l’Informazione Geografica che –per il loro valore o per le interconnessioni con altri temi- destino attenzione all’interno di tale costituenda comunità e, per questa strada, vedere anche se potesse formarsi almeno un ordito di ciò che potrebbe poi diventare una rete geomatica “costituita dal basso”.

Così, “zitti zitti, piano piano”, senza fare confusione… un gruppetto di geomatici si è affacciato a SGI. Il primo –atteso- incontro pubblico ha avuto luogo il 25 e il 26 novembre scorsi. Come ho raccontato qua, l’esperienza è stata più che positiva: una conferma sia del clima partecipativo e collaborativo che traspariva già in Rete, sia di come i temi dell’Informazione Geografica possano essere accolti, recepiti e apprezzati in un contesto ICT generale e inquadrato sui contributi che tutti possiamo dare per raggiungere gli scopi per cui SGI è stata costituita.

 

La rete si sta formando

Il convegno di fine novembre è stato solo l’inizio, un buon inizio –scrivono gli organizzatori- per gli Stati Generali dell’Innovazione. L’esito, infatti, in termini di adesioni, partecipazione, temi affrontati e conclusioni a cui si è pervenuti, pongono già questa “meta-associazione” quale realtà con cui chi governa potrà confrontarsi e una risorsa per tutti coloro che vogliono produrre un vero cambiamento nelle politiche  dell’innovazione del nostro Paese.

Il “gruppetto” nato grazie alle discussioni estive di cui vi ho raccontato, ha continuato a dialogare in Rete, si è un poco rafforzato e ha iniziato a interagire all’interno degli Stati.

SGI sta alacremente costruendo una roadmap per il 2012, la roadmap dell’Italia che innova. E’ stata già formalizzata la Consulta Permanente degli SGI, sono avviate attività sui temi principali e più urgenti individuati; si sta definendo un calendario di eventi per portare il confronto degli SGI su tutto il territorio nazionale e altro ancora.

Consultando le otto schede, per altrettante azioni, messe a punto nel corso dell’incontro di novembre, possono affiorare molti argomenti legati o affini alle tematiche dell’Informazione Geografica. Stati Generali dell’Innovazione offre quindi la possibilità di entrare in contatto con soggetti che assumono intrinsecamente l’IG quale componente delle risorse che possono contribuire all’innovazione del Paese. Un’opportunità nuova per cooperare nella promozione delle istanze del nostro settore,  condividendo esigenze comuni. Per esempio, alcuni aspetti legati allo sviluppo delle Infrastrutture di Dati Territoriali a livello sub-nazionale si possono pienamente approfondire anche nell’ambito di un programma per promuovere il federalismo digitale, com’è stato articolato nella scheda “Inclusione digitale – Azione 1”. Così pure, non riesco a pensare a un programma che persegua il modello delle smart cities (scheda “Creatività e conoscenza condivisa – Azione 2”), senza “smart geo-data e smart geo-services”. Oppure ancora: quali contributi possono dare i geomatici rispetto al mutamento di modello di governance del settore pubblico, all’Open Government?
Vi sono processi in corso per cui potrebbe essere deleterio e controproducente lavorare a compartimenti. Credo sia allora un’opportunità quanto proposto dal programma per rendere pubblici e in formato aperto i dati della Pubblica Amministrazione (scheda “Open Government – Azione 1”). Sarebbe assai curioso non trovare visi noti al Tavolo di lavoro sugli Open Data che verrà costituito nei prossimi mesi.
Un’ultima annotazione: come sempre, in questi primi giorni del 2012 le associazioni del nostro settore, così come enti e varie organizzazioni, sono certamente già impegnate nella preparazione di convegni, workshop, seminari con finalità tecnico-scientifiche, per promuovere progetti, con scopi divulgativi. Per alcuni temi e in alcune circostanze, verificare sinergie con SGI, verificare se vi possono essere motivi di arricchimento per la road mapdell’Italia che innova”, potrebbe generare valore per l’iniziativa in corso di programmazione. Ugualmente, la geo-rete ipotizzata può essere portatrice di contributi geomatici nell’ambito di eventi organizzati da SGI e suoi associati.

