28 novembre, 2008 | di in » Recensioni

Ormai il termine crowdsourcing è di moda. Ma a noi di TANTO le mode ci fanno un baffo, e ci piace parlare delle cose interessanti. Dei concetti interessanti. Il crowdsourcing lo è.

E iBegin Places è una iniziativa di crowdsourcing estremamente interessante. Dando un’occhiata alle mappe prodotte dagli utenti in maniera collettiva, molti storceranno il naso: poligoni digitalizzati alla meglio, che si sovrappongono, topologia imprecisa… ma chi è sta gente? Chi gli ha dato la patente?

Ma qui bisogna mettere da parte ogni velleità di precisione cartografica, che è di secondaria importanza. Con iBegin Places la gente può segnalare e classificare gli spazi delle proprie città: giardini pubblici, strutture sportive, luoghi di aggregazione, zone industriali abbandonate, quartieri… qualunque area rappresentabile con un poligono (ma anche punti e polilinee), che abbia un qualche senso per un gruppo di persone.

Da queste accozzaglie di poligoni colorati – apparentemente fini a se stesse – possono nascere idee per il riuso degli spazi cittadini o coadiuvare iniziative di urbanistica partecipata. Se ne fa un gran parlare qui in Italia, ma è davvero difficile coinvolgere attivamente i cittadini nei processi di analisi e descrizione del territorio. Con iBegin Places si potrebbero mettere su laboratori collettivi in pochissimo tempo, con ridotte conoscenze tecniche e tecnologiche richieste ai partecipanti.

iBeginPlaces

Vengono usate le API di Google Maps, tutte le creazioni rimangono assolutamente libere di essere riutilizzate da chiunque. E’ possibile esportarle come JSON, JS, RSS o KML e farne ciò che si vuole.

Lunga vita al crowdsourcing, quando è libero e bello.

Attenzione! Questo è un articolo di almeno un anno fa!
I contenuti potrebbero non essere più adeguati ai tempi!

4 Responses to “Mappare i luoghi della propria città”

  1. By Andrea Borruso on nov 28, 2008

    Gli spazi che abbiamo attorno hanno dimensioni, caratteristiche e limiti diversi da quelli ufficiali. Mi piace questo progetto e mi sembra la versione “umana” di questo:
    http://boundaries.tomtaylor.co.uk/#719846

    Qui i limiti si generano a partire dalle foto geotaggate su flickr. L’esperimento è molto bello, ma ci fa capire (se ce ne fosse bisogno) che non siamo tutti uguali e che non tutti i luoghi sono ugualmente ricchi.

    grazie blu,

    a

  2. By MrEHQE on nov 28, 2008

    Il geotagging sta vivendo la sua stagione d’oro, ma da profano dell’argomento, mi sembra manchi uno standard universale. Una piattaforma capaci di focalizzare l’interesse del grande pubblico su questi temi, un qualcosa come wikipedia per le enciclopedie. E’ mia ignoranza, stanno succedendo in parallelo molte cose, ma in ordine sparso?

  3. By Pietro Blu Giandonato on nov 28, 2008

    E’ entropia MrEHQE… le cose partono in parallelo, ma non sempre vanno nelle stesse direzioni, prendono strade diverse per raggiungere la stessa destinazione. Che talvolta pure cambia.
    Comunque, uno standard per il geotagging c’è: GeoRSS

  4. By Pietro Blu Giandonato on nov 28, 2008

    @Andrea
    Progetto molto molto interessante questo di Tom Taylor… un mashup davvero geniale: luoghi geografici generati da foto geotaggate.
    Il mondo dei mashup è un universo in espansione. Il limite è la genialità umana. Che è virtualmente infinita…

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