5 marzo, 2014 | di

“Nella new economy […] il <<lavoro programmabile>> è una dote fondamentale, allo stesso tempo personale e organizzativa. Proprio in questa nuova concezione delle risorse umane alcuni ravvisano la vera ragione della recente affermazione delle donne. La tradizione patriarcale ha fatto sì che gli interessi maschili si focalizzassero sulle attività più materiali. Le donne sono state portate, dunque, dall’evoluzione a potenziare altre qualità, come la capacità di stabilire rapporti interpersonali e quella di prevedere il futuro, riuscendo a fronteggiare situazioni incerte e a risolvere ogni problema.” (M. Castells, La Città delle Reti, Marsilio 2004, p. 41)

 

geo gender

Hashtag: #gendergeo

 Ogni tempo propone all’umanità la possibilità di migliorarsi, sia come collettività, sia come individui. L’Età dei Lumi ci ha lasciato così in eredità i principi morali per rigettare le pratiche sociali dello schiavismo e della pena di morte, prima di allora considerate lecite, nell’interesse del bene comune (sic!).

Lo sviluppo della Società dell’Informazione si accompagna a progressi dell’etica, occupandosi dei fini sociali da raggiungere, che sono ancora e sempre il perfezionamento dell’individuo e il bene comune. Così, si riaffrontano oggi problematiche antiche perché ritornate urgenti in conseguenza della globalizzazione (vedi nuove forme di schiavitù) o perché maturano nuove consapevolezze, come il riconoscimento delle pari opportunità tra i sessi, assunto come paradigma, cui fare riferimento per ogni azione che riguardi tutti gli ambiti politici, economici e sociali.

Il principio, universalmente espresso come Gender Mainstreaming, è rivoluzionario. Esso aspira a rendere generale il principio di non discriminazione, perciò garantito non solo da leggi mirate ma dalla sua assimilazione sistematica in tutte le politiche pubbliche. La strategia per il suo adempimento presuppone quindi attività sia preventive rispetto al verificarsi di situazioni potenzialmente discriminatorie, sia di tipo proattivo, nel senso che la sua realizzazione richiede un atteggiamento positivo della pubblica amministrazione e della società tutta. Pertanto, come corollario, il Mainstreaming, implica un approccio che integri progettazione, attuazione, monitoraggio e valutazione di politiche e programmi, in tutti gli ambiti della vita sociale.

Una società in cui donne e uomini condividono la conoscenza e la consapevolezza di questo paradigma è sicuramente orientata e facilitata al miglioramento di sé stessa, impedisce che le diseguaglianze si perpetuino e valorizza –attraverso un approccio pluralistico- la diversità di genere.

In tale quadro, la new economy, richiedendo anche nuove competenze e nuove attitudini, più diffuse nel mondo femminile, come osserva il sociologo spagnolo, contribuisce a colmare le diseguaglianze che la società ancora riserva alle donne.

Recentemente, ha richiamato la mia attenzione questo titolo: “Does SDI need a gender dimension?“, uno speech presentato nella sessione “Education and Capacity Building” della XIII Conferenza Global SDI, Quebec 2012. Incuriosito, ho aperto l’abstract qui, quindi le slide, ancora qui.

La documentazione disponibile riferisce di un’indagine su aspetti di genere riguardanti il settore delle Spatial Data Infrastucture, SDI, (in Italia chiamate: Infrastrutture di Dati Territoriali; sono l’evoluzione “digitale” degli organismi cartografici),  vale a dire la partecipazione delle donne all’interno di questa comunità internazionale e il contributo che le SDI forniscono alla comprensione dei problemi che investono le donne di tutto il mondo.

Gli autori sono due ricercatrici Colombiane, Nancy Aguirre e Lilia Patricia Arrias, insieme a Santiago Borrero, Segretario Generale dell’Istituto Panamericano di Geografia e Storia, IPGH. Nancy è una geografa e, tra l’altro, attualmente è l’editor della versione dedicata all’area regionale America Latina e Area Caraibica della Newsletter dell’Associazione Global SDI. Lilia, all’epoca di questo lavoro, ricopriva la carica di vice-presidente dell’International Geospatial Society, IGS. 

Lo studio ha considerato l’intero contesto mondiale (in realtà, non sono menzionati Paesi del Continente asiatico), provvedendo alla raccolta d’informazioni sul tema attraverso interviste con domande aperte ed eseguendo un sondaggio sulle tematiche di genere delle SDI, rivolto sia a organizzazioni leader del settore, sia singoli addetti, di entrambi i sessi.

Anche se i risultati ottenuti tramite l’esame dei dati raccolti, come gli stessi autori hanno tenuto a precisare, siano da considerare frutto di un’indagine preliminare, la cui metodologia meriti di essere affinata, il lavoro pone in evidenza almeno due aspetti interessanti.