Fin qui l’attività di “apri-pista” che abbiamo svolto. L’idea iniziale degli amici di GEOmedia ha innescato un dibattito certamente utile. Se la partecipazione a Stati Generali dell’Innovazione che vi ho presentato sarà apprezzata e vedrà l’aggregazione e il coinvolgimento di altri attori della geomatica -associazioni, professionisti,  blogger, imprenditori, …- essa sarà un segno di novità (di innovazione?) nell’ambito del nostro settore. SGI consente di presentare propri contributi, secondo gli interessi, la sensibilità, le esigenze di cui ognuno è portatore, per elaborare in modo condiviso e attraverso un processo inclusivo un programma per “l’innovazione nel governo dell’Italia”, come risultato complessivo degli Stati Generali dell’Innovazione.

28 novembre, 2011 | di

Leggo nel comunicato (in draft) degli Stati Generali dell’Innovazione:”Una strategia coerente di open data deve garantire: l’uso pubblico dei database di interesse nazionale con una particolare attenzione ai dati territoriali;”.

 

Gli Stati Generali dell’Innovazione si sono appena conclusi. Ho partecipato; là ho incontrato Renzo Carlucci, direttore di GEOMEDIA. Ci siamo tenuti compagnia, abbiamo seguito i vari interventi. Ogni tanto leggevo i suoi “cinguettii” sul grande schermo, alle spalle dei relatori. Entrambi leggevamo i contributi di chi interagiva in rete (per esempio, questo). Insieme abbiamo preso parte all’open talk sull’Open Government: per circa due ore, oltre 30 persone hanno ragionato, prima su una mappa mentale dell’Open Gov, quindi cercando di raccogliere proposte, come contributo per una road map di SGI.

A proposito di proposte, ho portato con me agli SGI alcune slide, preparate con la “redazione” di TANTO e con alcuni colleghi del Consiglio Scientifico di ASITA. Le abbiamo “confezionate” prendendo spunto da due delle tre proposte che avevamo inoltrato per Agenda Digitale (TANTO ne ha dato conto qui). Le ho presentate e commentate durante l’open talk.

E’ quasi ovvio –per una road map dell’innovazione digitale- suggerire l’inserimento di un richiamo agli organismi nazionali deputati in materia di DB territoriali e di attuazione della direttiva INSPIRE.

Parlare invece di Infrastrutture di Dati Territoriali (IDT) fuori dall’ambiente geomatico onestamente è meno banale, sebbene agli interlocutori presenti agli SGI l’importanza assunta dai geo-dati per le politiche di sviluppo e innovazione, sia assolutamente chiara ed evidente. Ecco perché la presentazione si sofferma sulle IDT. Ai lettori di TANTO potrà essere già familiare l’analogia del ciclo dell’acqua: il ciclo sostenibile dell’IG è possibile se esiste una fonte energetica che alimenta e sostiene questo processo, proprio come il sole fornisce l’energia per l’acqua del mare. A proposito di sostenibilità, la presenza di Carlo Mochi, mi ha ricordato un suo editoriale del settembre 2006. Il titolo è “Verso una PA sostenibile”. Ho approfittato della possibilità di avere “a tiro” l’autore per chiedergli se, a suo avviso, quanto aveva scritto allora (il paradigma dell’Open Government non era diffuso) sia ancora attuale. Decisa e perentoria la risposta: “ASSOLUTAMENTE!”. V’invito quindi, prima di continuare questa lettura, a seguire le riflessioni contenute in quello scritto. Io l’ho riletto rientrato alla base, prima di stilare questi commenti: è stato come un flashback. Alle IDT può essere applicato il concetto di

produttività della PA, ossia di rapporto tra risorse impiegate e valore restituito ai cittadini”.

Alcune slide sono ripetitive e non mi pare che necessitino di commenti: la creazione delle IDT consente di ridurre il disordine (quindi gli sprechi) e, nel contempo, favoriscono la comunicazione tra produttori e utilizzatori di dati geospaziali. Vorrei solo aggiungere che ragionare in termini di Value Chain potrebbe essere utile, ad esempio per razionalizzare gli sforzi all’interno della PA, migliorando la distribuzione di competenze e ruoli, anche in un’ottica di partenariato tra pubblico e privato.

Ma una “geo” proposta per una road map dell’innovazione digitale che consideri soltanto suggerimenti come quelli definiti per Agenda Digitale (slide 13 e 14), rischiano di risultare mere dichiarazioni d’intenti, condizioni soltanto necessarie per includere l’Informazione Geografica come componente per l’incremento di innovazione nel nostro Paese.

Attraverso un po’ di botte e risposte via mail è venuta a galla un’ulteriore proposta, quella descritta con le ultime slide. E’ giusto un esempio di azione più concreta, legata alla “vita” delle organizzazioni pubbliche. E’ articolata in tre passi:

-      raccolta di buone pratiche (esistono, esistono ;-) ! )

-      loro diffusione, accompagnata con iniziative di sensibilizzazione dei potenziali stakeholder e affiancamento delle organizzazioni interessate, per favorirne la corretta implementazione

e, soprattutto, terzo passo, recepimento delle azioni pianificate per creare:

  • cicli di dati geografici “sostenibili”,
  • reti sistemiche tra i portatori d’interesse delle IDT e
  • “sistemi di misurazione del livello di prestazione orientati al miglioramento continuo, alla valutazione degli impatti delle azioni pianificate e al confronto, in un’ottica di trasparenza, tra i servizi erogati dai diversi enti”

nei Piani Esecutivi di Gestione (P.E.G.).

Probabilmente, si potrà immaginare veramente avviato il cambiamento verso l’uso pubblico dei database territoriali… No –scusate- di tutti i database di interesse nazionale, soltanto quando leggeremo obiettivi di P.E.G. riferibili a queste tematiche, distribuiti verticalmente –dal vertice agli esecutori- e orizzontalmente –questi processi non sono prerogativa solo dei dipartimenti IT-  nonché report del “Controllo di Gestione” che contemplino tali argomenti.

Così come l’incontro degli SGI ha il valore di “prima tappa” di un percorso che si svilupperà nei prossimi mesi, come risulta dalle conclusioni riportate nel comunicato finale di questa “due-giorni”, anche il contributo che abbiamo provato a portare come settore IG può crescere e articolarsi. Repetita iuvant:

’Mi tornano alle orecchie le frasi conclusive pronunciate dagli esperti di Geospatial Revolution Project: “Stiamo facendo questo insieme …”.’

2 novembre, 2011 | di

TANTO si è già occupato di Stati Generali per l’Innovazione, per esempio qui, e alcuni di noi partecipano alle discussioni iniziate sul forum del sito, su FB, su Twitter e altrove, in preparazione dell’evento previsto a Roma, il 25-26 novembre 2011.

Questo scritto unisce due miei post, pubblicati sul sito di SGI: qui e qui. Incontrandoci al “bar dietro al router” capita talvolta che uno di noi esclami frasi come: “Pensa tu quante idee su usi e applicazioni dei dati geospaziali ci saranno fuori dal ‘circolo dei geomatici’?”.

L’appuntamento di Roma è un’occasione per l’incontro tra addetti ai lavori, portatori d’interessi e utilizzatori. Complice l’atmosfera concentrata sulle possibilità di crescita per il nostro Paese, potrebbero scoccare scintille a cui fornire carburante.

 

Perché partecipare a Stati Generali Innovazione

Le informazioni territoriali hanno assunto un ruolo strategico nelle politiche di sviluppo e innovazione di tutti i paesi industrializzati. Il ruolo dell’informazione territoriale è determinante in molti settori del sistema Paese: industriali (infrastrutture di trasporto, reti tecnologiche, ecc.), finanziari nonché agroalimentari per citarne alcuni. Naturalmente, esse sono indispensabili nel governo del territorio, ad esempio per la prevenzione di tutti quegli eventi – spesso catastrofici – che purtroppo colpiscono il nostro Paese e mitigarne i danni.

La Pubblica Amministrazione rappresenta generalmente il soggetto più rilevante nel processo di qualificazione della domanda e di acquisizione delle informazioni. Essa funge inoltre da volano in molti settori menzionati. Infine, le informazioni territoriali sono anche alla base delle tecnologie digitali che stanno cambiando il nostro modo di interagire con le persone e ciò che ci circonda: Location awareness, Digital interaction, Towards all things computing e Augmented reality… rivestendo quindi un peso rilevante per il futuro dell’economia digitale.

Una prima peculiarità delle informazioni territoriali è quella di essere molto onerosa in termini economici nella fase di acquisizione rispetto a quella di gestione e utilizzo. E’ fondamentale definire regole e standard perché essa, una volta acquisita, possa essere integrata alle altre fonti, anche integrando quelle informazioni provenienti ‘dal basso’, ovvero create dagli stessi utilizzatori (informazione geografica ‘volontaria’). E’ inoltre indispensabile che il sistema pubblico possa lavorare in modo collaborativo, ottimizzando i finanziamenti a disposizione, razionalizzando la produzione e la gestione di tali informazioni, evitando la creazione di duplicati da parte di enti/istituzioni differenti.