Prima di tutto, anche il settore della Geo-ICT non è estraneo alla contraddizione che la rivoluzione digitale sta mettendo in risalto, quella tra il bisogno di competenze soft, cioè non tecniche (hard) di cui il genere femminile è portatore e il rischio che la stessa rivoluzione amplifichi l’ineguaglianza di genere, senza distinzioni tra classi sociali e di reddito. Eppure, le informazioni raccolte dagli autori confermano che una presenza bilanciata dei due sessi all’interno della comunità delle SDI, nell’ambito della produzione dei dati e dei processi decisionali rilevanti rispetto alle esigenze delle utilizzatrici delle SDI stesse, può essere fondamentale per promuovere l’uguaglianza di genere, l’emancipazione delle donne e –in definitiva- la costruzione di una Società dell’Informazione veramente per tutti.

Il secondo aspetto trae spunto dalla considerazione che le SDI hanno come fine ultimo quello di contrastare le conseguenze -sia a livello globale, sia locale- dei maggiori problemi della nostra epoca, come il cambiamento climatico, la crescita della popolazione, la globalizzazione economica e i problemi associati all’inquinamento dell’ambiente, il depauperamento delle risorse naturali. Ciò nonostante, è assai poco frequente annoverare tra gli obiettivi alla base dello sviluppo delle SDI temi riguardanti esplicitamente problematiche che investono le donne. Eppure, osservano gli autori, la soluzione del divario di genere è fortemente connesso –ad esempio- al tema dello sviluppo dell’agricoltura o della sicurezza alimentare; e la maggior parte, se non tutti, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio dell’ONU sono esplicitamente “gender-oriented”. Lo studio effettuato conferma che le SDI potrebbero supportare l’integrazione, nelle diverse politiche, delle problematiche riguardanti le pari opportunità.

E in Italia? Anche la comunità delle SDI italiane necessita di una “dimensione di genere”?

L’attenzione verso queste tematiche, secondo il concetto di Gender Mainstreaming, non è del tutto assente all’interno della comunità delle SDI italiana: si veda questo esempio. Un altro indizio è fornito proprio dal lavoro testé descritto: scorrendo le slide si evince che almeno una (uno, o più?) rappresentante della comunità italiana ha collaborato con gli autori alla raccolta dei dati, compilando il questionario oppure rispondendo all’intervista.

Esplorare le questioni di genere nel contesto della comunità geomatica nazionale, prendendo ispirazione -ad esempio- dal lavoro eseguito dalle ricercatrici colombiane, potrebbe essere utile per dare nuovi impulsi al processo di sviluppo delle SDI nel nostro Paese.

Non mancano ragioni per provarci.

Rispetto al contesto generale dell’ICT, per il settore Geo-ICT si riscontra un più accentuato gap tra potenzialità d’innovazione e capacity building -degli addetti ai lavori e degli stakeholder- necessaria per sfruttarne le opportunità. La caratterizzazione della comunità SDI nazionale rispetto al genere potrebbe evidenziare aspetti utili per comprendere questa discrepanza e indicare circostanze favorevoli per attenuare tale carenza e, nello stesso tempo, contribuire a contenere fenomeni di digital divide di genere.

L’iniziativa, contribuendo ad accrescere la consapevolezza sulle problematiche di genere specifiche nell’ambito della comunità delle SDI italiane, può anche offrire occasioni per diffondere le tematiche riguardanti la crescita di una società spatially enabled, cioè in grado di usare i dati geografici come “bene comune” per stimolare l’innovazione. A questo riguardo, un ruolo fondamentale può svolgerlo la Rete Women for Intelligent and Smart TERritories, WISTER, costituitasi all’interno degli Stati Generali dell’Innovazione, per “promuovere politiche dell’innovazione sensibili alle differenze, a partire da quelle di genere”. Contribuire all’alfabetizzazione sui geo-dati digitali, formare cittadini (di entrambi i generi) “spatially literate”, è la condizione necessaria per promuovere le SDI anche in Italia come strumento di supporto per la diffusione del Gender Mainstreaming.

A questo riguardo la redazione di TANTO, Stati Generali dell’Innovazione e la rete WISTER (ma chiunque vorrà contribuire sarà benvenuto) si augurano con questo post di stimolare una discussione sul tema affrontato, aperta alla comunità degli innovatori, donne e uomini, ovviamente.

Ecco qualche spunto, per avviare il dialogo:

  • Ritieni che nell’ambito del settore della Geo-ICT esistano problematiche riguardanti aspetti di genere?
  • Pensi che un’indagine sugli aspetti di genere possa essere utile per il settore delle SDI e -in generale- possa contribuire nella promozione dell’innovazione nel nostro Paese?
  • Ci sono problematiche che vorresti già segnalare perché siano considerate in un’eventuale indagine?
  • Qualora l’iniziativa riscontrasse il favore dei lettori, vorresti avere voce in capitolo nella stesura del questionario?

Siete invitati tutti a spargere la voce: segnalate questa proposta, suggerendo –se lo ritenete- di lasciare un commento, una testimonianza, qui di seguito o anche usando l’hashtag #gendergeo.

Ringraziamo in anticipo tutti coloro che ci aiuteranno a diffondere questo post.

 


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