Un’altra peculiarità delle informazioni territoriali è quella di essere posseduta e mantenuta tra numerosi soggetti. E’ fondamentale incoraggiare la costituzione di infrastrutture per accrescere l’accesso e la disponibilità di geo-dati, la cui organizzazione sia basata sulla co-operazione: per l’integrazione e l’armonizzazione dei dati, per condividere le policy riguardanti la loro distribuzione. Occorre individuare modi che aiutino il ri-uso delle informazioni geo-riferite e la valorizzazione delle applicazioni della geomatica per tutte le sfide che attendono la nostra società, (ICT per l’ambiente, assistenza medica sostenibile, promozione della diversità culturale, eGovernment, mobilità di persone e merci, …).

Infine, una terza peculiarità delle informazioni territoriali è quella di essere essenziale per far prosperare la ricerca e l’innovazione del comparto: realizzare nuovi prodotti e servizi legati all’intrattenimento, alla mobilità individuale e collettiva, all’assistenza alle persone, ecc.; per la corretta comprensione dei fenomeni che avvengono nella realtà; per creare nuove professionalità e nuove occupazioni. Rafforzare il dialogo tra il mondo della Geographic Information e l’ICT nella sua globalità può generare nuove idee per la ricerca e orientare le strategie per attuare servizi in scenari futuri, in contesti di complessità crescente, coinvolgendo i cittadini, soprattutto per rispondere alle esigenze delle giovani generazioni.

Il mondo dell’Informazione Geografica deve partecipare e contribuire –uno tra tutti- come portatore d’interesse per la costruzione di una prospettiva condivisa per l’Italia e per un cambio effettivo nella politica dell’innovazione, verso la realizzazione di un sistema di innovazione diffusa, un’innovazione che nasce dalle comunità e che al benessere delle comunità, in quanto reti relazionali, economiche e sociali, è principalmente rivolta.

Perché discuterne in Stati Generali Innovazione

A partire dall’epoca napoleonica fino agli anni ottanta del secolo scorso la gestione delle informazioni geografiche di una nazione sono state governate prevalentemente da soggetti statali: ad esempio Ordnance Survey – UK, Service du Cadastre – Francia; gli enti cartografici militari e catastali, dell’Italia unitaria).

Questa soluzione organizzativa ha assolto le esigenze per il governo del territorio sino a quando l’incremento della produzione di cartografica da parte di altri enti, soprattutto a livello regionale e locale, indotto da un maggiore fabbisogno di dati territoriali e di migliore qualità, supportata dall’avvento di nuove tecnologie, hanno fatto emergere l’esigenza di definire nuove modalità organizzative.

Dall’inizio degli anni novanta è iniziata la ricerca di soluzioni per razionalizzare la produzione dei dati territoriali tra i diversi livelli della Pubblica Amministrazione, originariamente in un’ottica molto pragmatica: ridurre l’impegno economico e garantire un uso più efficiente delle risorse per acquisire e gestire i dati geospaziali. Si deve alla presidenza Clinton la costituzione della National Spatial Data Infrastructure, nel 1994: una deliberazione per promuovere le relazioni intergovernative, coinvolgendo i governi statale e locale nella produzione di dati geospaziali e migliorare le prestazioni del governo federale. A seguire, altri Paesi hanno avviato progetti analoghi (Australia, Canada, Giappone, …). Nel 2002 la Commissione europea ha lanciato un progetto, denominato INSPIRE, che mira a creare una Spatial Data Infrastructure  europea.

Nel tempo, gli obiettivi di queste infrastrutture sono stati ampliati: si è fatta strada anche la promozione dell’uso dei dati geospaziali e del loro riutilizzo per molteplici scopi, non solo in ambito pubblico ma anche con crescente attenzione verso il settore privato, stante l’incremento di prodotti e applicazioni rivolte al mercato consumer.

Mentre questo processo è ancora in corso, nuovi temi sono apparsi, e influiscono sull’implementazione delle Spatial Data Infrastructure: espressi dal mercato (“l’uragano” Google maps), tecnologici (il semantic web, Internet of things, il cloud computing, …), sociali (Volunteered  Geographic Information), del settore pubblico (Open Government).

Dato per scontato il coinvolgimento del mondo della geomatica in questo scenario, le sue implicazioni e le sue diramazioni offrono lo spunto per ampliare ad altri ambiti la discussione e il confronto sulle prospettive, le opportunità che si prospettano, come sfruttarle, come affrontare e risolvere le problematiche e le criticità che si presenteranno.

Ho volutamente affrontato l’argomento prendendolo “da distante”. Le scelte per soddisfare i bisogni di informazioni geografiche di un Paese, sono state prese in passato (remoto e recente) dal livello politico, e non vi è ragione di immaginare un approccio differente: l’Informazione Geografica oggi, come le mappe in passato, sono un pilastro per il governo e lo sviluppo di un Paese. Proprio in ragione di ciò, essa è anche patrimonio della collettività. Seguendo l’invito di Stati Generali dell’Innovazione, l’estensione a un più ampio spettro di portatori d’interesse il dialogo sull’informazione geografica potrebbe dare contributi alla classe dirigente per attuare scelte rivolte “alla realizzazione di un sistema di innovazione diffusa, un’innovazione che nasce dalle comunità e che al benessere delle comunità, in quanto reti relazionali, economiche e sociali, è principalmente rivolta.”

5 febbraio, 2011 | di

La nostra società nel 2030. Uno studio per indicarci come sarà: se sapremo conquistarcelo. Rubo un titolo, nelle conclusioni si capirà perché.

Ho ricevuto recentemente la segnalazione di questo rapporto: Envisioning Digital Europe 2030: Scenarios for ICT in Future Governance and Policy Modelling. E’ un documento che riporta i risultati della ricerca svolta dall’Unità “Information Society” dell’Institute for Prospective Technological Studies del JRC, lavoro svolto nell’ambito del progetto CROSSROAD, A Participative Roadmap on ICT research on Electronic Governance and Policy Modelling.

“Forse non tutti sanno che…” con Governance and Policy Modelling il Settimo Programma Quadro della Commissione Europea per la R&S nel settore ICT ha voluto sollecitare l’esecuzione di progetti di ricerca in due campi complementari. E’ assai prevedibile –si legge nel Work Programme 2009-2010- che gli strumenti per la collaborazione on-line in futuro consentiranno a una percentuale ampia della popolazione di esprimere simultaneamente opinioni e punti di vista su problemi sociali (grandi o piccoli). Mentre tale scenario è già immaginabile, non esistono ancora modelli di governance, process flows e tool di analisi appropriati per comprendere, interpretare, rappresentare e valorizzare quelle forme di partecipazione collettiva al bene pubblico. Lo sviluppo di strumenti che abbraccino entrambi questi ambiti dell’ICT può contribuire a migliorare il processo decisionale pubblico, far sì che le politiche siano più efficaci, la governance più intelligente, anche grazie alle possibilità di arricchire continuamente le competenze, attraverso un apprendimento continuo nel corso dei processi di applicazione delle politiche stesse.

L’obiettivo generale di CROSSROAD ha riguardato quindi l’identificazione di tecnologie emergenti, di nuovi modelli di governance e di scenari di applicazione innovativi nel campo dell’ICT per la governance e la policy modelling. Gli scopi di questa ricerca sono riferibili all’Agenda digitale per l’Europa, l’iniziativa di punta della strategia UE 2020. Il progetto ha voluto fornire ai decisori politici impegnati nell’attuazione dell’Agenda uno strumento di consultazione, utile anche per contribuire alla definizione di una roadmap della ricerca ICT che vada oltre lo stato dell’arte e sia condivisa dalla comunità dei ricercatori e dalle comunità di pratica.

Per stimolarci a curiosare in un nostro futuro, non lontano, soprattutto su cui possiamo agire, gli autori c’invitano a riflettere, ci ricordano che quanto oggi è realtà poteva sembrare frutto di fantasia quando nasceva internet; di più:

Se uno avesse previsto poi che, nel 2010, i bambini avrebbero potuto accedere liberamente alle immagini satellitari di ogni luogo della Terra, interagire con persone di tutto il mondo e effettuare ricerche tra trilioni di dati con un semplice click sul loro PC, sarebbe stato preso per pazzo” (pag. 9).

Ecco, di creativa follia mi sembra pervaso questo documento. Esso presenta una visione dell’Europa Digitale tra vent’anni, di una società in cui le Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione a supporto della governance e delle politiche potranno avere un ruolo rilevante e positivo. Evidenzia le principali linee di ricerca nel settore dell’ICT che dovranno essere guardate con attenzione e con quali modalità dovranno essere sviluppate per costruire una Europa Digitale aperta, innovativa e inclusiva nel 2030. Mostra anche come fronteggiare i rischi che potrebbero derivare da un uso improprio dell’ICT in quest’ambito.

Opportunità e minacce evidenziate attraverso quattro differenti scenari, riguardanti quella che potrà essere la società in cui vivranno i cittadini europei nel 2030, individuati seguendo una rappresentazione schematica rispetto a due variabili, ossia quale potrebbe essere:

  • il sistema di valori sociali esistente, vale a dire più inclusivo, aperto e trasparente oppure esclusivo, fratturato e restrittivo,
  • la risposta all’impiego delle tecniche di policy intelligence (parziale o completa; proattiva o reattiva), cioè come verranno utilizzati (e da quali soggetti) gli strumenti -abilitati dall’ICT- per l’elaborazione dei dati, la modellazione, la visualizzazione e la simulazione a supporto di strategie politiche pubbliche basate su valutazioni il più possibile razionali e critiche  (evidence-based).

I quattro scenari individuati e analizzati in CROSSROAD sono graficamente indicati attraverso gli assi cartesiani del diagramma riportato qui a fianco. Spero di avervi incuriosito e avervi indotto almeno a una rapida lettura del rapporto. Sembrerebbe che lo scenario “Open Governance” sia da preferire, ma anch’esso presenta delle criticità, come riportato nella tabella di pag. 59.

La società reale europea nel 2030 non corrisponderà quindi a nessuno dei quattro scenari, così come sono stati descritti. Grazie però a questo esercizio, CROSSROAD ha elaborato una visione dell’Europa digitale tra vent’anni, proposta nel documento come una società in cui l’ICT per la governance e la policy modelling potrebbe giocare un ruolo positivo importante.

Penso che il capitolo di maggiore interesse per la Comunità Geomatica possa essere quello conclusivo. E’ la sezione del rapporto in cui, dopo aver chiarito quali saranno le principali problematiche che dovranno essere affrontate nei prossimi vent’anni nell’elaborazione e attuazione delle politiche pubbliche, sono esposti alcuni possibili indirizzi della ricerca nel settore dell’ICT per la governance e la policy modelling: ricerche che siano utili per orientare la società europea verso scenari auspicabili, evitando quelli meno desiderabili.

Un primo ambito dell’ICT su cui indirizzare la ricerca riguarda le tecnologie e le applicazioni per la gestione e l’analisi delle informazioni, per monitorare e simulare in tempo reale il comportamento di entità reali e virtuali (persone, cose, dati e informazioni). Gli autori ci ricordano che alcune compagnie di assicurazioni, avvalendosi di tali tecnologie, propongono ai propri clienti l’installazione a bordo delle auto di apparati che consentono poi di stabilire premi assicurativi basati sul comportamento del guidatore, piuttosto che sulla sua età, o sul suo sesso oppure ancora, la residenza. E’ plausibile -e auspicabile- che soluzioni analoghe siano adottate in altri domini, ad esempio legate alle politiche di assistenza sociale, dei trasporti, dell’energia, o altre ancora. Il settore pubblico potrebbe utilizzare questi strumenti per esaminare scelte differenti, in base al comportamento simulato o all’individuazione dei desideri d’individui, gruppi o della società nel suo insieme. Essi potrebbero quindi aiutare nella comprensione dei possibili risultati delle proposte politiche e dell’attuazione di alternative.

Un secondo campo della ricerca dovrebbe porre l’attenzione sulla crescente fruibilità di dati derivanti dall’enorme uso di sensori miniaturizzati e cablati in strutture fisiche (strade, case, ecc.). Quando tale disponibilità d’informazione sia abbinata a modalità di visualizzazione evolute, essa può avere sui decisori un impatto incredibile sulla percezione tempestiva dell’evoluzione di fenomeni d’interesse. Alcune applicazioni per incrementare la comprensione di situazioni in tempo reale, abbinate a tecniche di visualizzazione dei dati raccolti sono già utilizzate nel campo della logistica, per intervenire sulle rotte di trasporto delle merci, evitare –ad esempio- situazioni di congestione e quindi ridurre i costi di consegna. In conclusione, il rapporto raccomanda lo sviluppo di ricerche che –attraverso queste tecnologie- mirino a sfruttare l’enorme patrimonio di dati e fonti di conoscenze collettive del settore pubblico europeo.

Un terzo filone delle ricerche ICT nel campo della Governance and Policy modelling dovrebbe essere rivolto verso la crescente capacità di internet nel sostenere processi decisionali e pianificatori sempre più complessi e più a lungo termine. Il rapporto evidenzia che a questo fenomeno corrisponde la crescita di requisiti tecnologici connessi alle enormi risorse di archiviazione e elaborazione, associate ai sistemi software evoluti per la visualizzazione grafica delle analisi dei dati. Sono riportati due esempi riguardanti settori in cui queste potenzialità sono materia di ricerca. Il primo si riferisce ai possibili miglioramenti delle attività estrattive degli idrocarburi, grazie all’impiego di vaste reti di sensori, diffuse capillarmente nella crosta terrestre. L’altro pone l’accento sui benefici del monitoraggio dei parametri salienti di malati cronici, mentre questi continuano a condurre la loro vita normale: ciò può consentire ai medici di diagnosticare l’insorgere di situazioni critiche prima che queste s’aggravino.

In tale ambito, definito Policy intelligence and ICT-driven decision analytics, dovrebbero essere promosse ricerche riguardanti il web semantico, così come l’ottimizzazione degli strumenti ICT che agevolino la traduzione automatica, la modellazione dei processi, il data mining, la pattern recognition, le simulazioni basate sulla Teoria dei Giochi, gli strumenti di forecasting e back-casting,  le tecniche di ottimizzazione goal-based.

La quarta traccia risultante dallo studio effettuato in CROSSROAD, definita come Automated mass collaboration platforms and real-time opinion visualization, rivolge l’attenzione sugli strumenti e le tecnologie ICT basate ed estrapolate dalla social computing e altre tecnologie future per la collaborazione in rete. Le ricerche in quest’ambito dell’ICT dovranno riguardare -ad esempio- strumenti che consentano di condividere informazioni e conoscenze, superando gli ostacoli dovuti a culture e a lingue diverse. Per favorire la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali dovranno essere disponibili strumenti in grado di assicurare la capacità di monitorare l’intero processo del settore pubblico e controllare se, e come, i contributi proposti sono stati poi considerati. Processi che –grazie a queste tecnologie- potranno anche fare riferimento a modelli di governance collaborativi, strutturalmente e organizzativamente innovativi, in grado di consentire a gruppi d’interesse di formarsi, creare e aggregare informazione; imparare e condividere la conoscenza di gruppo accumulata, tenendone traccia. Tale complessità d’interazione tra singoli e gruppi –anche nella realtà virtuale- dovrà essere supportata da strumenti in grado di assicurare la gestione delle identità (anche multiple, pseudonimi, ecc.), la privacy, prevenire frodi, accessi non autorizzati, ecc.: insomma tenere conto dei requisiti necessari perché chi usa questi strumenti avverta fiducia in essi, ma nello stesso tempo sia orientato verso un loro uso responsabile.

Il quinto filone, denominato ICT-enabled data and process optimisation and control, prende spunto dalla possibilità di convertire dati (e analisi sui dati stessi) in istruzioni che -attraverso reti di attuatori- provvedono a modificare i processi. Come i sistemi che regolano i sistemi complessi rendono in molti casi superfluo l’intervento umano, si ipotizza che si possa aumentare l’efficienza e l’efficacia dei processi di governance e dei servizi rilasciati seguendo questa linea di sviluppo dell’ICT. Ciò avverrà ad esempio in maniera sempre più capillare  nell’ambito della distribuzione di risorse energetiche o dell’acqua, attraverso l’installazione di contatori “smart” che mostreranno agli utenti in tempo reale l’andamento dei consumi e i relativi costi, consentendo una gestione dei prezzi più dinamica e orientando l’utilizzo consapevole di tali preziose risorse.

Infine, l’ultimo ambito dell’ICT verso cui le ricerche dovrebbero rivolgersi riguarda le applicazioni per la rilevazione di condizioni imprevedibili e l’attuazione di risposte immediate, tramite sistemi automatizzati che riproducono le reazioni umane, anche con livelli di prestazione notevolmente migliori. Tecnologie che si riferiscono a questo campo della ricerca, denominato Complex dynamic societal modelling systems, sono già applicate, ad esempio, dall’’industria automobilistica per lo sviluppo di sistemi in grado di rilevare il pericolo di collisioni imminenti e di evitare l’impatto. Alcune aziende ed enti di ricerca stanno sperimentando “piloti automatici” per i veicoli in rete, guidati in schemi coordinati a velocità autostradale. In altri settori si stanno testando sciami di robot in grado di manutenere strutture o ripulire ambienti da rifiuti tossici. Tutte questi sforzi hanno l’obiettivo di migliorare la sicurezza, ridurre rischi e costi. Mentre leggevo questo documento sono finito qua (giusto per non citare la solita Google car). Il rapporto evidenzia che alcune di queste tecnologie saranno già mature nei prossimi anni e potranno essere quindi utilizzate anche per applicazioni nell’ambito della governance e della creazione delle politiche pubbliche.

Le tecnologie, le discipline e quindi le competenze del mondo ICT coinvolte in questa prima roadmap sono veramente diverse e complesse. Come gli autori precisano, essa non rappresenta neppure un quadro esaustivo: quanto sia vasto il dominio della Governance e Policy Modelling si comprende sfogliando le pagine della sezione “Tassonomia” in Gov2Pedia, prezioso strumento per orientarsi in tale universo.

La lettura di questo rapporto aiuta a scoprire cosa c’è dietro (e anche oltre) la Digital Agenda for Europe. Per esempio, mi ha aiutato a comprendere meglio il commento di David Osimo al recente (15 dicembre scorso) European eGovernment Action Plan 2011-2015 (dalla stessa pagina si può accedere alla versione in italiano), piano per lo sviluppo di servizi digitali per gli europei, secondo concezioni innovative e a supporto della Digital Agenda.

Sì, va be’, e la Geographic Information? Non sarà sfuggita un’evocazione leggendo già le prime righe (le immagini satellitari accessibili liberamente anche ai bambini). Nel seguito, l’ho rinvenuta “incorporata” negli applicativi e nei servizi che potranno essere resi disponibili per tutte le aree dell’ICT segnalate come promettenti per la governance e la policy modelling.

Ciò che ora mi piacerebbe leggere, sarebbe un esame del posizionamento della Geoscience rispetto alla visione della Digital Europe nel 2030 proposta in questo documento, un’indagine sui contributi specifici della Geographic Information rispetto agl’indirizzi della ricerca nel settore dell’ICT illustrati nel rapporto. M’interesserebbe anche un approfondimento dei riflessi eventuali di tale visione sugli sviluppi del nostro settore (in risposta a nuovi requisiti, circa aspettative degli utenti, …). Quest’ultimo forse potrebbe essere utile per segnalare ulteriori idee per la ricerca, orientare le strategie per l’implementazione dei servizi, rendere anche più consapevole il nostro lavoro quotidiano.

Nel più recente Programma di Lavoro 2011-2012 del 7° Programma Quadro il tema governance e policy modelling è stato riproposto, sollecitando contributi che aiutino a affrontare “scenari futuri che coinvolgono complessità ancora maggiori e il coinvolgimento dei cittadini, in particolare rispondere alle esigenze delle giovani generazioni”. Può essere un’altra opportunità (il bando si è chiuso lo scorso 18 gennaio) per creare occasioni di dialogo tra il mondo dell’ICT nella sua globalità e il “regno” della GI, i cui confini si stanno dilatando (giusto qui una suggestione per l’urban planning policy, citato nel Work Programme 2011-2012). Potremo comprendere meglio in che modo la Geographic Information sia necessaria per implementare molte soluzioni per tale tema. Ma anche, per il presente, come seguire (e favorire) l’attuazione dell’eGovernment Action Plan anche “nel regno della GI”.

Parafrasando la raccomandazione assai condivisibile di Osimo ai nostri concittadini a Bruxelles “siate ambasciatori delle istanze italiane in Europa e siate disseminatori delle innovazioni europee in Italia”, vale anche un “presentiamo le istanze dell’Informazione Geografica italiane nel contesto dell’Agenda Digitale e siamo disseminatori delle innovazioni digitali nel nostro campo”. Sia in Europa, sia all’interno di una strategia digitale italiana, http://www.agendadigitale.org/.

Il diagramma degli scenari dell’Europa Digitale nel 2030 mi ha ricordato un altro grafico. Lo storico C.M. Cipolla (1922 -2000) nel suo Allegro ma non troppo, proponeva un diagramma per classificare gl’individui in base al loro comportamento. Suggerì di assegnare all’asse delle ascisse la misura dei danni o dei vantaggi che l’individuo procura a sé stesso (vantaggio positivo, danno negativo); mentre indicò che i danni o i vantaggi procurati agli altri fossero assegnati all’asse delle ordinate. Propose di chiamare l’insieme degli individui le cui azioni inducono valori positivi per entrambi tali parametri, come Intelligenti.


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